Amministrativo

Diritto di accesso agli atti amministrativi solo se l'associazione di consumatori ne ha interesse concreto

Le finalità istituzionali sono il perimetro del diritto all'ostensione che non si può tradurre in un potere indiscriminato di vigilanza

di Paola Rossi

L'accesso ai documenti amministrativi da parte delle associazioni portatrici di interessi diffusi si fonda sull'interesse concreto dell'ente a conoscerne il contenuto. Interesse che va esplicitato dall'associazione richiedente nell'istanza di accesso. Cioè, dice la sentenza n. 8333/2021 emanata dal Consiglio di Stato, la situazione è la medesima di quando è un privato cittadino a fare richiesta di accesso civico: la dimostrazione di un interesse concreto ad accedere a determinati atti che, nel caso delle associazioni portatrici di interessi diffusi, coincide con i loro fini istituzionali. Ma nel caso risolto dai giudici amministrativi la richiesta ha incontrato anche il limite del segreto apposto sui documenti oggetto della richiesta nelle mani di Banca d'Italia.

In sintesi il diritto all'accesso o l'inaccessibilità di determinati atti amministrativi sono i medesimi che incontra il singolo cittadino. Per cui la pretesa ostensiva dell'ente portatore di interessi diffusi verrà soddisfatta solo se la documentazione oggetto della richiesta sia effettivamente necessaria o, quanto meno, strettamente funzionale al conseguimento delle finalità statutarie, ciò che è onere dell'associazione stessa dimostrare. Non è quindi fondata l'affermazione, dell'associazione ricorrente davanti ai giudici, secondo cui esisterebbe una sorta di legittimazione ostensiva generale discendente in re ipsa dagli scopi statutari.

Il contrasto
La vicenda decisa dal Tar e ora dal Consiglio di Stato riguarda la conferma del diniego di Banca d'Italia all'istanza di accesso formulata dall'associazione di consumatori "Codacons", che voleva conoscere gli accertamenti effettuati dagli organi statali di controllo bancario e i dati dei debitori della Banca Popolare di Bari caduta in dissesto. In realtà l'istranza era stata presentata anche alla Consob, ma Codacons ha presentato ricorso soltanto contro il no di Bankitalia. Quest'ultima aveva negato l'accesso sostenendo che l'interesse ostensivo a fondamento dell'istanza non fosse "diretto, concreto ed attuale", difettando la dimostrazione del "nesso tra le informazioni richieste ed il perseguimento delle finalità statutarie" e che "l'ampiezza e la genericità dell'istanza" rivelassero, di contro, "il tentativo di effettuare un improprio controllo generalizzato sull'operato della pubblica amministrazione".
Poi, con attenzione particolare alla specifica richiesta di conoscere il nominativo dei debitori dell'istituto bancario, l'istanza di accesso - secondo Bankitalia -violava il principio generale secondo cui la pretesa ostensiva "non può comportare la necessità di un'attività di elaborazione di dati da parte del soggetto destinatario della richiesta".
Ma sulla specifica richiesta di conoscere le persone fisiche e giuridiche che fossero debitrici della Banca popolare di Bari la pietra tombale veniva posta facendo rilevare l'impossibilità di accoglierla a causa del carattere segreto impresso ai "dati detenuti dalla Banca d'Italia per finalità di vigilanza" (articolo 7 del Dlgs 385/1993 e provvedimento del Governatore della Banca d'Italia 16 maggio 1994). Di fronte al no di Bankitalia il Codacons proponeva ricorso alla Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, che rispondeva di non essere competente in ordine alla richiesta di accesso civico presentata ai sensi del Dlgs 33/2013, che aveva riordinato la materia del diritto di accesso.
La vicenda gidiziaria conferma che, secondo la Commissione, non sussiste in capo agli enti rappresentativi di interessi diffusi, come quelli della categoria dei consumatori, il potere di accesso a fini ispettivi e di vigilanza, essendo richiesto un "diretto collegamento con specifiche situazioni giuridicamente rilevanti". E, concludeva la stessa Commissione, che comunque in tal caso sarebbe stata irrilevante un'indagine sull'esistenza di un qualche interesse qualificato, visto che l'oggetto della richiesta riguardava atti coperti da segreto d'ufficio ex articolo 7 del Dlgs 385/1993". Il Consiglio di Stato precisa comunque che l'istanza del Codacons non sarebbe sorretta da un dimostrato interesse sostanziale all'accesso e sarebbe anzi stata posta in violazione del divieto di utilizzarlo per "finalità di controllo generalizzato". Oltre ovviamente all'insormontabile ostacolo di aver chiesto l'ostensione di atti secretati.

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