Penale

Diffamazione via e-mail, la competenza si radica dove il messaggio viene "scaricato"

Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 38144 depositata oggi

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di Francesco Machina Grifeo

Nel caso di mail a contenuto diffamatorio, il reato si consuma con il "recapito" della missiva elettronica presso il computer del destinatario. È in quel momento, dunque, che si radica anche la competenza a giudicare. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 38144 depositata oggi, respingendo il ricorso di un uomo condannato dal Tribunale di Palermo a seguito dell'invio a centinaia di indirizzi di un messaggio di posta elettronica ritenuto offensivo dell'onore e della reputazione, che aveva lamentato l'incompetenza territoriale del capoluogo siciliano.

Secondo il ricorrente, infatti, non era possibile determinare l'effettivo luogo di consumazione del reato, dal momento che il messaggio diffamatorio era stato inviato a 450 destinatari. La competenza territoriale non poteva radicarsi nel luogo di ricezione, come ritenuto dai giudici del merito, dovendo piuttosto essere determinata o nel luogo di trasmissione o in quello del domicilio dell'imputato.

Di diverso avviso la V Sezione penale. Il reato di diffamazione, si legge nella decisione, è un reato di evento, che si consuma nel momento e nel luogo in cui soggetti terzi rispetto all'agente ed alla persona offesa percepiscono l'espressione offensiva. E l'e-mail è una "comunicazione diretta a destinatario predefinito ed esclusivo (anche quando plurimi siano i soggetti cui viene indirizzata), al quale viene recapitata informaticamente presso il server di adozione, collegandosi al quale attraverso un proprio dispositivo e utilizzando delle chiavi di accesso personali, questi può prenderne cognizione".

Nell'ipotesi dell'invio di messaggi di posta elettronica, diversamente dunque da quanto accade per gli scritti, le immagini o i file vocali caricati su siti web o diffusi sui social media, "il requisito della comunicazione con più persone non può presumersi sulla base dell'inserimento del contenuto offensivo nella rete (e cioè, nel caso di specie, della loro spedizione), ma è necessaria quantomeno la prova dell'effettivo recapito degli stessi, sia esso la conseguenza di un'operazione automatica impostata dal destinatario ovvero di un accesso dedicato al server". In altri termini è sufficiente la prova che il messaggio sia stato ‘scaricato' - e cioè trasferito sul dispositivo dell'utente dell'indirizzo -, "mentre l'effettiva lettura può presumersi, salvo prova contraria".

Nel caso di specie, conclude la decisione, la prova è stata raggiunta "quantomeno con riguardo a due dei destinatari del messaggio", e questa è una condizione sufficiente a considerare il luogo di consumazione del reato "quello in cui la ricezione del messaggio è avvenuta, correttamente identificato nella città di Palermo per entrambi i destinatari sulla base di quanto dichiarato dagli stessi nel processo e non contestato dal ricorrente".

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