Professione e Mercato

Divorzio consensuale, l'avvocato comune non può poi diventare di parte

Il Cnf ha respinto il ricorso di un legale che dopo aver assistito la coppia, aveva preso la rappresentanza della ex contro il partner

di Francesco Machina Grifeo

È vietato assistere un coniuge (o convivente) contro l'altro, dopo averli assistiti entrambi in controversie familiari. Il Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Melogli, rel. Melogli), sentenza n. 178 del 17 ottobre 2022, ha così respinto il ricorso di un avvocato contro la decisione (depositata nel gennaio 2018) del Consiglio di disciplina di Cagliari che gli aveva irrogato la sanzione della censura "per la violazione dell'art. 68 del Codice Deontologico". In particolare, si legge nella decisione il professionista "aveva assistito congiuntamente i coniugi [A] e [B] nella procedura di separazione consensuale e successivamente la [B] contro il [A] nel procedimento di modifica delle condizioni di separazione dei coniugi e successivamente in quello di cessazione degli effetti civili del matrimonio".

L'articolo 68 Cdf (già articolo 51 codice previgente), spiega la decisione, non consente all'avvocato che abbia congiuntamente assistito i coniugi o i conviventi more uxorio in dispute familiari di assumere successivamente il mandato per la rappresentanza di uno di essi contro l'altro. Esso, prosegue la decisione, "non consente digressioni interpretative": infatti il comma 4 "espressamente sancisce l'obbligo per il legale di astenersi dal prestare la propria assistenza in favore di uno dei coniugi in controversie di natura familiare, quando in precedenza li abbia assistiti entrambi".

Il Cnf con una nota sul proprio sito, chiarisce che si tratta di una previsione che costituisce una forma di "tutela anticipata" rispetto al "mero pericolo" derivante anche dalla sola teorica possibilità di conflitto d'interessi, non richiedendosi specificatamente l'utilizzo di conoscenze ottenute in ragione della precedente congiunta assistenza. Pertanto, la norma non richiede che si sia espletata attività defensionale o anche di rappresentanza, ma si limita a circoscrivere l'attività nella più ampia definizione di assistenza, per l'integrazione della quale non è richiesto lo svolgimento di attività di difesa e rappresentanza essendo sufficiente che il professionista abbia semplicemente svolto attività diretta a creare l'incontro delle volontà seppure su un unico punto degli accordi di separazione o divorzio.

Tornando al caso specifico, l'avvocato ricorrente aveva assistito entrambi i coniugi nel procedimento di separazione consensuale e successivamente la sola ex, nel procedimento avente ad oggetto la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Irrilevante invece la censura dell'avvocato riguardante la sua mancata audizione, così come quella concernente l'assenza dell'elemento psicologico.

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