Civile

Curatore del fallimento: sull’istanza di revoca non è ammesso il ricorso straordinario per cassazione

immagine non disponibile

di Mario Finocchiaro

Anche nell'attuale disciplina (quale risultante delle modifiche del 2006 e del 2007) la nomina del curatore del fallimento e il mantenimento dell'ufficio rispondono alla esigenza, superindividuale e non riducibile al mero rapporto coi creditori, del corretto svolgimento e del buon esito della procedura. Permane, pertanto, la non configurabilità di una posizione soggettiva giuridicamente rilevante del curatore, cui corrisponde la natura meramente ordinatoria (di atto di amministrazione interno) e non decisoria tanto del decreto di accoglimento o di rigetto della istanza di revoca, tanto del provvedimento, di conferma o di riforma del decreto, emesso dalla corte di appello in sede di reclamo, provvedimento avverso il quale non è ammesso il ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'articolo 111 della Costituzione. Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza n. 5094 depositata lo scorso 13 marzo dalla prima sezione civile.

La revoca del curatore del fallimento - E' la prima volta - a quel che risulti - che la Suprema Corte ha occasione di pronunciarsi sulla questione specifica della revoca, da parte del tribunale, del curatore del fallimento, a seguito della novella.

Nel vigore della originaria formulazione dell'articolo 37 fallimentare (prima dell'inserimento dell'attuale ultimo comma dello stesso articolo, secondo cui, in particolare, contro il decreto di revoca o di rigetto della istanza di revoca, è ammesso reclamo alla corte di appello ai sensi dell'articolo 26; il reclamo non sospende l'efficacia del decreto), come evidenziato in motivazione, nella pronunzia in rassegna - sempre nella stessa ottica - si riteneva, che avverso il provvedimento di revoca del curatore fallimentare, pronunciato ai sensi dell'articolo 37 della legge fallimentare, non era ammissibile, da parte dello stesso curatore, del fallito o di qualunque altro interessato, né il reclamo alla Corte d'Appello ai sensi degli articoli 739 e 742 bis del Cpc, né il ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'articolo 111, comma settimo, della Costituzione, in quanto la norma dell'articolo 37 è dettata unicamente a tutela dell'interesse pubblicistico al regolare svolgimento della procedura concorsuale e può incidere solo indirettamente sull'interesse del curatore, con la conseguenza che il provvedimento di revoca di quest'ultimo ha natura amministrativa e ordinatoria ed è privo di portata decisoria su posizioni di diritto soggettivo (Cassazione, sentenze 3 settembre 2004 n. 17879; 17 giugno 1995 n. 6851).

Due indirizzi difformi - Peraltro, mentre secondo un primo indirizzo, il decreto con cui la corte d'appello dichiari inammissibile il reclamo proposto dal curatore fallimentare avverso il provvedimento con il quale il tribunale ne abbia disposto la revoca è legittimamente impugnabile con ricorso per cassazione ex articolo 111 della Costituzione, poiché, indipendentemente dalla verifica della ammissibilità o meno del detto reclamo (conseguente alla sussistenza o meno, nel decreto reclamato, del carattere della decisorietà, in difetto del quale esso risulta non impugnabile non solo mediante il detto reclamo, ma nemmeno mediante ricorso straordinario), e in via autonoma e pregiudiziale rispetto a tale questione, va riconosciuta l'esperibilità del rimedio di cui all'articolo 111 della Costituzione avverso un provvedimento che, dichiarando pregiudizialmente l'inammissibilità del reclamo, contiene pur sempre, a prescindere dalla natura delle posizioni sostanziali coinvolte, una decisione, non diversamente impugnabile, sul diritto processuale di azione (Cassazione, sentenza 5 ottobre 2000 n. 13271).

Diversamente, secondo altro indirizzo, il decreto della Corte d'Appello confermativo del provvedimento con il quale il Tribunale fallimentare ha revocato il curatore (ovvero ha respinto la proposta del giudice delegato o la richiesta di revoca del comitato dei creditori), avendo natura ordinatoria - in quanto gli articoli 28 e 37 legge fallimentare, i quali, rispettivamente, stabiliscono i requisiti per la nomina del curatore e disciplinano la revoca dell'incarico, sono dettati a tutela esclusiva dell'interesse pubblicistico al corretto svolgimento della procedura concorsuale, e solo indirettamente possono investire l'interesse dello stesso curatore, del fallito e di altri soggetti - non è impugnabile con ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'articolo 111 della Costituzione (Cassazione, sentenza 18 marzo 1995 n. 3161).

Per altri riferimenti , altresì, Cassazione, sezioni Unite, sentenza 27 ottobre 2011 n. 22378, secondo cui in tema di liquidazione coatta amministrativa, il provvedimento ministeriale di revoca del commissario liquidatore, emesso nel procedimento di liquidazione coatta amministrativa, ha carattere amministrativo e a fronte di esso la posizione del commissario liquidatore non ha natura di diritto soggettivo, bensì di interesse legittimo; ne consegue che, nonostante il richiamo portato dall'articolo 199 della legge fallimentare all'articolo 37 della stessa legge (che, nella formulazione introdotta dal decreto legislativo 9 gennaio 2006 n. 5, ammette il reclamo alla corte d'appello avverso il decreto di revoca o di rigetto dell'istanza di revoca del curatore), la controversia relativa al menzionato provvedimento ministeriale è attratta nella giurisdizione del giudice amministrativo.

Corte di cassazione - Sezione I civile - Sentenza 13 marzo 2015 n. 5094

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©