Penale

Difesa sempre legittima? Occorre ricostruire il fatto in modo accurato

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di Guido Camera

Le indicazioni sulla “difesa sempre legittima” che provengono dalla sentenza 49883 della Cassazione, depositata lo scorso 10 dicembre, sono eterogenee, e tutte importanti.
I primi commentatori ne hanno evidenziato la conseguenza più rilevante, ovvero l’applicazione retroattiva delle modifiche apportate dalla legge 36/2019 all’articolo 55 del Codice penale, che disciplina l’eccesso colposo della legittima difesa.

La sentenza, confortata da un altro precedente della Cassazione (28782/2019), è lapidaria: «la disposizione introdotta dalla ‘novella’, che, all’evidenza, restringe l’ambito del penalmente rilevante ravvisando una – del tutto nuova – causa di non punibilità che accede all’istituto dell’eccesso colposo in legittima difesa è certamente applicabile anche ai fatti pregressi». L’unico sbarramento per l’applicazione retroattiva del nuovo articolo 55, secondo la Corte, è costituito dal giudicato: nello stabilire il principio richiamato, infatti, i giudici hanno espressamente richiamato l’articolo 2, comma 4, del Codice penale, per cui «se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile».

L’approccio è restrittivo, e non si può escludere che ne venga sollecitata una rivisitazione: se, infatti, l’attuale formulazione dell’articolo 55 ha introdotto una nuova causa di giustificazione – esclude la rilevanza penale di una condotta che prima era reato – appare più appropriato parlare di “abolitio criminis”.

La conseguenza di tale interpretazione sarebbe la revocabilità delle condanne già passate in giudicato per eccesso colposo di legittima difesa; l’articolo 2, comma 2, del Codice penale, infatti, stabilisce che «nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali».

Un altro tema centrale della sentenza della Cassazione riguarda l’importanza di una ricostruzione accurata del fatto, alla luce dell’efficacia esimente attribuita dalla legge 36 a elementi particolarmente difficili da dimostrare, come lo stato di «grave turbamento» dell’aggredito, o l’effettiva desistenza dell’aggressore: non a caso, la sentenza d’appello è stata annullata con rinvio per consentire al giudice di merito di ricostruire con precisione se l’imputato, facendo fuoco contro il ladro che si trovava nel terreno sottostante all’abitazione, «abbia commesso il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità, piuttosto che soltanto dei beni, poiché la nuova causa di non punibilità opera soltanto nel primo caso; in secondo luogo, superato positivamente il primo vaglio, se abbia agito in stato di minorata difesa ovvero di grave turbamento derivante dalla situazione di pericolo in atto».

Proprio il condivisibile monito lanciato dalla Cassazione in merito alla ricostruzione del fatto, tuttavia, non consente di sposare i passaggi motivazionali in cui si è esclusa la sussistenza della legittima difesa in senso stretto, in base al nuovo articolo 52 del Codice penale. Se è vero che, come scrivono i giudici di legittimità, continua «a trovare applicazione il principio secondo cui è configurabile l’esimente della legittima difesa solo qualora l’autore del fatto versi in una situazione di pericolo attuale per la propria incolumità fisica, tale da rendere necessitata e priva di alternative la sua reazione all’offesa mediante aggressione», non può essere sottovalutato che, in più punti della sentenza, è spiegato che il ladro, nonostante il padrone di casa si fosse accorto della sua presenza, si era posizionato nel terreno antistante l’abitazione (un edificio isolato di campagna), «mantenendo l’atteggiamento attendista di chi non aveva ancora abbandonato l’idea di commettere il reato».

Quest’ultima circostanza sembra essere stata un po’ sottovalutata dalla Cassazione, ai fini della qualificazione della condotta come legittima difesa, oppure eccesso colposo depenalizzato: infatti, il nuovo articolo 52 espressamente stabilisce che la presunzione di proporzione della difesa «sussiste sempre» quando l’aggredito all’interno del proprio domicilio agisce per difendere la propria o altrui incolumità, oppure i beni propri o altrui «quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione». Una situazione, quest’ultima, molto simile all’atteggiamento del ladro che, scoperto in flagrante, non si dia alla fuga, ma rimanga nelle vicinanze del bersaglio del suo crimine con la speranza di poterlo portare a compimento.

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