Danni in condominio, l'amministratore non ne risponde se l'assemblea rinuncia all'azione
Lo ha chiarito al Corte di cassazione, ordinanza n. 5645 depositata oggi
L'amministratore di condominio non può essere chiamato in causa per il risarcimento dei danni procurati da una ditta appaltatrice qualora, in ossequio ad una delibera assembleare, abbia rinunciato all'azione di responsabilità. Lo ha chiarito al Corte di cassazione, ordinanza n. 5645 depositata oggi, dichiarando inammissibile il ricorso di un condomino avvocato (e della moglie), contestualmente segnalato all'ordine.
In primo grado, il Tribunale di Ravenna aveva già respinto la domanda di accertamento dei vizi e di condanna al risarcimento danni nei confronti sia del condominio che dell'amministratore per la rottura, da parte di una impresa di manutenzione, della porta del terrazzo e dei vetri dell'unità immobiliare poi comprata dagli attori. All'epoca della ristrutturazione del lastrico solare, infatti, i ricorrenti infatti non avevano ancora acquistato l'appartamento e dunque non potevano considerarsi legittimati attivi alla domanda risarcitoria. Non solo, l'assemblea condominiale il 14 agosto 2009 aveva deliberato di rinunciare all'esercizio di azioni giudiziarie nei confronti della ditta. Sollevato appello, la Corte territoriale di Bologna ha dissertato in sentenza in ordine alla natura di "organo" non necessario dell'amministratore di condominio e ne ha quindi negato ogni responsabilità, ricordando peraltro che egli è vincolato alla delibera dell'assemblea.
Proposto ricorso, la Cassazione ha per prima cosa ricordato che "nel caso di trasferimento di un immobile, cui con opere e fatti di qualsiasi genere siano stati apportati danni da terzi, il diritto al risarcimento del danno causato dall'immutazione, per la sua natura di diritto di credito, non si trasferisce insieme alla proprietà senza un patto espresso di cessione". "Sicché - prosegue la decisione - deve escludersi la risarcibilità in favore dell'acquirente delle serie di degradazioni e deprezzamenti verificatisi prima del momento del suo acquisto".
"Va poi affermato - continua la decisione - che l'assemblea dei condomini, avendo il potere di autorizzare l'amministratore ad agire in giudizio per l'esercizio di diritti che, pur riferentesi alle parti comuni dell'edificio condominiale, non rientrino nella rappresentanza giudiziale attiva del condominio attribuita all'amministratore dall'art 1131 c.c., è legittimata a rinunciare all'azione nei confronti dell'appaltatore, che abbia eseguito opere di manutenzione dell'edificio, per eliminare i vizi ed i difetti in esse riscontrati, senza che tale delibera possa invadere la sfera dei diritti riservati ai singoli condomini". I singoli condomini, infatti, "possono liberamente fare valere nei confronti dell'appaltatore il diritto al risarcimento di eventuali danni ad essi derivanti dalla cattiva esecuzione dell'appalto".
Tuttavia, prosegue la decisione, si deve tener conto che "una tale deliberazione assembleare determina l'insorgere del potere-dovere dell'amministratore, ex art. 1130, n. 1, c.c., di darne attuazione, sicché la stessa non può integrare un fatto illecito idoneo a fondare una responsabilità risarcitoria personale dell'amministratore, oppure una condanna al risarcimento del danno del condominio, quale centro di imputazione degli atti e delle attività compiute dalla collettività condominiale e delle relative conseguenze patrimoniali sfavorevoli".
Infine, il Collegio ritenute "dispregiative", nei confronti del relatore, alcune espressioni contenute nella memoria dell'avvocato ricorrente -"Il relatore non deve avere letto il ricorso perché, diversamente, avrebbe dichiarato il falso"; "Altrettanto pretestuosa (..) "; "arbitrarie decisioni sia della Corte territoriale che del relatore" ecc. – ha ravvisato una inosservanza, da parte del legale, del dovere di lealtà e probità (ex art. 88, co. 2, c.p.c.), e ne ha inviato notizia al Consiglio distrettuale di disciplina forense di Bologna per l'eventuale esercizio del potere disciplinare.