Civile

Depositi via Pec, gli avvocati chiedono regole certe non appelli alla "benevolenza" dei giudici

In caso di tilt informatici va prevista la sospensione dei termini; a Milano il Riesame non accetta ricorsi via Pec

di Francesco Machina Grifeo

Giustizia telematica nel caos. Dal civile al penale, l'assenza di regole certe – per esempio, cosa succede in caso di tilt informatici? – ha trasformato il deposito degli atti in una lotteria, con regole diverse anche a seconda dell'orientamento dei tribunali.

A Milano il Riesame non accetta impugnazioni via Pec. A Napoli, in un documento ufficiale, il vicepresidente della Corte d'Appello si è appellato alla "benevolenza" dei colleghi magistrati invitandoli a concedere l'agognata remissione in termini chiesta dai legali, per via del blocco dei server che ha impedito i depositi telematici.

Intanto, il Presidente del Consiglio Nazionale Forense, Maria Masi, ha invitato il Ministro della Giustizia Bonafede ad intervenire con un proprio decreto che dichiari il fermo degli uffici giudiziari. Per "evitare valutazioni, caso per caso", "più che la concessione da parte del singolo magistrato della rimessione in termini di cui all'art. 153", si legge in una lettera inviata dalla Presidente Masi a Via Arenula, occorre attivare - per i distretti di Napoli, Catanzaro, Reggio Calabria, Salerno, Potenza, Campobasso, Bari e Lecce - la procedura prevista dal Dlgs n. 437/ 1948 relativa alla "Proroga dei termini di decadenza in conseguenza del mancato funzionamento degli uffici giudiziari".

Si tratta, spiega la nota del Cnf, di uno strumento di carattere generale, attivabile ai sensi dell'art. 1: "Qualora gli uffici giudiziari non siano in grado di funzionare regolarmente per eventi di carattere eccezionale". In base al quale, conclude la missiva, "per quanto attiene, ai termini di decadenza per il compimento di atti presso gli uffici giudiziari scadenti durante il periodo di mancato o irregolare funzionamento, o nei cinque giorni successivi, sono prorogati di quindici giorni, a decorrere dal giorno in cui è pubblicato in gazzetta ufficiale il DM".

L'interpretazione data dal Tribunale del Riesame di Milano, "preoccupa moltissimo" gli avvocati della Camera penale. "Ci sembra – affermano – che trasmetta la volontà (isolata, ci auguriamo) di non procedere verso la informatizzazione del deposito degli atti da parte dei difensori", nemmeno "in un momento di grossa tensione sanitaria". I penalisti spiegano che il "Presidente della sezione Riesame ha informato il Presidente del Tribunale che la sezione Riesame ritiene inammissibili tutte le impugnazioni presentate tramite Pec" è "ciò in forza della interpretazione che i Giudici della sezione Riesame danno oggi alla normativa esistente, anche sulla base di una ultima decisione della Cassazione".

Il riferimento è alla sentenza n. 2840 del 2020. Per i penalisti tuttavia la decisione della Cassazione "è superata dall'emissione del decreto ministeriale del 9 novembre 2020 che indica quali siano le Pec a cui trasmettere gli atti, nonché quali siano le modalità di formazione degli atti digitali". Gli avvocati a Milano, però, "dovranno presentarsi, per ora, al Tribunale del Riesame per non veder dichiarata inammissibile la loro impugnazione".

Sul fronte civilistico il tilt informatico del fine settimana ha impedito il deposito degli atti da parte di molti avvocati. Le Camere civili con una certa preveggenza, in una nota di qualche giorno fa, avevano scritto: "A qualcuno non resta che affidarsi al buon cuore del giudice di turno, sperando che autorizzi una remissione in termini". Aggiungendo che "è chiaramente un assurdo", ed "occorre stabilire una volta per tutte che ogni qualvolta vi siano disfunzioni del sistema tutti i termini processuali connessi con il suo utilizzo devono restare sospesi".
Ebbene, un decreto dell'Ufficio di Presidenza della di Corte di appello di Napoli rivolge ai magistrati proprio l'invito a "valutare con sufficiente benevolenza eventuali richieste di remissione in termini...".

"Sono certo - scrive il Presidente delle Camere civili de Notaristefani - che le intenzioni di chi ha rivolto quell'invito fossero le migliori; ma giudico inaccettabile che il rispetto del diritto di difesa venga predicato in termini di benevolenza: quel rispetto costituisce un dovere per tutti, ed in primo luogo per i giudici, non una concessione graziosa di un sovrano, che la elargisce oppure no secondo il suo piacere".

Del resto, prosegue, "nessun avvocato è incorso in decadenze, tanto da dover implorare remissioni in termini ex art. 153 comma 2: noi gli atti li abbiamo trasmessi, e tempestivamente. Se il Ministero della giustizia non è stato in grado di acquisirli per tempo, ha un problema che deve risolvere, se non vuole rispondere dei danni arrecati". E se un giudice dovesse decidere di giudicare senza un atto che è stato trasmesso tempestivamente, credo sarebbe difficile assai evitare la sanzione di nullità di tutta la attività successiva".

"Per questo - conclude -, serve non benevolenza, ma un provvedimento normativo che consenta la sospensione di tutti i termini, sia ora che in futuro, mediante una procedura agile ed immediata, oggi che tutto dipende dal Pct".

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