Civile

DL Antifrodi, quale sorte per i contratti in corso?

Il provvedimento non prende espressa posizione sulla possibile retroattività della norma, ma l'Agenzia delle Entrate non introduce nella piattaforma per la comunicazione delle cessioni un doppio canale per suddividere contratti in corso e nuove comunicazioni

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di Maria Cleme Bartesaghi*

In data 11 novembre 2021, a firma della Presidenza del Consiglio e del Ministro dell'Economia e Delle Finanze, il Presidente della Repubblica ha emanato il Decreto Legge n. 157 "Misure urgenti per il contrasto alle frodi nel settore delle agevolazioni fiscali ed economiche".

La data di entrata in vigore, attesa la pubblicazione del Decreto nella Gazzetta Ufficiale n. 269 dell'11 novembre 2021, ai sensi dell'articolo 5 del D.L. stesso, è stata fissata al 12 novembre 2021.

L'ingegneria giuridica dello schema adottato nel Decreto, passa attraverso una parziale modifica degli articoli 119 e 121 del c.d. Decreto Rilancio convertito in Legge 77/2020 più volte modificata e nell'introduzione di un articolo 122 bis .

Il contenuto del Decreto Legge è ormai noto: dalla data di entrata in vigore del Decreto, non sarà più possibile procedere a cessioni del credito o applicazione di sconto in fattura per i bonus edilizi diversi dal 110% (né portare direttamente in detrazione il Superbonus), se non sarà prodotto (al pari del Superbonus) il visto di conformità. Inoltre sempre per i bonus minori non si potrà utilizzare l'istituto della cessione (diretta o a mezzo dello sconto) senza attestazione tecnica ai sensi del comma 13 bis del Decreto Rilancio convertito. In sostanza anche per il Bonus facciate e per il Bonus ristrutturazioni edilizie, i tecnici abilitati dovranno asseverare il rispetto dei requisiti previsti dai Decreti Ministeriali sui requisiti tecnici e la corrispondente congruità delle spese sostenute in relazione ad ogni intervento agevolato eseguito: i parametri di riferimento sono demandati all'emanazione di un Decreto del Ministro della transizione ecologica e medio tempo ai prezziari territoriali e ai listini DEI.

L'articolo 2 del Decreto Legge introduce inoltre nel Decreto Rilancio un articolo 122 bis che rafforza i controlli preventivi allo stadio della cessione dei crediti, prevedendo una sospensione delle operazioni di cessione (anche successiva alla prima) che potrebbe divenire definitiva in caso di conferma dei rischi basati su tre parametri : il primo di coerenza e regolarità dei dati comunicati e due attinenti alla verifica dei dati soggettivi inerenti coloro che intervengono nelle operazioni di cui i crediti sono correlati sulla base di informazioni comunque in possesso dell'amministrazione finanziaria e, tenuto conto anche di precedenti cessioni.

Le disposizioni contenute nel D.L., non prendono espressa posizione sulla possibile retroattività della norma, come vedremo.

Tuttavia l'Agenzia delle Entrate ha modificato la piattaforma per la comunicazione delle cessioni senza introdurre un doppio canale suddiviso tra comunicazioni circa i contratti in corso e nuove comunicazioni.

Non è la prima volta: in quanto accadde già con l' abolizione dello sconto in fattura per l'Ecobonus.

Erano quindi fondati i dubbi espressi dai primi commentatori.

Il legislatore del Decreto Legge non si è dato espressamente carico della sorte:

a) dei contratti intervenuti antecedentemente all'introduzione delle nuove disposizioni, già eseguiti dall'appaltatore, con ratei di pagamento residui a carico del committente
b) dei contratti sottoscritti non ancora integralmente o parzialmente eseguiti; la categoria dei contratti in questo stato è ampliata, tra l'altro, in maniera anomala da due tipologie di fattori: le restrizioni imposte dalla Pandemia per l'ottenimento dei permessi di occupazione suolo pubblico e/o per l'approvvigionamento dei materiali per la ristrutturazione, ivi inclusi i ponteggi; nonché la possibilità concessa dai rispettivi provvedimenti agevolativi di spostare l'esecuzione dei lavori anche oltre la programmata scadenza dei bonus, a condizione che vengano sostenuti nei termini di Legge i relativi costi.

