Penale

Consulta: lette in dibattimento anche le dichiarazioni rese al Gip dal testimone assistito

La sentenza ha dichiarato incostituzionale il primo comma dell'articolo 512 del Cpp

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di Patrizia Maciocchi

Anche le dichiarazioni rese al Giudice per le indagini preliminari dal testimone assistito, potranno essere lette in dibattimento. La Corte costituzionale con la sentenza n. 218 depositata il 20 ottobre ha, infatti, affermato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 512, comma 1 del Codice di rito penale. Una norma bocciata per la parte in cui non prevede la possibilità di leggere in dibattimento le dichiarazioni rese al Gip nel corso dell’interrogatorio di garanzia -  diventate nel frattempo irripetibili - dall’imputato di un reato collegato, che sia stato avvertito che  sulle affermazioni  che implicano la responsabilità di terzi, potrà essere citato come “testimone assistito”. 

A chiamare in causa la Consulta sulla questione di legittimità dell’articolo 512 era stato il tribunale ordinario di Roma.

Le dichiarazioni, oggetto dell’ordinanza di rinvio, erano state rese da una persona arrestata per vari reati. Durante l’interrogatorio di garanzia davanti al Gip l’imputato, dopo essere stato avvertito che, nel caso di affermazioni su responsabilità altrui avrebbe assunto la veste di testimone (articolo 64  terzo comma lettera c, del Codice di rito penale) aveva accusato di lesioni e altro a i suoi danni, i pubblici ufficiali che lo avevano arrestato. Il Pm aveva chiesto dunque la sua citazione come testimone “assistito”, ma lui nel frattempo si era reso irreperibile.  Ipotesi non prevedibile quando  erano state fatte le dichiarazioni che coinvolgevano terze persone.

La Corte costituzionale ricorda che, in base all’attuale formulazione dell’articolo 512 del Codice di procedura penale, possono essere letti gli atti assunti dalla polizia giudiziaria, dal pubblico ministero, dai difensori delle parti private e dal giudice nel corso dell’udienza preliminare. E questo quando, per fatti o circostanze imprevedibili, non è più possibile la ripetizione.

Per il giudice delle leggi è dunque del tutto irragionevole la mancata previsione di una identica possibilità nel caso in cui «l’atto assunto sia un atto formato dal giudice delle indagini preliminari».  Le dichiarazioni fatte dall’imputato di un reato collegato (articolo 371, comma 2, lettera b)), che abbia  assunto la qualità di testimone assistito, sia per affetto dell’avvertimento, sia in conseguenza di un’intervenuta sentenza di proscioglimento nei suoi confronti, o di condanna o di patteggiamento  sarebbero - sottolinea la Corte - suscettibili di lettura nel caso fossero state “raccolte” dal Pm.

Anche da questo punto di vista risulta dunque irragionevole che la stessa cosa non possa accadere nell’ipotesi di interrogatorio del Gip con tutte le garanzie proprie di tale atto. Né, per la Consulta, è significativo il fatto che l’interrogatorio di garanzia costituisca uno strumento di difesa perché questo, nello specifico, è rilevante per le dichiarazioni che riguardano la responsabilità di altri.

La norma censurata, mette dunque in atto una disparità di trattamento in contrasto con l’articolo 3 della Carta.

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