Dibattimento a distanza, da eccezione a regola
Le modifiche adottate nella materia della partecipazione a distanza nel processo sono contenute nei commi 77, 78, 79 80 e 81 dell'articolo unico della legge 23 giugno 2017 n. 103 di modifica dell'ordinamento penale, sia sostanziale che processuale, nonché dell'ordinamento penitenziario.
Dibattimento a distanza - Si novella innanzitutto l'articolo 146-bis delle disposizioni di attuazione al Cpp, prevedendo il comma 77 che «la partecipazione al dibattimento della persona che si trova in stato di detenzione per taluno dei delitti indicati nell'articolo 51, comma 3-bis, nonché e dell'articolo 407, comma 2, lettera a) n. 4 del codice, partecipa a distanza alle udienze dibattimentali dei processi nei quali è imputata, anche relativi a reati per i quali sia in libertà». Tale disciplina si applica anche alle udienze penali e civili nelle quali il detenuto deve essere sentito come teste.
La scelta dell'obbligatorietà della partecipazione a distanza (che fino a oggi investe solo i soggetti sottoposti al carcere duro ex articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario) viene estesa anche alla persona ammessa a programmi o a misure di protezione partecipa a distanza alle udienza dibattimentali dei processi nei quali è imputata (articolo 146-bis, comma 1-bis)
Le profonde modifiche operate all'articolo 146-bis delle norme attuative del codice di rito si estendono anche al rito camerale, avendo il comma 78 cambiato in tal senso l'articolo 45-bis delle disposizioni di attuazione.
Anche per il giudizio abbreviato che si svolge in udienza pubblica, l'articolo 134-bis delle disposizioni di attuazione viene modificato dal comma 79 nella medesima direzione, equiparandolo in toto al giudizio dibattimentale.
Stesso discorso per il procedimento di prevenzione, ove il comma 80 sancisce la regola dell'esame a distanza dei testimoni per effetto della modifica nell'articolo 7, comma 8, del Codice antimafia (decreto legislativo n. 159 del 2011), e l'inserimento del riferimento agli articoli 146-bis e 147-bis delle norme di attuazione.
Il comma 81 prevede, infine, che le modifiche alla nuova disciplina della partecipazione a distanza appena indicate acquistano efficacia decorso un anno dalla pubblicazione della legge nella Gazzetta ufficiale. Una deroga è introdotta – e quindi la relativa disciplina sarà immediatamente efficace – in relazione all'esame a distanza nel dibattimento (comma 77) quando la persona sia detenuta in quanto ritenuta al vertice di associazioni mafiose , terroristiche o dedite al traffico di droga.
Da eccezione a regola - Il primo dato di profonda innovazione che emerge dalla lettura delle modifiche introdotte, è che la partecipazione a distanza da eccezione legata alla sussistenza di certi parametri, diviene la regola per tutti i processi cui è sottoposta la persona che sia detenuta per uno dei gravi reati ivi indicati.
Non è più necessario un provvedimento del giudice (né una richiesta in tal senso) che verifichi la sussistenza di gravi ragioni di sicurezza o di ordine pubblico o la particolare complessità del dibattimento, quando la partecipazione a distanza risulti necessaria a evitare ritardi nel suo svolgimento.
Anche se si trattava di una scelta discrezionale del giudice che aveva un margine di manovra molto ampio in considerazione della scarsa determinatezza dei presupposti applicativi, occorreva pur sempre, a seconda dei casi, un decreto o un'ordinanza per motivare la propria decisione (vincolando, in qualche misura, la discrezionalità).
Adesso è invece previsto un automatismo in presenza di uno status detentionis per le fattispecie di reato indicate nell'articolo 51, comma 3-bis, e nell'articolo 407, comma 2, lettera a) n. 4 del Cpp. Automatismo, come vedremo infra, che crea una forte tensione con alcuni principi costituzionali.
