Covid-19: quarantena ridotta con un solo tampone, le sanzioni restano inalterate
La violazione della "quarantena dei positivi" è punita penalmente mentre quella "precauzionale" integra un illecito amministrativo
Nel corso della riunione dell’11 ottobre 2020 il Comitato tecnico scientifico, in considerazione dell’evoluzione della situazione epidemiologica, delle nuove evidenze scientifiche e delle indicazioni provenienti dall’OMS, ha ridefinito i periodi di quarantena e di isolamento fiduciario dei positivi sintomatici al virus SARS-CoV-2 e dei contatti stretti.
Il ministero della salute con la circolare del 12 ottobre 2020 ha recepito il parere formulato dal Cts e ha aggiornato le indicazioni riguardo la durata e il termine dell’isolamento e della quarantena, che scende a 10 giorni (anziché 14), prevedendo anche per i positivi un solo tampone in uscita.
La circolare chiarisce preliminarmente che:
- l’isolamento dei casi di documentata infezione da SARS-CoV-2 si riferisce alla separazione delle persone infette dal resto della comunità per la durata del periodo di contagiosità, in ambiente e condizioni tali da prevenire la trasmissione dell’infezione;
- la quarantena, invece, si riferisce alla restrizione dei movimenti di persone sane per la durata del periodo di incubazione, ma che potrebbero essere state esposte ad un agente infettivo o ad una malattia contagiosa, con l’obiettivo di monitorare l’eventuale comparsa di sintomi e identificare tempestivamente nuovi casi.
Casi positivi asintomatici
Diagnosi: confermata da test molecolare positivo
Isolamento: 10 giorni + tampone molecolare unico a fine quarantena
In base alla nuova circolare, le persone asintomatiche risultate positive alla ricerca del virus SARS-CoV-2 potranno rientrare in comunità dopo un periodo di isolamento di almeno dieci giorni dalla comparsa della positività, al termine del quale risulti eseguito un solo test molecolare con risultato negativo.
Casi positivi sintomatici
Diagnosi: confermata da test molecolare positivo
Isolamento: almeno 10 giorni (dei quali obbligatoriamente gli ultimi 3 in completa assenza di sintomi) + tampone molecolare unico a fine quarantena
Le persone sintomatiche risultate positive alla ricerca di SARS-CoV-2 possono rientrare in comunità dopo un periodo di isolamento di almeno dieci giorni dalla comparsa dei sintomi (non considerando anosmia e ageusia/disgeusia che possono avere prolungata persistenza nel tempo) accompagnato da un solo test molecolare con riscontro negativo eseguito dopo almeno 3 giorni senza sintomi.
Casi positivi asintomatici a lungo termine
Diagnosi: confermata da test molecolare positivo
Isolamento: almeno 21 giorni, con riscontro di positività al test molecolare effettuato al 10° e 17° giorno (nei casi asintomatici l’isolamento si interrompe comunque al 21° giorno in quanto le evidenze disponibili non documentano alcun caso di presenza di virus competente per la replicazione)
Quanto ai positivi asintomatici “a lungo termine” che non si negativizzano dopo 21 giorni, in caso di assenza di sintomatologia (fatta eccezione per ageusia/disgeusia e anosmia che possono perdurare per diverso tempo dopo la guarigione) da almeno una settimana, potranno interrompere l’isolamento dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi. Questo criterio potrà essere modulato dalle autorità sanitarie d’intesa con esperti clinici e microbiologi/virologi, tenendo conto dello stato immunitario delle persone interessate (nei pazienti immunodepressi il periodo di contagiosità può essere prolungato).
Contatti stretti asintomatici
Isolamento fiduciario: 10 giorni + tampone antigenico rapido o molecolare
I contatti stretti di casi con infezione da SARS-CoV-2 confermati e identificati dalle autorità sanitarie devono osservare:
- un periodo di quarantena di 14 giorni dall’ultima esposizione al caso;
- oppure un periodo di quarantena di 10 giorni dall’ultima esposizione con un test antigenico o molecolare negativo effettuato il decimo giorno.
