Covid: Consiglio Stato, sì a visite domiciliari dei medici di medicina generale
Gli USCAR, previsti dall'art. 4 bis del Dl n. 18/2020 sono quindi destinati ad operare in sinergia
Palazzo Spada accoglie il ricorso della Regione Lazio e ribalta la recente decisione del Tar, n. 11991/2020, che aveva ritenuto sussistente, sulla base dell'articolo 4 bis del Dl n. 18/2020, il divieto per i medici di medicina generale di effettuare visite domiciliari ai pazienti Covid in quarantena domiciliare.
Con la sentenza n. 8943/2020, pubblicata oggi, la Terza Sezione del Consiglio di Stato, in accoglimento dell'appello della Regione, ha infatti chiarito che "il senso della disposizione emergenziale in commento" non è quello di esonerare i medici di medicina generale, ma è solo "quello di alleggerire i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e i medici di continuità assistenziale, dal "carico" derivante dall'esplosione pandemica, affiancando loro una struttura capace di intervenire a domicilio del paziente.".
Gli USCAR, previsti dall'art. 4 bis del Dl n. 18/2020 sono quindi destinati ad operare in sinergia e nel rispetto delle competenze e prerogative dei medici di medicina generale e degli altri medici indicati, i quali, in scienza e coscienza e nel rispetto dei protocolli di sicurezza, possono continuare ad effettuare visite domiciliari, anche se il paziente è affetto da Covid 19.
"Le norme emergenziali - si legge nella decisione -, anche di carattere organizzativo, sono sempre norme speciali e derogatorie che si innestano in un contesto noto e presupposto dal legislatore, in modo da modellare l'assetto organizzativo ordinario e renderlo maggiormente idoneo a fronteggiare l'emergenza. E' chiaro, dal punto di vista della tecnica legislativa, che per raggiungere tale finalità non occorre confermare espressamente l'ultravigenza di tutte le norme organizzative ordinarie pregresse, vigendo il generale criterio esegetico secondo il quale continua ad applicarsi ciò che non è espressamente derogato dalla norma emergenziale".
"Esaminata la norma con le giuste lenti – prosegue il Cds -, e sgomberato il campo dalle suggestioni scaturenti dagli erronei postulati sopra esaminati, appare chiaro che il senso della disposizione emergenziale in commento sia quello di alleggerire i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e i medici di continuità assistenziale, dal "carico" derivante dall'esplosione pandemica, affiancando loro una struttura capace di intervenire a domicilio del paziente, a richiesta dei primi, ove questi, attanagliati da un fase di così diffusa morbilità e astretti dalle intuibili limitazioni temporali e fisiche, o anche legate all'indisponibilità temporanea di presidi efficaci, non possano recarsi al domicilio del paziente, o ritengano, in scienza e coscienza, nell'ambito della propria autonoma e libera valutazione medica, che sia necessaria o preferibile l'intervento della struttura di supporto".
"Nessuna deroga ai LEA, quindi – continua la decisione -, ma garanzia della loro effettività attraverso un supporto straordinario e temporaneo – gli USCAR - destinato ad operare in sinergia e nel rispetto delle competenze e prerogative dei medici di medicina generale e degli altri medici indicati".
"Trarre dalle disposizioni in commento – argomenta il Collegio -, un vero e proprio divieto per i medici di medicina generale di recarsi a domicilio per assistere i propri pazienti alle prese con il virus, come sostenuto in prime cure, costituirebbe, per converso, un grave errore esegetico, suscettibile di depotenziare la risposta del sistema sanitario alla pandemia e di provocare ulteriore e intollerabile disagio ai pazienti, che già affetti da patologie croniche, si vedrebbero (e si sono invero spesso visti), una volta colpiti dal virus, proiettati in una dimensione di incertezza e paura, e finanche abbandonati dal medico che li ha sempre seguiti".
"Del resto, seppur si volessero valorizzare le considerazioni dell'associazione appellata, nella parte in cui prospettano il rischio di u lteriore veicolazione del virus legato all'accesso domiciliare del medico di medicina generale, si tratterebbe comunque di rischi che dovrebbero essere previamente ponderati dal legislatore nell'ambito di una analisi multifattoriale, per poi eventualmente sfociare in un divieto chiaro ed espresso (che allo stato pacificamente difetta nel disposto dell'art. 4 bis cit), non potendosi certo far discendere, da tale ipotizzato rischio, un'esegesi normativa soppressiva del contributo che in questa fase i medici di medicina generale, i pediatri e i medici di continuità assistenziale possono e debbono dare unitamente alle USCAR nella lotta al virus".
"In ogni caso sussistono ormai chiari indici che tale rischio sia subvalente rispetto al fattivo contributo che le figure mediche or ora menzionate possono dare nella lotta alla diffusione del virus".
Inoltre conclude il Consiglio di Stato "le associazioni maggiormente rappresentative dei medici hanno già stipulato un accordo che va oltre la visita domiciliare (per la quale, com'anzi detto non c'era certo bisogno di nuovi accordi) e consente ai medici, in relazione alla grave situazione emergenziale che il Paese sta affrontando, e allo scenario epidemico che si prospetta per il periodo autunno-invernale, l'accesso domiciliare per l'effettuazione di tamponi antigenici rapidi o di altro test di sovrapponibile capacità diagnostica".