Amministrativo

Diritto connesso ed equo compenso degli editori, Agcom vara il primo provvedimento

Determinato l’ammontare dell’equo compenso dovuto da Microsoft per l’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico del Gruppo GEDI - In discussione anche la definizione di “estratto molto breve”

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di Lucia Maggi*

Diritto connesso ed equo compenso degli editori di giornali. Normativa e ruolo dell’Agcom

Nella riunione del 24 luglio scorso, il Consiglio dell’Autorità ha deliberato l’ammontare dell’equo compenso dovuto al gruppo GEDI da parte di Micorsoft per l’utilizzo delle pubblicazioni di carattere giornalistico del noto gruppo editoriale sul motorie di ricerca Bing. Si tratta della prima delibera adottata da Agcom in ossequio al recepimento ed all’attuazione della Direttiva Copyright in Italia.

La delibera in esame ha ad oggetto il tema del diritto “connesso” degli editori giornalistici e del cd “equo compenso per l’utilizzo online di pubblicazioni giornalistiche, individuate dall’art 15 Direttiva Copyright (Direttiva 2019/790 dell’UE) e recepito in Italia con il D.lgs 177/2021 che ha modificato la Legge sul Diritto d’Autore (L. 633/1941 e s.m.i. anche detta “LDA”).

La norma è stata introdotta dal legislatore europeo allo scopo di colmare lo squilibrio di ricavi (il cd. value gap) tra le piattaforme online e i titolari dei diritti sulle pubblicazioni giornalistiche.

L’intento è stato tradotto dal legislatore nazionale con il novello articolo artt. 43 bis LDA.

La norma individua in favore degli editori il diritto esclusivo di autorizzare la riproduzione e la comunicazione al pubblico, tramite il web, delle pubblicazioni giornalistiche ed obbliga i prestatori di servizi della società dell’informazione a riconoscere loro un equo compenso per l’utilizzo online delle opere (art. 43 bis, c. 8). Una quota compresa tra il 2% e il 5% di tale equo compenso va riconosciuta poi dagli editori agli autori delle opere (art. 43 bis, c. 13).

I prestatori di servizi, quali motori di ricerca, piattaforme social e altri aggregatori di contenuti online, sono quindi obbligati dalla Legge a negoziare con gli editori un accordo per l’utilizzo delle opere giornalistiche.

È in questa fase che assume rilievo l’AgCom.

La Legge prevede infatti che la negoziazione tra editori e piattaforme vada condotta tenendo conto dei criteri stabiliti dall’Autorità, ossia quelli individuati dal Regolamento approvato con la Delibera. 03/2023/Cons.

L’art. 4 del Regolamento stabilisce, nello specifico, i criteri per la negoziazione con i c.d. Over The Top (OTT), quelle imprese che forniscono, attraverso la rete Internet, servizi, contenuti e applicazioni di tipo “ rich media ”, che traggono ricavo, in prevalenza, dalla vendita di contenuti e servizi tramite concessionari agli utenti finali o di spazi pubblicitari.

Il Regolamento attribuisce poi la facoltà alle parti, in caso di mancato raggiungimento di un accordo sull’equo compenso, di formulare una richiesta di intervento dell’Autorità, attivando così una procedura amministrativa finalizzata alla determinazione dell’equo compenso.

Nel caso di specie, l’AgCom, investita della richiesta di intervento, dopo aver valutato le proposte economiche formulate dalle parti e averle ritenute non conformi ai criteri di cui all’articolo 4 del Regolamento, ha determinato con provvedimento l’equo compenso spettante a GEDI, quantificandolo in 364.369,00 dollari (335.330,00 euro) per il 2021 e 427.593,00 dollari (393.510,00 euro) per il 2022.

I criteri adottati dall’Agcom. Elementi di discussione

Come risulta dal Comunicato del 25/07/2024, l’equo compenso dovuto agli editori è stato calcolato sulla base dei ricavi pubblicitari del prestatore derivanti dall’utilizzo online delle pubblicazioni, al netto dei ricavi dell’editore attribuibili al traffico di reindirizzamento generato sul proprio sito web dalle pubblicazioni utilizzate online dal prestatore.

