Penale

Corruzione della funzione per la generica messa a disposizione

La Cassazione, sentenza n. 45863 depositata oggi, ha riqualificato al ribasso la posizione del sindaco di Corleto Perticara in un filone della vicenda legata al giacimento di "Tempa rossa"

di Francesco Machina Grifeo

Il delitto di corruzione per l'esercizio della funzione pubblica - articolo 318 c.p., novellato nel 2012 dalla Legge Severino - , si differenzia dal più grave reato di corruzione propria - articolo 319 cod. pen. - in quanto ha natura di reato di pericolo: "sanzionando la presa in carico, da parte del pubblico funzionario, di un interesse privato dietro una dazione o promessa indebita, senza che sia necessaria l'individuazione del compimento di uno specifico atto d'ufficio". Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sentenza n. 45863 depositata oggi, accogliendo parzialmente il ricorso di un imprenditore e riqualificando il reato commesso nei confronti del sindaco del comune di Corleto Perticara nella vicenda dei subappalti legati al giacimento petrolifero di Tempa Rossa.

Va osservato, prosegue la Corte, che in tema di reato di "corruzione propria" deve ritenersi superata la impostazione che, partendo dall'assunto secondo cui l'atto d'ufficio contrario, oggetto di mercimonio, può ricomprendere qualsiasi comportamento lesivo dei doveri di fedeltà, imparzialità ed onestà che debbono essere osservati da chiunque eserciti una pubblica funzione, "è pervenuta all'affermazione che configura il reato di corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio - e non il più lieve reato di corruzione per l'esercizio della funzione di cui all'art. 318 cod. pen. - lo stabile asservimento del pubblico ufficiale ad interessi personali di terzi, che si traduca in atti, che, pur formalmente legittimi, in quanto discrezionali e non rigorosamente predeterminati nell'an, nel quando o nel quomodo, si conformino all'obiettivo di realizzare l'interesse del privato nel contesto di una logica globalmente orientata alla realizzazione di interessi diversi da quelli istituzionali".

La predetta impostazione che riduce ai minimi termini l'ambito di applicazione del reato di corruzione per l'esercizio della funzione, argomenta la decisione, "non considera che anche la sola accettazione della dazione di denaro o di altra utilità costituisce di per sé sempre un comportamento lesivo dei doveri di probità e imparzialità del pubblico ufficiale". "Mentre – prosegue - ai fini della configurabilità del delitto di corruzione propria, di cui all'art. 319 cod. pen., è necessario che l'illecito accordo tra pubblico funzionario e privato corruttore preveda il compimento, da parte del primo, di un atto specificamente individuato od individuabile come contrario ai doveri d'ufficio, con la conseguenza che ove non sia accertato il contenuto del patto corruttivo, e pur in presenza di sistematiche dazioni da parte del privato in favore del pubblico agente, la condotta deve essere ricondotta nell'ambito della corruzione per l'esercizio della funzione ex art. 318 cod. pen.".

E nel caso affrontato dalla VI Sezione l'accordo tra il pubblico ufficiale ed il privato corruttore, per come ricostruito nel giudizio di merito, non ha avuto ad oggetto il compimento di uno specifico atto amministrativo rientrante nella competenza sia pure di fatto del Sindaco, "ma soltanto una generica messa a disposizione, senza la prova che detta disponibilità si sia tradotta nel compimento di atti che avrebbero potuto avvantaggiare o recare danno alla società aggiudicataria in sede di rilascio di eventuali nulla osta o provvedimenti autorizzativi comunque necessari per l'espletamento dei lavori di sfruttamento petrolifero del territorio". Risulta dunque carente "l'individuazione degli atti amministrativi inerenti l'esercizio della funzione pubblica".

Laddove il mercimonio riguardi il generico compimento dell'attività discrezionale, dunque, "non può ritenersi integrato il reato di cui all'art. 319 cod. pen. solo perché vi sia stato l'asservimento del pubblico agente agli interessi del privato qualora l'atto compiuto realizzi ugualmente l'interesse pubblico e non sia stato violato alcun dovere specifico che attiene all'atto adottato e non alla mera violazione dei doveri di imparzialità e terzietà del pubblico ufficiale".

Né il riferimento all'ipotetica commissione di un reato di concussione "è sufficiente a qualificare il reato come corruzione propria, perché la contrarietà dell'atto oggetto del mercimonio va valutata rispetto alla violazione dei doveri che attengono al modo, al contenuto, ai tempi degli atti da compiere e delle decisioni da adottare, alla violazione delle regole sottese all'esercizio dell'attività discrezionale ed al concreto pregiudizio dell'interesse pubblico".

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