Penale

Detenzione di materiale pedopornografico anche se i file sono nella cartella "eliminati"

Lo ha affermato la Corte di cassazione, sentenza n. 43615 depositata oggi

di Francesco Machina Grifeo

In caso di detezione di materiale pedopornografico, non sfugge all'aggravante per la "ingente quantità" chi abbia cancellato una parte delle foto contenute nello smartphone, comunque rinvenibili nella cartella "eliminati di recente". Lo ha affermato la Corte di cassazione, sentenza n. 43615 depositata oggi, riagganciandosi a una analoga giurisprudenza in merito al trasferimento di file all'interno della cartella "cestino" di un personal computer.

Respinto dunque il ricorso di un uomo condannato dalla Corte di appello di Brescia alla pena di 5 anni e 22mila euro di multa (oltre che per il reato previsto dal 600-quater, commi 1 e 2, anche per il 600-ter comma 1, n. 1 e il 609 undecies) perché trovato in possesso di 95 foto e 19 video di minori in parte da lui stesso sollecitati via social. Mentre le 35 foto "cancellate" non sono valse a eliminare l'aggravante per la rilevante quantità.

Come nel caso del pc, argomenta la Corte, dove i file "restano comunque disponibili mediante la semplice riattivazione dell'accesso al file ", così nel caso di uno smartphone benché non sia previsto "l'inserimento delle stesse in un cestino, tanto il sistema Android che quello degli smartphone Apple consentono procedure piuttosto elementari e di comune conoscenza per ripristinare le immagini eliminate non in modo permanente". E nel caso specifico, "le immagini, recuperate e sequestrate, si trovavano in una cartella del cellulare denominata "eliminati di recente" e, quindi, erano di facile ed immediato ripristino".

Per la III Sezione penale deve, quindi, affermarsi che "ai fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 600-quater cod.pen, non ha alcuna rilevanza il trasferimento di foto pedopornografiche nella cartella del cellulare denominata 'eliminati di recente' in quanto le stesse restano comunque disponibili mediante una semplice operazione di ripristino delle foto".

Inoltre, la Corte ricorda che il reato in questione è integrato anche dall'accertato possesso di file pedopornografici, "pur se successivamente definitivamente cancellati dalla memoria accessibile del sistema operativo di personal computer, in quanto l'avvenuta cancellazione determina solo la cessazione della permanenza del reato e non, invece, un'elisione ex tunc della rilevanza penale della condotta per il periodo antecedente alla eliminazione dei file sino a quel momento detenuti". Ragion per cui, conclude sul punto, non è neppure rilevante la deduzione difensiva secondo cui la permanenza delle foto nella cartella "eliminati di recente" non era definitiva ma soggetta ad una durata temporanea limitata.

Inoltre, la Corte ha confermato la condanna per il delitto di pornografia minorile, art. 600-ter, che punisce anche colui che pur non realizzando materialmente la produzione di materiale pedopornografico abbia istigato o indotto il minore a farlo. Per i giudici infatti "risulta evidente la configurabilità del reato contestato, in quanto la condotta di produzione aveva un carattere abusivo per le modalità ingannevoli - evidenziate dalla Corte territoriale - con le quali l'imputato induceva i minori alla realizzazione di materiale pornografico". E questo grazie alla dissimulazione della propria età attraverso la creazione di un falso profilo con la pubblicazione di una foto ritratto di un ragazzo di circa 17 anni; l'utilizzo del tipico slang giovanile. Tutti elementi, conclude la decisione, "che avevano impedito alle giovani vittime di porre in essere idonei meccanismi di difesa".

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