Rafforzamento del doppio binario o presunzione di pericolosità? - Le modifiche della partecipazione a distanza vengono ricondotte nell'ottica del rafforzamento del cosiddetto doppio binario, ove la partecipazione al contraddittorio per questi reati è già fortemente pregiudicata dall'articolo 190-bis del Cpp, secondo il quale nei procedimenti sempre per i reati di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del Cpp, quando è richiesto l'esame di un testimone o di una persona indicata nell'articolo 210 del Cpp e queste hanno già reso delle dichiarazioni in sede di incidente probatorio o in dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate ovvero dichiarazioni i cui verbali sono stati acquisiti a norma dell'articolo 238 del Cpp, l'esame è ammesso se riguarda nuove circostanze ovvero se ritenuto necessario.
Tuttavia, sembra si sia andati oltre alla logica del doppio binario processuale in quanto il processo in corso in cui si effettua la videoconferenza non deve essere più necessariamente in materia di criminalità organizzata. Ciò che rileva è lo stato detentivo per una dei reati di grave allarme sociale: è questo presupposto che fa scattare l'obbligo dei collegamenti audio visivi. Peraltro, la partecipazione a distanza viene estesa finanche al caso in cui il detenuto “speciale” deve essere sentito come testimone nelle udienze penali e civili.
Ne consegue che si procede a distanza, non solo laddove (come già previsto) il detenuto debba essere sentito come testimone (la novità in questo caso riguarda piuttosto l'estensione dell'istituto alle testimonianze nell'ambito delle udienze civili), ma anche quando il detenuto sia imputato in altro procedimento per il quale lo stesso sia “in libertà”, prescindendo dunque dalla natura e dalla rilevanza del processo.
Com'è stato ben affermato, «l'estensione della partecipazione obbligatoria a distanza in situazioni differenti da quelle in cui il soggetto ha un ruolo di imputato e che contribuiscono a delineare quello che potremmo definire uno statuto processuale del detenuto – anche in attesa di giudizio o condannato, non necessariamente in via definitiva – per reati di criminalità organizzata, spostando l'accento dall'oggetto del procedimento in corso alla causa di detenzione. Una sorta di diritto processuale penale d'autore, quasi una presunzione (assoluta) di pericolosità (di dubbia costituzionalità) che fa ricadere una stigma pesantissimo sulla persona detenuta per reati di criminalità organizzata, destinato a divenire permanente dopo la condanna definitiva. Con un chiaro vulnus, nel caso di testimonianza, del principio del contraddittorio nella sua dimensione oggettiva, quale metodo di accertamento nel processo penale» (Lorusso).
L'eccezione (e la contro-eccezione) alla “nuova” regola del processo a distanza - Il comma 1-ter dell'articolo 146-bis delle disposizioni di attuazione consente di derogare al principio della obbligatorietà della partecipazione al distanza per alcuni reati (a esclusione dei sottoposti al 41-bis), attribuendo al giudice il potere di disporre, con decreto motivato, anche su istanza di parte, la presenza alle udienza «qualora lo ritenga necessario».
In verità, proprio in forza di quanto previsto dal comma 1 ter, le presunzioni di necessarietà della partecipazione a distanza per determinate categorie di soggetti e di piena surrogabilità della presenza fisica in aula si tramuterebbero in presunzioni “relative”, che, in quanto tali, potrebbero in linea di massima essere in grado di reggere a eventuali vagli di legittimità; un uso sapiente di tale clausola potrebbe infatti impedire che il dibattimento assuma, in talune ipotesi, «una dimensione quasi surreale» (Spangher).
Il presupposto applicativo è, tuttavia, troppo generico e non riesce a veicolare entro parametri definiti il potere discrezionale del giudice, rendendo evanescente il successivo controllo motivazionale.
A ristabilire, in ogni caso, che il dibattimento a distanza rappresenterà la “normalità” dei detenuti speciali (qualunque sia la natura del procedimento che ha originato lo status detentionis), ci pensa il successivo comma 1-quater, che, quale norma di chiusura, riferibile in generale a qualunque processo, attribuisce al giudice la possibilità di disporre la partecipazione a distanza «qualora sussistano ragioni di sicurezza, qualora il dibattimento sia di particolare complessità e sia necessario evitare ritardi nel suo svolgimento, ovvero quando si deve assumere la testimonianza di persona a qualunque titolo in stato di detenzione presso un istituto penitenziario».