In proposito la circolare raccomanda di:
- eseguire il test molecolare a fine quarantena a tutte le persone che vivono o entrano in contatto regolarmente con soggetti fragili e/o a rischio di complicanze;
- prevedere accessi al test differenziati per i bambini;
- non prevedere quarantena né l’esecuzione di test diagnostici nei contatti stretti di contatti stretti di caso (ovvero non vi sia stato nessun contatto diretto con il caso confermato), a meno che il contatto stretto del caso non risulti successivamente positivo ad eventuali test diagnostici o nel caso in cui, in base al giudizio delle autorità sanitarie, si renda opportuno uno screening di comunità;
- promuovere l’uso della App Immuni per supportare le attività di contact tracing.
Fonte ministeriale ed etero-integrazione del precetto
Questo rinnovato quadro (amministrativo) di riferimento va ad (etero)integrare - a livello di fonte secondaria - il precetto penale individuato dall’articolo 1, comma 6, del Dl n. 33/2020, convertito, con modificazioni, in legge n. 74/2020 (provvedimento che ha colmato la denunciata assenza, fino ad allora, di una disciplina di fonte primaria sulla quarantena).
I tempi e modi dell’accertamento della guarigione da COVID-19 sono rimessi a fonti subordinate alla legge. In punto di durata della quarantena il Dl n. 33/2020, come convertito, individua solo un termine indeterminato, facendo riferimento all’ accertamento della guarigione (rectius: negatività al virus) o, alternativamente, al ricovero in ospedale.
Quanto alla guarigione, l’esatta individuazione del momento finale della misura in esame - e del relativo divieto - è ricavabile dalla disciplina secondaria extrapenale: di qui la rilevanza (financo sanzionatoria) dell’odierna circolare ministeriale, siccome riduce - per gli asintomatici, anche di lunga durata, e per i sintomatici - la durata dell’isolamento, che passa da quattordici a dieci giorni, ed accelera le modalità di accertamento della negatività al virus, mediante l’effettuazione di un unico tampone.
Quanto all’altro momento finale della misura, alternativamente individuato dalla legge nel ricovero presso una struttura sanitaria o affine, residua il problema dell’ irrilevanza penale della condotta di chi, essendo stato ricoverato – e non essendo più ex lege sottoposto alla misura della quarantena – si allontani dal luogo di cura (v. G.L. Gatta, in sistemapenale.it, del 18 maggio 2020) .
La quarantena dei positivi - Il precetto di cui al citato articolo 1, comma 6, del Dl 33/2020, come convertito, pone il generale «divieto di mobilità dalla propria abitazione o dimora alle persone sottoposte alla misura della quarantena per provvedimento dell’autorità sanitaria in quanto risultate positive al virus COVID-19, fino all’accertamento della guarigione o al ricovero in una struttura sanitaria o altra struttura allo scopo destinata».
In termini analoghi, già l’articolo 1, comma 2, lettera e), del Dl n. 19/2020, convertito, con modificazioni, in legge n. 35/2020, mai abrogato - e valevole per le quarantene disposte illo tempore - individua[va], con diverse modalità applicative, un identico « divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena perché risultate positive al virus».
Il presupposto di fatto che legittima l’adozione di questa stringente misura - evidentemente limitativa di libertà costituzionali (si discute se ex articolo 13 o ex articolo 16 della Costituzione) è l’accertata positività all’infezione da SARS-CoV-2 mentre la novellata disciplina secondaria incide d’ora in poi sull’«accertamento della guarigione», ossia sul termine ultimo di applicazione della quarantena (e, quindi, sulla perduranza del divieto penalmente sanzionato).
