Famiglia

Contestazioni penali e azione civile: i rimedi se l’ex non paga l’assegno

Chi non adempie rischia la condanna per violazione degli obblighi di assistenza. Per il ristoro economico si fa valere il provvedimento che dispone il contributo

di Selene Pascasi

Al momento della separazione o del divorzio, il giudice con sentenza o l’accordo raggiunto con la negoziazione assistita dagli avvocati possono fissare l’obbligo per uno dei coniugi di versare un assegno periodico in favore dell’ex, dei figli o di entrambi. Importo che nel tempo può variare se sopravvengono mutamenti delle condizioni economiche di una delle parti tali da imporre la revisione.

Può accadere, però, che l’obbligato – per disinteresse, rivalsa o difficoltà finanziarie – salti una o più mensilità o smetta di pagare. È utile rivedere, allora, gli strumenti penali e civili di cui può avvalersi il beneficiario.

La tutela penale

Se pagare la somma stabilita è un vincolo giuridico, non rispettarlo può portare a un procedimento e a una condanna penale. Si configura, in particolare, il reato di «violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio» (punito dall’articolo 570-bis del Codice penale con la reclusione fino a 1 anno o con multa da 103 a 1.032 euro) per il coniuge che si sottrae al pagamento di ogni forma di contributo sancito alla fine del matrimonio, o per separazione e affidamento condiviso dei figli, anche se nati fuori dal matrimonio (Cassazione 8222/2022). Ma a far scattare la detenzione o la pena alternativa (Cassazione 22398/2022) non bastano ritardi o isolate omissioni; occorre invece accertare l’intenzionale sottrarsi ai propri doveri. Nessun reato, pertanto, per chi riesca a provare (Tribunale di Trieste 857/2022) l’impossibilità di pagare senza cadere in una vita indecorosa soppesati diversi fattori: i redditi personali, gli sforzi profusi da colui che abbia perso il lavoro per reperire altre entrate, la necessità di soddisfare le proprie esigenze basilari (Cassazione 32576/2022) o l’aver contratto malattie che riducono o azzerano la capacità lavorativa.

Attenzione, però, perché le sanzioni penali, seppur deterrenti, non consentono al beneficiario di incassare alcunché per cui – se l’ex ha delle proprietà o risulta stabilmente occupato – conviene procedere con l’azione civile che non elimina la sussistenza del reato (Tribunale di Bari 2237/2022).

I rimedi civili

Per rifarsi sulle sostanze dell’obbligato non occorre passare attraverso indagini complicate perché il provvedimento del giudice o l’accordo di negoziazione assistita che dispongono l’assegno sono titoli esecutivi: per muoversi è sufficiente allegare l’inadempimento.

Il primo passo da fare da parte del legale di fiducia, allora, è diffidare l’obbligato a pagare. Se non adempie, gli notificherà un atto di precetto, cioè una formale intimazione a mettersi in regola con i pagamenti entro un certo termine. Se questo decorre senza che nulla cambi, non resta che procedere al pignoramento dei beni mobili (conto corrente, depositi postali o bancari) o immobili (case, veicoli).

Tra i beni pignorabili rientra anche il Tfr che costituisce fonte capiente di recupero delle somme spettanti, aggredibile solo fino alla misura maturata al momento della domanda.

Peraltro, per i procedimenti instaurati dal 1° marzo 2023, la riforma civile (decreto legislativo 149/2022) estende le garanzie ai crediti nati da provvedimenti temporanei e consente al giudice di imporre all’obbligato, se teme che possa sottrarsi ai pagamenti, di prestare idonea garanzia personale o reale.

Il legale del beneficiario dell’assegno può anche chiedere al giudice di autorizzare il sequestro dei beni del debitore. Ed è strumento molto utile l’ordine di pagamento diretto ai terzi tenuti a versare periodicamente somme all’obbligato (come il datore di lavoro o l’ente pensionistico). Una via che la riforma prova a velocizzare. Infatti per i nuovi procedimenti, decorsi 30 giorni dalla messa in mora dell’inadempiente, il beneficiario potrà notificare il provvedimento o l’accordo che fissano la misura dell’assegno direttamente ai terzi: il mese successivo alla notifica sarà il terzo a pagare all’avente diritto l’importo dell’assegno.

Va detto, infine, che i mancati o ritardati versamenti del mantenimento potrebbero influire sulla modifica del regime di affido dei figli costituendo degli indici di disinteresse affettivo e materiale da parte del genitore manchevole ai propri doveri assistenziali.

Le pronunce

Pagamenti parziali
Scatta la condanna per violazione degli obblighi di assistenza per il padre separato che non versi, anche solo in parte, il mantenimento disposto in favore dei figli minori. L’obbligato, infatti, non ha alcun potere di adeguare l’importo sancito dal giudice.
Cassazione, sentenza 43032 dell’11 novembre 2022

Il contesto
Non ha responsabilità l’obbligato che, pur non del tutto indigente, provi l’impossibilità di pagare, considerati diversi fattori: misura dell’assegno, redditi ed esigenze personali di vita, impegno nel reperire altre entrate.
Tribunale di Trieste, sentenza 857 del 16 maggio 2022

Cassazione, sentenza 32576 del 5 settembre 2022

Il sequestro
Per sequestrare i beni del coniuge obbligato all’assegno di mantenimento basta anche un’inadempienza non grave e relativa non solo alla corresponsione più o meno regolare del contributo nel suo preciso ammontare ma all’insieme dei rapporti patrimoniali stabiliti tra gli ex.
Corte d’appello di Milano, decreto del 5 maggio 2022

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