Civile

Contratti annullati, basta il turbamento psichico transitorio

La menomazione può anche non dipendere da una precisa forma patologica

di Michol Fiorendi

Per annullare un contratto per incapacità di intendere o di volere (articolo 428, comma 2, del Codice civile) non occorre una malattia che escluda in modo totale e assoluto le facoltà psichiche del soggetto contraente; è invece sufficiente un perturbamento psichico, anche transitorio e non dipendente da una precisa forma patologica, tale da menomare gravemente, pur senza escluderle, le facoltà intellettive di chi stipula il conttratto, in modo da impedirgli o da ostacolargli un’attenta valutazione dei propri atti e la formazione di una cosciente volontà, rendendolo così incapace di resistere alle altrui suggestioni, sempre che risulti la malafede dell’altro contraente. Lo ha chiarito la Corte d’appello di Napoli con la sentenza 3199 del 22 settembre scorso.

Il caso
La vicenda riguarda due persone, che citano in giudizio un terzo, nella sua qualità di curatore provvisorio di un parente, chiedendo al Tribunale che venga disposta l’esecuzione coattiva del contratto preliminare di compravendita sottoscritto dal parente stesso che, nelle more del giudizio, decede.

Nella causa subentrano gli eredi che sottolineano come il defunto, ai tempi della sottoscrizione del contratto di vendita, fosse già affetto da disturbi psichici, psicologici ed epilettici e come la circostanza fosse ben nota agli acquirenti, che, in malafede, avevano approfittato dell’incapacità di intendere e di volere.

Il Tribunale, però, accoglie la domanda degli attori e trasferisce gli immobili in capo agli acquirenti.

Gli eredi impugnano la sentenza di primo grado, chiedendone l’integrale riforma.

L’appello
La Corte d’appello di Napoli si discosta dalla decisione del Tribunale e si allinea con la più recente giurisprudenza di merito e di legittimità, accogliendo la domanda degli appellanti e rilevando che, in tema di annullamento dei negozi giuridici, ai fini dell’accertamento di una situazione di incapacità di intendere e di volere al momento del compimento di un atto, non occorre una totale privazione delle facoltà intellettive e volitive, ma sia sufficiente un’alterazione psichica anche transitoria.

I giudici affermano, peraltro, che l’esistenza delle cause d’incapacità va accertata avendo riguardo al momento in cui l’atto che viene impugnato è stato posto in essere, ma che ciò non significa che siano prive di rilevanza, a fini probatori, le condizioni personali in cui il soggetto versava prima o dopo la realizzazione dell’atto impugnato.

La prova dell’incapacità non deve essere riferita alla situazione esistente al momento in cui l’atto impugnato viene posto in essere, essendo possibile cogliere tale situazione da un quadro generale anteriore o posteriore al momento della redazione dell’atto, traendo da circostanze note, mediante prova logica, elementi probatori conseguenti, seguendo così il dato induttivo costituito dalle condizioni del soggetto antecedenti o successive al compimento dell’atto.

La Corte di Napoli si riferisce anche a due pareri medico-specialistici che hanno attestato l’incapacità di intendere e volere del venditore, e dai quali non si può prescindere, considerata, oltre la loro autorevolezza, anche l’irripetibilità di tale prova dopo la morte del venditore.

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