Rassegne di Giurisprudenza

Conto corrente bancario: la prescrizione delle rimesse solutorie matura dalla data del pagamento

a cura della Redazione di PlusPlus24 Diritto

Contratti bancari - Conto corrente - Rimesse solutorie del conto corrente in passivo - Decorrenza della prescrizione - Mancata concessione di un'apertura di credito -Giuramento estimatorio.
In materia di contratto di conto corrente bancario, la prescrizione delle rimesse solutorie, ossia di quelle che sono state operate su un conto corrente in passive, qualora non sia stata concessa al cliente un'apertura di credito, oppure su di un conto scoperto, essendo i versamenti destinati a coprire quella parte del passivo eccedente il limite dell'accreditamento, matura sempre dalla data del pagamento.
•Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 23 dicembre 2020 n. 29411

Contratti bancari - Operazioni bancarie in conto corrente (nozione, caratteri, distinzioni) - In genere contratto di conto corrente assistito da apertura di credito - Azione di ripetizione dell'indebito del correntista - Eccezione di prescrizione estintiva della banca - Contenuto - Necessità di indicare le specifiche rimesse solutorie ritenute prescritte - Esclusione.
In tema di prescrizione estintiva, l'onere di allegazione gravante sull'istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia opporre l'eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l'azione di ripetizione di somme indebitamente pagate nel corso del rapporto di conto corrente assistito da apertura di credito, è soddisfatto con l'affermazione dell'inerzia del titolare del diritto, unita alla dichiarazione di volerne profittare, senza che sia necessaria l'indicazione delle specifiche rimesse solutorie ritenute prescritte.
•Corte di cassazione, sezioni Unite civili, sentenza 13 giugno 2019 n. 15895

Obbligazioni in genere - Nascenti dalla legge - Ripetizione di indebito - Oggettivo interessi - Decorrenza - Dal giorno della 'domanda' - Riferimento alla domanda giudiziale e anche agli atti stragiudiziali di costituzione in mora – Sussistenza.
In tema di ripetizione dell'indebito oggettivo, ai fini del decorso degli interessi sulla somma oggetto di restituzione, l'espressione dal giorno della "domanda", contenuta nell'art. 2033 c.c., non va intesa come riferita esclusivamente alla domanda giudiziale, ma comprende anche gli atti stragiudiziali aventi valore di costituzione in mora ai sensi dell'art. 1219 c.c.
•Corte di cassazione, sezioni Unite civili, sentenza 13 giugno 2019 n. 15895

Contratti bancari - Operazioni bancarie regolate in conto corrente - Diritti nascenti dall'annotazione in conto - Prescrizione decennale dell'azione di ripetizione dell'indebito - Decorrenza - Norma di interpretazione autentica che fa decorrere la prescrizione dal giorno dell'annotazione in conto - Preclusione all'azione di ripetizione di somme indebitamente versate alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto censurato - Stretta connessione della disposizione preclusiva alla precedente, della quale segue la sorte - Legittimità costituzionale.
Va dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 61, seconda parte del decreto-legge 29 dicembre 2010 n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011 n. 10, secondo cui in ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, trattandosi di disposizione strettamente connessa al primo periodo, del quale, dunque, segue la sorte.
•Corte costituzionale, sentenza 5 aprile 2018 n. 78

Contratti bancari - Operazioni bancarie regolate in conto corrente - Diritti nascenti dall'annotazione in conto - Prescrizione decennale dell'azione di ripetizione dell'indebito - Decorrenza - Esistenza di un consolidato indirizzo giurisprudenziale maggioritario, confermato dalla sentenza della cassazione, a sezioni unite, n. 24418 del 2010, secondo cui la prescrizione decorre dalla data di estinzione del rapporto di conto corrente - Sopravvenienza normativa, autoqualificatasi di interpretazione autentica dell'art. 2935 del codice civile, che fa decorrere la prescrizione dal giorno dell'annotazione in conto - Insussistenza delle condizioni che consentono l'adozione di norme retroattive e di interpretazione autentica - Lesione dei principi generali di eguaglianza e ragionevolezza - Violazione del principio dell'equo processo e del principio di preminenza del diritto, quali limiti alla introduzione di leggi retroattive in materia civile, nel significato loro attribuito dalla corte europea dei diritti dell'uomo - Illegittimità costituzionale - Assorbimento di ulteriori profili.
Va dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 61, prima parte del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011 n. 10, secondo cui in ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l'art. 2935 cod. civ. si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa. Infatti la disposizione si autoqualifica di interpretazione e, dunque, spiega efficacia retroattiva, mentre il divieto di retroattività della legge (art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale), costituisce valore fondamentale di civiltà giuridica, pur non ricevendo nell'ordinamento la tutela privilegiata di cui all'art. 25 Cost.; mentre la norma censurata lede il canone generale della ragionevolezza delle norme (art. 3 Cost.). Infatti essa è intervenuta sull'art. 2935 cod. civ. in assenza di una situazione di oggettiva incertezza del dato normativo, perché, in materia di decorrenza del termine di prescrizione relativo alle operazioni bancarie regolate in conto corrente si era ormai formato un orientamento nettamente maggioritario in giurisprudenza, che aveva condotto ad individuare nella chiusura del rapporto contrattuale o nel pagamento solutorio il dies a quo per il decorso del suddetto termine. La norma è costituzionalmente illegittimo anche per violazione della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, la quale ha più volte affermato che se, in linea di principio, nulla vieta al potere legislativo di regolamentare in materia civile, con nuove disposizioni dalla portata retroattiva, diritti risultanti da leggi in vigore, il principio della preminenza del diritto e il concetto di processo equo sanciti dall'art. 6 della Convenzione ostano, salvo che per imperative ragioni di interesse generale, all'ingerenza del potere legislativo nell'amministrazione della giustizia, al fine di influenzare l'esito giudiziario di una controversia. Nel caso in esame non è dato ravvisare quali sarebbero i motivi imperativi d'interesse generale, idonei a giustificare l'effetto retroattivo. Ne segue che risulta violato anche il parametro costituito dall'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 6 della Convenzione europea, come interpretato dalla Corte di Strasburgo.
•Corte costituzionale, sentenza 5 aprile 2012 n. 78