Penale

Contributi pubblici, l’illecita ritenzione non fa scattare il reato di indebita percezione

La Corte di cassazione, sentenza n. 26180 depositata oggi, afferma che la condotta non integra il reato di cui all’articolo 316-ter del codice penale

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di Francesco Machina Grifeo

Non scatta il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche a danno dello Stato per chi trattenga indebitamente le somme legittimamente conseguite. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 26180 depositata oggi, che ha accolto il ricorso di un ex pescatore.

Il ricorrente era stato citato in giudizio per rispondere del reato previsto dall’art. 316-ter cod. pen., perché dopo aver beneficiato di un contributo una tantum per la riconversione professionale in ambiti diversi dalla pesce marittima, aveva omesso di comunicare alla Regione Campania, ente erogatore del contributo, la ripresa entro cinque anni dalla cancellazione dal registro dei pescatori marittimi (avvenuta il 16 ottobre 2012) dell’attività di pescatore professionale, in tal modo conseguendo indebitamente la somma di 40.000 euro. La ripresa dell’attività, infatti, sarebbe stata accertata già nel luglio 2013 quando venne trovato a bordo di un peschereccio.

La Cassazione ricorda che la fattispecie è stata introdotta dall’art. 4, della legge 29 settembre 2000, n. 300, di ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari (PIF) delle Comunità europee, fatta a Bruxelles il 26 luglio 1995. Il Legislatore italiano, tuttavia – prosegue la decisione -, nell’introdurre l’art. 316-ter cod. pen. non ha attribuito rilievo penale alla condotta di indebita ritenzione degli aiuti, ma solo al loro indebito conseguimento.

Il reato - prosegue la sentenza - è, dunque, configurabile a fronte di dichiarazioni mendaci e della produzione di falsa documentazione per ottenere erogazioni pubbliche “e non già con riferimento a una dichiarazione veritiera, ma non integrata successivamente dalla comunicazione di sopravvenienza di cause di decadenza (sempre che la stessa non riguardi ulteriori tranches di un rapporto continuativo)”.

La condotta di omessa informazione successiva alla regolare percezione del contributo pubblico, dunque, non integra il reato di cui all’art. 316-ter cod. pen., “ma al più il delitto di cui all’art. 316-bis cod. pen., ove si sia in presenza di un’erogazione fondata su un vincolo di destinazione”; e cioè: “Malversazione di erogazioni pubbliche”.

Del resto, nel caso specifico l’acquisizione del contributo pubblico non è avvenuto, come invece richiesto, mediante l’«utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute», in quanto il mendacio (conseguente all’omissione della comunicazione doverosa) sarebbe, infatti, solo successivo all’erogazione.

Le vicende che hanno fatto seguito alla percezione dell’erogazione pubblica - conclude la Corte - “possono, dunque, rilevare sul piano amministrativo e civile, ma non su quello penale”.
La sentenza è stata annullata perché il fatto non sussiste.

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