Convenzioni tra studi legali e compagnie di assicurazioni, no al frazionamento del credito
Per la Cassazione, sentenza n. 16508 depositata oggi, non va enfatizzato il fatto che il compenso scaturisca da incarichi distinti, sussistendo un rapporto unitario
La Cassazione, sentenza n. 16508 depositata oggi, fa il punto sul tema dell'abusivo frazionamento del credito da parte di uno studio legale associato nei confronti di una compagnia assicurativa sua cliente. Per la II Sezione civile non conta il fatto che il compenso provenga da incarichi distinti dal momento che tutti comunque originano da un'unica convenzione. Per il pagamento, dunque, si impone l'instaurazione di un unico giudizio.
La Suprema corte ha così confermato la decisione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere per aver "correttamente" ravvisato il "frazionamento abusivo" a seguito della proposizione di "250 ricorsi monitori per altrettanti incarichi di difesa". Il giudice del merito aveva valorizzato "l'esistenza di un accordo di fissazione dei compensi, sia per gli incarichi futuri, che per quelli pregressi (fatturati successivamente), chiarendo che tale convenzione dava conto della riconducibilità delle singole prestazioni ad una relazione unitaria".
Sempre secondo il Tribunale, la convenzione non si limitava a determinare l'obbligo di applicare un determinato trattamento economico a seconda del valore della lite e a fissare i doveri di comportamento dell'associazione, ma disciplinava anche la fase eventualmente patologica del rapporto, chiarendo che, fermo il potere di recesso per giusta causa dalla convenzione, "allorché il rapporto si risolva ... le pratiche in corso dovranno essere restituite al Gruppo …., senza la necessità di una revoca formale del singolo mandato". Le singole attività difensive, perciò, andavano inquadrate "in un rapporto continuativo più ampio, la cui risoluzione avrebbe determinato automaticamente la caducazione dei singoli incarichi, non qualificabili, dunque, come autonoma fonte delle reciproche obbligazioni tra le parti, ma come mera esecuzione di un accordo normativo".
Proposto ricorso da parte dell'Associazione professionale, la Suprema corte l'ha rigettato. Per i giudici di legittimità infatti "è decisivo evidenziare che non vengono in considerazione né eventuali patologie negoziali della convenzione, né la qualificazione dell'accordo come contratto professionale o normativo, ma solo il dato fattuale della riconducibilità ed omogeneità dei singoli incarichi nell'ambito di una relazione unitaria svoltasi nel tempo". Ed anche l'asserita nullità delle clausole del contratto quadro, nella parte in cui avrebbero inciso sull'ultrattività del rapporto di rappresentanza processuale fino alla sostituzione del difensore e sul rapporto fiduciario, "non escludeva il divieto di frazionamento, né occorreva stabilire se detta convenzione costituisse un patto accessorio ai singoli rapporti, da considerare giuridicamente autonomi".
In linea generale, infatti, "non è consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un ‘unico rapporto obbligatorio', proporre plurime richieste giudiziali di adempimento".
Configura frazionamento abusivo, si legge nella sentenza, il caso "in cui le pretese creditorie separatamente azionate siano riconducibili a fatti costitutivi storicamente distinti che si sono verificati nel contesto di un rapporto di durata tra le parti anche se non ha avuto origine nella stipulazione di un contratto che ne regolasse gli effetti": ciò, quantomeno, tutte le volte in cui si tratti di fatti che, seppur distinti, sono tra loro simili (come l'esecuzione di distinti incarichi professionali ovvero di distinte forniture) e, in quanto tali, idonei a costituire, tra le stesse parti, diritti di credito giuridicamente eguali". In tali (e in altre simili) ipotesi, infatti, la contemporanea sussistenza di crediti giuridicamente eguali, che siano riconducibili nell'ambito di un "rapporto" che, nel corso del tempo, si sia venuto a determinare (pur se in via di mero fatto) tra le stesse parti, ne impone la deduzione (ove esigibili) nello stesso giudizio.
"Non va, quindi, enfatizzato – prosegue la Cassazione - il fatto che il compenso scaturisse da un incarico distinto dagli altri, venendo tutte le singole pretese, azionate separatamente, ad inscriversi nell'ambito di un rapporto che le parti avevano pattiziamente disciplinato in modo uniforme nei contenuti economici e nell'ambito di una relazione continuativa ed unitaria, come confermato proprio dall'adozione di un'unica convenzione valevole sia per il passato, che per il futuro. Ciascuna pretesa, pertanto, era fondata su fatti che, seppur distinti, erano tra loro simili e come tali erano stati disciplinati dalle parti, dovendosene richiedere il pagamento in un unico giudizio".
Accolto poi il ricorso incidentale della compagnia di assicurazione secondo la quale il Tribunale, dopo aver accertato l'abusivo frazionamento del credito, non poteva limitarsi a compensare le spese dei giudizi di opposizione, dovendo anche "eliminare tutti gli effetti distorsivi del frazionamento" e "verificare se e in che misura l'introduzione di più cause (con la proposizione di altrettanti ricorsi per decreto ingiuntivo) per ciascun credito avesse aggravato i costi complessivi del giudizio, inclusi quelli della fase monitoria, avendo la sola compensazione delle spese del giudizio di opposizione l'effetto di mitigare, ma non elidere, il pregiudizio causato dal frazionamento".