Penale

Continuazione, per il riconoscimento vale la sentenza pubblicata sulla rivista giuridica

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di Patrizia Maciocchi

Per ottenere il riconoscimento della continuazione con fatti già giudicati, la difesa può produrre una copia della sentenza anche se presa da una rivista giuridica, e dunque senza il nome delle parti e priva di data. La Corte di cassazione, con la sentenza 10904, accoglie sul punto il ricorso di uno stalker, rigettandolo nel resto, al quale era stata negata la continuazione ai fini del riconoscimento di un unico disegno criminoso, in virtù di una precedente condanna per condotte persecutorie nei confronti della ex moglie. I giudici di merito avevano negato che per dimostrare il “pregresso” fosse sufficiente portare la copia del verdetto della Suprema corte, pubblicato su una rivista giuridica con i dati oscurati.

Per la Suprema corte invece si può, anche volendo aderire alla giurisprudenza più restrittiva. I giudici ricordano, infatti, il principio secondo il quale l'imputato che intende richiedere, nel giudizio di cognizione, “il riconoscimento della continuazione in riferimento a reati già giudicati non può limitarsi a indicare gli estremi delle sentenze rilevanti a tal fine, ma ha l'onere di produrne la copia”. Per la giurisprudenza più “severa” non si può, infatti, estendere alla fase di cognizione ciò che è concesso in fase esecutiva. Una maglia più stretta giustificata dall'esigenza di impedire richieste dilatorie e garantire la celerità del rito. Nel caso esaminato però, precisano i giudici di legittimità l'imputato non si era limitato a fornire gli estremi della decisione della Suprema corte. Partendo dalla sentenza pubblicata dalla stampa specializzata, prodotta in Corte d'Appello insieme al casellario giudiziario, sarebbe stato agevole verificare che l'imputato era stato giudicato con sentenza irrevocabile per gli stessi fatti.

Corte di cassazione – Sezione V – Sentenza 31 marzo 2020 n.10904

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