Civile

Conversione decreto giustizia: il nuovo concordato preventivo sul banco di prova

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di Nicola Graziano

In poco meno di due settimane si è chiuso l'iter parlamentare di conversione del decreto legge n. 83/2015 che aveva previsto misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria.

È così entrata in vigore il 21 agosto 2015 la legge 132/2015 che definitivamente attua, all'interno di un corposo intervento omnibus sulla giustizia civile, una ulteriore mini riforma delle procedure concorsuali (in attesa di un più organico intervento legislativo considerato che i lavori della Commissione Rordorf sono terminati con la consegna di uno schema di disegno di legge delega che ha l'ambizione di una riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza, prima fra tutti l'eliminazione, anche sotto il profilo lessicale, delle connotazioni infamanti e gli effetti di stigmatizzazione sociale del “fallimento”).
Nel presente articolo, ci si soffermerà solo sulle non poche e comunque molto rilevanti novità introdotte in sede di conversione relativamente alla materia delle procedure concorsuali.

Requisiti per la nomina a curatore - Il capo III del sopra indicato titolo I del decreto legge così come convertito reca alcune modifiche alla disciplina che la legge fallimentare dedica al curatore fallimentare con la evidente finalità di accelerazione delle procedure fallimentari e di garanzia di terzietà dell'organo.

Nella versione originaria l'articolo 5 del decreto legge prevedeva l'incompatibilità alla nomina di curatore per chi avesse, nei cinque anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, concorso al dissesto dell'impresa e impediva che potesse essere nominato curatore chi aveva già svolto la funzione di commissario giudiziale in relazione a una procedura di concordato per il medesimo debitore (ovvero sia unito in associazione professionale con chi abbia svolto tale funzione).

In parte qua si registra un rilevante cambiamento di rotta del Legislatore che, da una parte, ha eliminato il divieto di nomina per chi abbia già svolto la funzione di commissario giudiziale recependo le corali critiche da parte degli Organismi di categoria e, dall'altra, ha previsto che non può svolgere l'incarico di curatore colui che ha, in qualsiasi tempo, concorso a cagionare il dissesto, eliminando cioè ogni riferimento temporale.
Inoltre, in sede di conversione, è stata soppressa la previsione che stabiliva che il curatore fallimentare dovesse essere in possesso di una struttura organizzativa e di risorse che permettono il rispetto dei tempi previsti dal programma di liquidazione, residuando solo la previsione secondo cui il curatore deve essere nominato tenendo conto anche delle risultanze dei rapporti riepilogativi di cui all'articolo 33, quinto comma, già in passato presentati, in tal caso e sotto tale profilo non potendo esimersi il tribunale nella sentenza dichiarativa di fallimento dal riferimento a tali rapporti in quanto l'impianto generale impone la motivazione sulla sussistenza dei requisiti della nomina a curatore, anche come ricavati dai rapporti riepilogativi sopra indicati.

Chiusura della procedura di fallimento - Sempre nell'ottica di assicurare la celere definizione delle procedure concorsuali in sede di conversione è stata introdotta, a mezzo dell'articolo 7, una modifica all'articolo 39 della legge fallimentare con la previsione secondo cui il tribunale non può liquidare acconti a favore del curatore se non dopo che lo stesso abbia presentato un progetto di riparto parziale.

La norma, nel contempo, prevede una eccezione a tale regola generale basata sulla ricorrenza di giustificati motivi che il provvedimento liquidatorio dell'acconto non potrà non menzionare (e ancor prima il curatore richiedente l'acconto non indicare). Essi, evidentemente, potranno essere collegati alla complessità del procedimento liquidatorio dell'attivo, ovvero alle sue lungaggini che in qualche modo possano incidere sulla presentazione di un progetto di riparto parziale e ancora sulla conclusione di una complessa e articolata fase di verifica del passivo, sempre che, però, non siano gli stessi motivi che nella pratica hanno reso spesso inattuato il disposto di cui all'articolo 110 della legge fallimentare.
Sotto tale profilo, inoltre, si inquadra la rilevante modifica introdotta in sede di conversione all'articolo 43 della legge fallimentare che si occupa delle controversie in cui è parte un fallimento (la norma si applica per espressa previsione contenuta nel novellato articolo 169 della legge fallimentare anche al concordato preventivo).

