Civile

Costi in nero, servono prove specifiche sui prelievi

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di Marcello Maria De Vito

In tema di indagini finanziarie, ai fini del superamento della presunzione legale, è necessario che il contribuente fornirsca una prova non generica, ma analitica con indicazione specifica della riferibilità di ogni movimentazione, di estraneità di ogni operazione a fatti imponibili. Sono questi i principi ribaditi dalla Ctp di Torino con la sentenza 874/2/2018 (presidente Lepore, relatore Gurgone).

La Gdf effettuava una verifica a carico di una società esercente l’attività di carrozzeria e di una ditta individuale della quale era titolare una socia della società, che era anche moglie dell’amministratore. I militari contestavano alla società l’inesistenza di ingenti costi per prestazioni rese da una società avente il medesimo nome della verificata, ma residente in Lettonia. Questa società era stata oggetto di una richiesta di cooperazione da parte delle autorità lettoni che avevano accertato l’assenza di qualsiasi struttura all’indirizzo dichiarato in Lettonia, nonché avanzato il sospetto dell’effettivo esercizio dell’attività in Italia. I militari avevano, inoltre, contestato l’inesistenza di costi fatturati alla società dalla ditta individuale della socia/moglie dell’amministratore.

In seguito la guardia di Finanza eseguiva un’indagine finanziaria a carico di entrambe i contribuenti, chiedendo di giustificare le movimentazioni bancarie presenti su diversi conti. Le giustificazioni fornite non venivano accolte dai militari, poiché prive di supporti documentali. L’agenzia delle Entrate, pertanto, notificava i relativi accertamenti, contestando sia la frode carosello, sia maggiori ricavi presuntivi derivanti dall’indagine finanziaria.

I contribuenti impugnavano gli atti, sollevando numerose eccezioni. In relazione alle indagini finanziarie, lamentavano la mancata deduzione dai ricavi presuntivi di costi occulti, quantificabili sulla base di massime di esperienza che nel settore avevano un’incidenza dell’80-90 per cento. Eccepivano, inoltre, il mancato riconoscimento delle imposte pagate all’estero.

La Ctp negava il riconoscimento delle imposte pagate all’estero, affermando che non è possibile riconoscere le imposte asseritamente versate all’estero da un soggetto giuridico creato artificiosamente con la sola finalità di ridurre l’imponibile in Italia.

In tema di costi occulti, la Ctp osserva che l’amministrazione ha rispettato la prassi. L’ufficio, infatti, ha considerato i prelevamenti bancari come costi «in nero» e ha calcolato ricavi non dichiarati sulla base del ricarico medio desunto da 169 contribuenti esercenti la stessa attività con caratteristiche simili. La Ctp afferma che non è possibile riconoscere costi occulti in base a massime d’esperienza, poiché l’incidenza della redditività deve essere specificamente dimostrata dal contribuente, senza generici rinvii a massime d’esperienza.

Il collegio conclude affermando che quando l’accertamento si fonda su indagini bancarie, l’ufficio assolve correttamente l’onere della prova attraverso i dati risultanti dai conti correnti. In tal caso, se il contribuente intende superare la presunzione legale, non può limitarsi a una prova non generica, ma deve fornire una prova analitica con indicazione specifica della riferibilità di ogni movimentazione, che dimostri l’estraneità di ogni operazione a fatti imponibili.

Ctp di Torino 874/2/2018

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