Divieto di B&B in condominio, la clausola regolamentare va appositamente trascritta
Le clausole del regolamento condominiale che impediscono di esercitare all'interno del condominio attività di affittacamere o simili configurano delle servitù reciproche atipiche, in quanto pongono vicendevolmente limiti all'utilizzo dei beni di proprietà solitaria. Tali clausole creano vincoli anche per gli aventi causa delle parti originarie, purché siano espressamente accettate, ovvero adeguatamente trascritte al fine di rendere opponibile il diritto ai terzi. Questo è quanto si afferma nella sentenza 7104/2019 del Tribunale di Roma.
Il caso - La controversia trae origine dalla domanda con la quale un condomino citava in giudizio una società che aveva acquistato una unità abitativa dello stabile condominiale per adibirla ad attività di affittacamere. L'inquilino chiedeva la cessazione di tale attività, posto che il regolamento di condominio, che egli presumeva richiamato nell'atto di vendita, stabiliva espressamente il divieto di «destinare qualsiasi locale a pensioni ed alberghi».
La società acquirente rimaneva contumace, ma ciononostante il Tribunale opta per il rigetto della domanda attorea, rilevando d'ufficio il difetto di trascrizione del regolamento, quale fatto impeditivo dell'opponibilità dello stesso al nuovo proprietario del singolo appartamento.
Si configura una servitù reciproca atipica - Ebbene, spiega il giudice, la clausola regolamentare invocata dal condomino pone dei limiti all'utilizzo dei beni di proprietà solitaria, incidendo in tal modo sui diritti dei singoli condomini. Tale tipo di clausola, cioè, restringe i poteri e le facoltà sulle proprietà esclusive o comuni ed è in grado di «creare vincoli anche per gli aventi causa delle parti originarie». Dal punto di vista della natura giuridica, spiega il Tribunale, un previsione di tal tipo non costituisce una obbligazione propter rem, ma integra una «servitù reciproca atipica».
Ciò comporta che, per poter utilmente opporre la clausola ai nuovi titolari del bene, «ove il regolamento stesso non sia richiamato, con adesione, nell'atto di acquisto (o comunque sia stato espressamente oggetto di approvazione da parte del soggetto cui è imputata la violazione), non è sufficiente la trascrizione del regolamento come atto unitario ma è necessario che, nella relativa nota, sia fatta specifica menzione della servitù». Difatti, in materia di costituzione di servitù, la trascrizione, ex articolo 2643 n. 3 del codice civile, serve a rendere «opponibile il diritto ai terzi i quali abbiano acquistato un diritto reale incompatibile con la servitù medesima». È necessario, pertanto, che la conoscenza possa essere acquisita attraverso l'esame dei registri immobiliari. Registri che nella fattispecie non riportano alcunché.
Pertanto, conclude il giudice, l'assenza di una accettazione espressa, ovvero di una «separata nota di trascrizione del regolamento o meglio della clausola contenuta nel citato atto di vendita con riguardo alla specifica costituzione della servitù invocata», impediscono di ritenere che la società acquirente abbia specificamente prestato adesione al divieto di esercizio di attività di affittacamere.
Tribunale di Roma - Sezione V civile - Sentenza 2 aprile 2019 n. 7104