Si prevede, infatti, una vera e propria corsia di preferenza per le controversie in cui è parte un fallimento o si tratti di una controversia in cui è parte un soggetto ammesso al concordato preventivo – “sono trattate con priorità” recita testualmente la norma – e il conseguente obbligo del Capo dell'Ufficio di trasmettere annualmente al Presidente della Corte di appello i dati relativi al numero dei procedimenti in cui è parte un fallimento (o un concordato preventivo) e alla loro durata nonché (e si può dire soprattutto) di comunicare tutti i provvedimenti e le disposizioni adottate che concretizzano la previsione della definizione preferenziale di tale tipo di controversie.

La previsione, a giudizio di chi scrive, è a tenuta costituzionale, in relazione al combinato disposto di cui agli articoli 3 e 24 della Costituzione, in quanto la ratio della norma appare coerente con la centralità del dibattito sui rimedi da porre in essere per far fronte alla congiunturale crisi economica e al tentativo di riequilibrare il rapporto tra debitore e creditore cui guardano con attenzione anche le Istituzioni europee.
Del resto la norma solo apparentemente confligge con la previsione della nuova ipotesi di chiusura del fallimento nel caso di pendenza di giudizi perché entrambe le ipotesi contemplate dal Legislatore mirano alla concretizzazione dell'interesse alla rapida definizione delle procedure fallimentari.

Programma di liquidazione - Da segnalare i non pochi problemi di coordinamento che poteva porre il nuovo articolo 2929-bis del Cc (che prevede una forma semplificata di tutela esecutiva del creditore pregiudicato da atti dispositivi compiuti a titolo non oneroso) con le norme di cui agli articoli 64 e 66 legge fallimentare ipotizzando, ricorrendone i presupposti per l'applicabilità, che la portata favorevole di tale nuova disposizione impone uno sforzo interpretativo nel senso della compatibilità della norma con i rimedi previsti nella legge fallimentare (anche nell'ottica della sopra detta accelerazione della fase di liquidazione dell'attivo nelle procedure fallimentari).
In sede di conversione però il Legislatore ha dato risposta concreta al sopra riportato dubbio interpretativo con una apposita previsione contenuta nell'articolo 6 che introduce il comma II dell'articolo 64 della legge fallimentare secondo cui «i beni oggetto degli atti di cui al primo comma (atti a titolo gratuito) sono acquisiti al patrimonio del fallimento mediante trascrizione della sentenza dichiarativa di fallimento. Nel caso di cui al presente articolo ogni interessato può proporre reclamo avverso la trascrizione a norma dell'articolo 36».

La norma però pone non pochi dubbi interpretativi, mettendo anche in seria crisi il principio della effettività della tutela giurisdizionale.
Si prevede, infatti, che una fetta di atti a titolo gratuito (cioè solo quelli che sono soggetti a pubblicità) se compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento vengono acquisiti al patrimonio del fallimento, e cioè sono dichiarati inefficaci ex lege , per effetto della semplice trascrizione della sentenza dichiarativa di fallimento.
La norma riecheggia l'articolo 25 n. 2 della legge fallimentare nel testo anteriore al 16 luglio 2006 ma la stessa pone notevoli problemi perché a seguito della trascrizione della sentenza dichiarativa di fallimento la inefficacia ex lege degli atti a titolo gratuito incide direttamente sulla sfera patrimoniale di terzi e soprattutto senza un previo controllo dell'autorità giudiziaria.

Il legislatore, ha infatti, previsto una inversione della iniziativa processuale ponendosi a carico del terzo l'onere di agire secondo il rimedio concesso per impedire che il bene acquisito al patrimonio del fallito venga poi assoggettato alla liquidazione.

Sicuramente debole e poco rispondente al principio della effettività della tutela giurisdizionale è il ricorso al reclamo avverso la trascrizione effettuata dal curatore e cioè avverso un atto del curatore in quanto la natura e la struttura e le garanzie di tale procedimento endofallimentare di reclamo sono certamente compatibili con la doglianza proposta avverso un atto di amministrazione del curatore ma non certo pienamente compatibili contro un atto la cui portata è tale da incidere, come detto, direttamente sul patrimonio di un terzo, sia pure beneficiario di un atto a titolo gratuito.
Sarebbe stato meglio forse insistere sulla strada delineata per la cosiddetta azione revocatoria semplificata in quanto ricorrendo i presupposti di cui all'articolo 2929-bis del Cc, potrà essere esercitata dal curatore l'azione esecutiva salvo opposizione da proporre nelle forme di cui agli articoli 615 e 619 del Cpc (e quindi, a giudizio di chi scrive, in deroga però al criterio funzionale individuato dalla legge fallimentare).

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