L’atto impositivo resta il «provvedimento dell’autorità sanitaria », avente natura individuale, adottato per motivi di salute pubblica, da notificare ricettiziamente all’interessato (ma non sottoposto a convalida dell’autorità giudiziria).
In caso di violazione di questa misura - come oggi “rimodulata nei modi e nei tempi - l’articolo 2, comma 3, del Dl n. 33/2020, convertito, con modificazioni, in legge n. 74/2020 (in analogia a quanto stabiliva già l’articolo 4, comma 6, del citato Dl n. 19/2020), «salvo che il fatto costituisca violazione dell’articolo 452 del codice penale” [id est: epidemia colposa] o comunque più grave reato» [epidemia dolosa, omicidio o lesioni personali dolose o colpose], rinvia quoad poenam alla contravvenzione di cui all’articolo 260 del regio decreto n. 1265/1934 (Testo unico leggi sanitarie), non oblazionabile perché sanzionata con l’arresto da 3 a 18 mesi e con l’ammenda da 500 a 5.000 euro (pene così inasprite dall’articolo 4, comma 7, del Dl n. 19/2020, convertito in legge n. 33/2020).
Trattandosi di contravvenzione (di pericolo astratto) è commissibile anche solo con colpa. Il tentativo non è configurabile, come pure la recidiva non è contestabile.
La quarantena precauzionale dei contatti stretti - Quanto all’altra fattispecie, l’articolo 1, comma 7, del citato Dl n. 33/2020, come convertito, prevede a carico dei soggetti «che hanno avuto contatti stretti con soggetti confermati positivi al COVID-19 e agli altri soggetti individuati con i provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 2 del Dl 19/2020» l’applicazione «con provvedimento dell’autorità sanitaria»della « quarantena precauzionale o altra misura ad effetto equivalente, preventivamente approvata dal Comitato tecnico-scientifico di cui all’ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 630/2020».
Quanto ai destinatari di questa diversa misura, la disposizione, rispetto all’analoga previsione dell’articolo 1, comma 2, lettera e), del citato Dl n. 19/2020, riproduce l’indicazione dei « soggetti che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di soggetti positivi al virus COVID-19 » e aggiunge « altri soggetti indicati con i provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 2 del Dl n. 19 del 2020», quindi mediante Dpcm (il che ha suscitato dubbi di costituzionalità rispetto alla riserva di legge prevista dagli articoli 13 e 16 della Costituzione: G.L. Gatta, ibidem).
Il nuovo Dpcm del 13 ottobre 2020, agli articoli 5 e 6, prevede la sorveglianza sanitaria e l’isolamento fiduciario per quanti, nei « quattordici giorni » antecedenti all’ingresso in Italia [qui non è stato ridotto il corrispondente periodo a dieci giorni], di rientro da determinati paesi esteri (tra cui Australia, Canada, Armenia, Giappone, Romania, Moldova), manifestino sintomi COVID-19.
Per gli asintomatici che rientrano da detti paesi e da altri (tra cui la Francia, Belgio e Spagna) prevede invece obblighi di comunicazione all’autorità sanitaria locale, la cui violazione è sanzionata amministrativamente.
La violazione della quarantena precauzionale non integra la succitata contravvenzione di cui all’articolo 260 del Testo unico sanitario bensì l’illecito amministrativo previsto dall’articolo 4, comma 1, del Dl n. 19/2020, convertito, con modificazioni, in legge n. 35/2020, e richiamato dall’articolo 2, comma 1, del Dl n. 33/2020, convertito, con modificazioni, in legge n. 74/2020.
Il più basso “gradino” punitivo qui riservato si spiega in ragione della natura per l’appunto precauzionale di questa misura, indirizzata a soggetti non infetti, a differenza della quarantena dei positivi la cui violazione è ritenuta meritevole del più rigoroso regime penalistico in ragione del massimo grado del pericolo che essa comporta, per la salute pubblica e per l’effettività dell’azione di contrasto dell’epidemia in corso.