Famiglia

Divorzio, l'accordo di separazione non può regolare l'assegno

Lo ha stabilito la Cassazione, sentenza n. 11012/21, confermando la natura indisponibile dei diritti matrimoniali

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di Francesco Machina Grifeo

In una causa relativa alla spettanza dell'assegno di divorzio, il giudice non può rimettersi a quanto pattuito dai coniugi in sede di separazione consensuale. Infatti, tali accordi se destinati a regolare (anche) l'assegno divorzile tra ex coniugi sono invalidi per illiceità della causa, in quanto stipulati in violazione del principio di radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 11012 depositata oggi, che ha accolto con rinvio il ricorso dell'ex marito che chiedeva il taglio dell'assegno.

La Corte di Appello di Cagliari dovrà così provvedere a un nuovo e attento esame dell'accordo concluso dalle parti in sede di separazione, "qualificandone la natura, precisando il rapporto tra la eventuale rendita costituita (e la sua causa aleatoria sottostante 'in occasione' della crisi familiare), estranea alla disciplina inderogabile dei rapporti tra coniugi in materia familiare, ed il diritto all'assegno divorzile (che esprime una relativa certezza "a causa " della crisi della famiglia)".

Il rapporto nascente dalla transazione può infatti avere rilievo sui rapporti economici conseguenti alla pronuncia di divorzio (Cass. 8109/2000), ma solo nel senso che il giudice terrà conto del credito già spettante a un coniuge e del corrispondente debito dell'altro coniuge, "al pari di tutte le altre voci, attive e passive, della situazione reddituale delle parti". Ferma restando dunque la disciplina inderogabile dei rapporti economici tra gli ex coniugi e il corrispettivo divieto di "limitare la libertà di agire e difendersi nel giudizio di divorzio".

Al contrario, il giudice di secondo grado, nel confermare l'assegno di divorzio, "non ha minimamente tenuto separato (né precisato) il profilo della definizione dei rapporti patrimoniali già pendenti tra le parti e della eventuale conseguente regolamentazione delle ragioni di debito-credito (comprendenti la cessione di azienda e il patto di non concorrenza), rispetto a quello della spettanza dell'assegno di divorzio, ammettendo genericamente, e in astratto, in modo erroneo la liceità di patti tra coniugi, diretti a disciplinare i loro rapporti economici in vista del futuro divorzio, ove fatti valere da quello beneficiario dell'assegno pattuito in sede di separazione".

Sul punto la Prima Sezione civile ha così affermato il seguente principio di diritto: "In tema di soluzione della crisi coniugale, ove in sede di separazione, i coniugi, nel definire i rapporti patrimoniali già tra di loro pendenti e le conseguenti eventuali ragioni di debito - credito portata da ciascuno, abbiano pattuito anche la corresponsione di un assegno dell'uno e a favore dell'altro da versarsi "vita natural durante", il giudice del divorzio, chiamato a decidere sull'an dell'assegno divorzile, dovrà preliminarmente provvedere alla qualificazione della natura dell'accordo inter partes, precisando se la rendita costituita (e la sua causa aleatoria sottostante) 'in occasione' della crisi familiare sia estranea alla disciplina inderogabile del rapporti tra coniugi in materia familiare, perché giustificata per altra causa, e se abbia fondamento il diritto all'assegno divorzile (che comporta necessariamente una relativa certezza causale soltanto in ragione della crisi familiare)".

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