A tale base di tale calcolo è stata applicata un’aliquota fino al 70% determinata sulla base dei criteri elencati al comma 3 dell’articolo 4 del Regolamento.

Nel determinare la base di calcolo, l’Autorità avrebbe altresì tenuto conto dei “ meccanismi di funzionamento dei servizi del prestatore e del relativo modello di business ”, come richiesto dall’art. 4 comma 2 del Regolamento, considerando nel dettaglio i meccanismi di funzionamento del motore di ricerca Bing.

Infine, l’Autorità si è espressa sulla definizione di “estratto molto breve”.

Il Regolamento Agcom definisce in genere l’“estratto molto breve” come qualsiasi porzione di pubblicazione di carattere giornalistico che non dispensi dalla necessità di consultazione dell’articolo giornalistico nella sua integrità, aderendo alla scelta del legislatore nazionale di adottare un criterio qualitativo, fondato non già su una quantificazione presuntiva e preventiva quanto su caratteristiche intrinseche dell’informazione fornita in estratto.

Il tema è rilevante in quanto la Legge prevede talune eccezioni ai diritti esclusivi riconosciuti agli editori di pubblicazioni giornalistiche online, e tra queste rientrano l’utilizzo di collegamenti ipertestuali, singole parole o “estratti molto brevi. In queste ipotesi, la riproduzione online sarebbe permessa senza bisogno di autorizzazione dell’editore (art. 43 bis, c. 6).

Proprio il tema della definizione di “estratto molto breve” ha suscitato talune perplessità in seno al Consiglio, in particolare nella commissaria Elisa Giomi, unico soggetto ad aver espresso voto contrario alla delibera relativa al caso Microsoft – Gedi.

Secondo la commissaria, ai fini del calcolo dell’equo compenso gli “estratti molto brevi” sarebbero stati equiparati ad articoli integrali, con ciò individuando una criticità nella procedura di determinazione del compenso e una contraddizione con l’intento del legislatore europeo. Quest’ultimo, infatti, ha espressamente escluso dal novero delle utilizzazioni in relazione alle quali sorge un diritto all’equo compenso l’accesso alle news mediante hyperlink e per snippets o fatti di una sola parola.

Ulteriore elemento attenzionato dalla commissaria e motivo di preoccupazione è quello legato alla base di calcolo individuata dall’Agcom, non basata sull’effettivo utilizzo dei brevi estratti da parte della piattaforma Bing, ma attraverso una stima dei ricavi pubblicitari del motore di ricerca. Il timore in questo senso è che il meccanismo possa risultare troppo oneroso e sproporzionato per le piattaforme e conseguentemente portare i grandi prestatori a rivalutare l’opportunità e la convenienza di utilizzare i contenuti giornalistici.

L’impatto del provvedimento

Il provvedimento in esame ha stabilito per la prima volta un equo compenso da versarsi da parte di un Over The Top , ed è suscettibile di avere una portata più ampia, tale da fondare un precedente all’intero comparto editoriale italiano.

La decisione è anche una risposta alla sentenza del Consiglio di Stato dello scorso marzo 2023, che aveva ribaltato la sospensione del Regolamento Agcom sull’equo compenso disposta dal Tar del Lazio richiesta da Meta, consolidando invece la posizione degli editori italiani nel confronto con le grandi piattaforme.

Se da una parte la recente decisione dell’Autorità può aprire nuovi orizzonti nell’ambito delle trattative tra editori e piattaforme, rafforzando il pluralismo delle fonti informative e la qualità del servizio offerto ai lettori, dall’altra la preoccupazione, che proviene anche dalle esperienze degli altri ordinamenti, è che le Big Tech possano fuggire dalla prospettiva di utilizzare i contenuti giornalistici, laddove non più convenienti dal punto di vista economico.

Sarà interessante valutare la risposta di Microsoft sul punto e l’eventuale ricorso al TAR avverso il provvedimento in questione.

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*A cura dell’avv. Lucia Maggi, partner di 42 Law Firm

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