Direttiva NPL, l’auspicato impulso allo smobilizzo del mercato secondario dei crediti deteriorati
La riforma, introdotta dal recepimento della Direttiva e completata dalle Disposizioni di Vigilanza da parte della Banca d’Italia, apre il mercato anche a soggetti non vigilati, ampliando significativamente la platea degli investitori abilitati ad acquistare crediti deteriorati
L’importante stagione di derisking delle banche italiane (e non solo) dai crediti deteriorati (NPL), che ha consentito – non senza significativi sacrifici patrimoniali – di riportare in sicurezza i bilanci bancari, ha comportato una massiccia migrazione di tali crediti verso il mercato secondario, approdando prevalentemente nei bilanci di società di cartolarizzazione. Queste ultime, attraverso il processo di trasformazione di attività finanziarie poco liquide in titoli più negoziabili, hanno consentito un primo fondamentale smobilizzo di tali sofferenze.
Tale processo migratorio e trasformativo risulta oggi, anche a livello paneuropeo, appesantito dalla concentrazione degli NPL in capo a un numero relativamente limitato di operatori finanziari, i quali iniziano a mostrare crescenti difficoltà nella lavorazione e nello smaltimento degli stock. È in questo contesto che si inserisce l’intervento dell’Unione Europea con la Direttiva (UE) 2021/2167 (nota come Direttiva NPL o Secondary Market Directive – SMD), che mira a rendere più liquido il mercato secondario degli NPL, garantendo al contempo la tutela dei diritti dei debitori le cui esposizioni vengono cedute.
L’impatto della Direttiva sul nostro ordinamento non è marginale, inserendosi in un quadro normativo nazionale già di per sé complesso e caratterizzato da una stratificazione normativa e regolamentare non sempre agevole.
Il recente recepimento in Italia della Direttiva NPL, attraverso il D.Lgs. 116/2024, ha modificato il Testo Unico Bancario (TUB), introducendo un nuovo Capo II al Titolo V (articoli da 114.4 a 114.14), dedicato agli “acquirenti di crediti in sofferenza”. L’intervento è stato completato dalla pubblicazione, in data 13 febbraio 2025, delleDisposizioni di Vigilanza da parte della Banca d’Italia. La riforma apre il mercato anche a soggetti non vigilati, ampliando significativamente la platea degli investitori abilitati ad acquistare crediti deteriorati.
L’art. 114.1 TUB, infatti, oggi consente l’acquisto di crediti deteriorati a “persone fisiche o giuridiche, diverse dalle banche... nell’esercizio della propria attività commerciale o professionale”. Si tratta, per un ordinamento tradizionalmente conservativo come il nostro in materia bancaria e finanziaria, di una vera e propria rivoluzione copernicana rispetto all’oligopolio degli intermediari vigilati.
A bilanciare tale apertura interviene un nuovo sistema di controlli, a partire dall’introduzione della figura del Gestore di Crediti in Sofferenza (art. 114.6 TUB), che potrà operare a livello europeo.
In sintesi, la nuova architettura normativa consente a chiunque di acquistare crediti, ma ne attribuisce la gestione recuperatoria esclusivamente a operatori qualificati e vigilati. I Gestori, infatti, potranno delegare la gestione operativa del recupero a terzi, ma dovranno dimostrare specifici requisiti organizzativi e professionali per ottenere l’autorizzazione della Banca d’Italia e saranno sottoposti a vigilanza continuativa.
Ulteriore elemento di equilibrio è rappresentato dall’introduzione (art. 114.10 TUB) di un obbligo informativo nei confronti del debitore, volto ad aumentare il livello di trasparenza nei rapporti tra cedente e cessionario e a garantire la tracciabilità dell’intera vita del credito. Sempre in tema di trasparenza, i Gestori di Crediti in Sofferenza dovranno mantenere aggiornate le segnalazioni in Centrale dei Rischi, assicurando così la piena visibilità del credito fino alla sua estinzione.
La riforma ha un impatto significativo anche sugli operatori già presenti nel mercato, come le agenzie di recupero crediti autorizzate ex art. 115 TULPS, le quali – qualora intendano “evolvere” al rango di Gestori di Crediti in Sofferenza – dovranno ottenere una specifica autorizzazione dalla Banca d’Italia, presentando un’adeguata struttura organizzativa.
Tra le principali criticità, non si può trascurare la mancata previsione di un coordinamento tra la nuova disciplina derivante dalla Direttiva NPL e la legge 130/1999 sulle cartolarizzazioni. Il mancato raccordo normativo genera una convivenza, non priva di ambiguità applicative, tra il regime delle cartolarizzazioni, che continuerà a essere disciplinato dalla normativa preesistente, e il nuovo regime delle cessioni di crediti deteriorati non cartolarizzati.
Di fatto, si assisterà a un doppio livello operativo: da un lato, le cartolarizzazioni continueranno a essere regolate secondo la legge 130/1999; dall’altro, le cessioni disciplinate dalla Direttiva NPL seguiranno un percorso autonomo.
In realtà, l’architettura delineata dalla Direttiva si avvicina molto a quella delle cartolarizzazioni: anche in questo caso, infatti, è prevista la nomina di un soggetto terzo per la gestione dei crediti (ex art. 106 TUB), la possibilità di delegare attività di recupero a terzi e l’obbligo di segnalazione in Centrale dei Rischi; ma manca un coordinamento tra le stesse che non potrà non essere gravido di sicure, seppur non auspicate, problematiche applicative.
La riforma del mercato degli NPL rappresenta dunque un cambiamento strutturale per il sistema finanziario italiano. L’apertura a nuovi operatori, bilanciata da maggiori tutele per i debitori e da standard più elevati di professionalità, è destinata a trasformare profondamente il mercato di riferimento. Il successo della riforma, che mira ad una maggiore liquidità del mercato, dipenderà, in ultima analisi, dalla capacità del sistema nel suo complesso, di adattarsi al nuovo quadro normativo e di saperne coglierne le potenzialità.
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*Giuseppe Carteni, partner dello studio legale LEAD