Civile

Colpa medica, la mancata informazione non prova in sé il danno biologico

Le successive patologie contratte da due genitori inconsapevoli della nascita di un figlio malato non possono essere automaticamente riconosciute connesse alla violazione della dovuta informazione da parte del medico

di Paola Rossi

La mancata informazione da parte del medico sulla circostanza che il feto sia affetto da una patologia è danno che non comporta l’automatica conseguenza del riconoscimento del danno biologico per i genitori. E la liquidazione del danno derivante dall’accertata lesione del diritto a essere informati a cura del medico non può essere ridotta asserendo il concorso di colpa dei genitori se non forniscono la prova che avrebbero adottato la scelta di abortire in caso l’informazione medica fosse stata completa.

Come nel caso specifico deciso dalla sentenza n. 15076/2025 dalla Corte di cassazione penale dove ha riconosciuto legittimo il ragionamento del giudice del rinvio che ha liquidato per intero riformando la decurtazione inizialmente operata dai giudici di merito per la mancata prova della loro opzione abortiva se pienamente informati.

Nel caso concreto la lesione del diritto all’informazione medica è stata riconosciuta a titolo di danno non patrimoniale a due genitori che, a seguito della talassemia da cui erano affette le due figlie gemelle avevano dovuto sopportare conseguenze rilevanti, in termini di danno morale, al fine di curare - anche lontano dal proprio luogo di residenza - le due bambine fino al necessario trapianto di midollo reso possibile solo dalla sottoposizione della madre a una inseminazione artificiale con selezione genetica, da cui era derivata la nascita di un fratellino donatore compatibile. Da cui la maggior valutazione del danno morale sopportato dalla madre rispetto al padre per il pesante peso che comporta un iter di gravidanza non spontanea, anzi nel caso addirittura preceduta da aborti spontanei.

Nonostante da ciò fosse invalso anche un coinvolgimento fisico della donna anche a lei le vicissitudini legate agli aborti e all’inseminazione artificiale non hanno costituito danno biologico. Infatti, è stato escluso che si fosse determinato un danno alla sua integrità fisica.

In via generale a tutti e due i genitori non è stato riconosciuto il danno biologico in relazione alle successive malattie da loro contratte poiché tra esse e l’evento lesivo della nascita delle gemelline era mancata la prova del nesso causale.

I giudici hanno respinto anche il ricorso proposto dalle stesse figlie una volta divenute maggiorenni contro il medico e la struttura ospedaliera per le conseguenze della loro malattia perché - come ripete la Cassazione - non sussiste il diritto a nascere sani. Non essendo la loro patologia indotta dalla condotta illegittima del medico.

In conclusione, la cassazione rigetta il ricorso del medico e della Ausl che riteneva duplicato illegittimamente il danno morale a causa dell’aumento del risarcimento stabilito dal giudice del rinvio, che invece consisteva nel riconoscimento di tutte le conseguenze non patrimoniali patite dai genitori sia per non potersi essere autodeterminati e preparati all’eventuale scelta consapevole di dar comunque seguito alla nascita sia per le sofferenze psichiche subite a causa dell’evento lesivo. Con esclusione come detto di ogni voce di danno biologico anche in chiave esistenziale/relazione se non psico/fisica.

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