Pur nella laconicità del testo normativo : "Il presente Decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana", ad avviso di chi scrive la nuova normativa non può essere ritenuta applicabile ai contratti in corso, a dispetto della mossa odierna dell'Agenzia delle Entrate.

Tale conclusione poggia su intangibili principi del nostro ordinamento. Soccorre in prima battuta il combinato disposto dell'articolo 1 comma 2 e dell'articolo 3, comma 1 dello Statuto del contribuente (Legge 27 luglio 2000, n. 212) .

La prima norma dispone che l'adozione di norme interpretative in materia tributaria possa essere disposta soltanto in casi eccezionali e con Legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica.
L'articolo 3 al primo comma precisa che salvo quanto sopra, le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo.

Alla luce di ciò pare evidente che il Decreto Legge oltre a non essere ancora assurto al rango di legge ordinaria non è una normativa di interpretazione autentica e non contiene espressamente una previsione retroattività: l'applicabilità è prevista a partire dal 12 novembre 2021.

Ad eguale conclusione si giunge se si considerano i generali principi in materia civilistica: principi i cui effetti, nella fattispecie, non possono essere pretermessi dal momento che le detrazioni fiscali a rischio frode sono incardinate su normali contratti di appalto contenenti precise obbligazioni in capo ad entrambi i contraenti.

Le Disposizioni sulla Legge in Generale (meglio note come Preleggi) inviolate dal 1942 (R.D. 16 marzo n. 262), all'articolo 10 stabiliscono che le leggi diventano obbligatorie dopo il quindicesimo giorno dalla loro pubblicazione; l'articolo 11 completa sinergicamente il concetto sancendo come la Legge "non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo".

In senso conforme si riportano alcuni principi espressi in molteplici pronunce della Corte Costituzionale; la quale sin dai primi decenni di attività ha ritenuto di dichiarare l'incostituzionalità di norme sostanzialmente retroattive, riguardanti la materia tributaria. Si vedano le fondamentali pronunce della Corte cost. n. 44/1966 e 65/1969.

Successivamente la Consulta (nelle pronunce 376/2004; 156/2007; 274/2006; 236/2015 relative a casistiche diverse), ha sottolineato che la scelta di emanare norme interpretative o innovative con efficacia retroattiva, deve trovare adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non porsi comunque in contrasto con altri valori e interessi costituzionalmente protetti tra i quali la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto.

Sotto tale ultimo aspetto è allineata anche la Corte di Cassazione ( Cassazione civile Sez. III, sentenza n. 18657 del 6 agosto 2013 ) la quale avuto modo di sancire non solo in questa occasione che le deroghe all'art. 11 delle Preleggi devono trovare razionale ed adeguata giustificazione in motivi imperativi di interesse generale e non trovano applicazione in relazione a fattispecie contrattuali perfezionate nei loro elementi e consumate nella loro esecuzione anteriormente all'entrata in vigore dello ius superveniens.

Il Giudice di legittimità, in particolare, si è espresso nel senso che il principio dell'irretroattività della Legge comporta che la Legge nuova non possa essere applicata, oltre che ai rapporti giuridici esauriti prima della sua entrata in vigore, a quelli sorti anteriormente ed ancora in vita se, in tal modo, si disconoscano gli effetti già verificatesi nel passato o si venga a togliere efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze attuali e future di esso non potendosi prescindere dal collegamento con il fatto che li ha generati.

A chiusura dell'argomento, va altresì considerato che l'ordinamento non è privo di rimedi per i casi su cui il Decreto Legge interviene. Al fine di evitare comportamenti evasivi ed elusivi, sovente, il legislatore tributario ricorre infatti a parametri di valutazione per la determinazione del reddito d'impresa.

Una efficace definizione di valore normale di beni e servizi, ai fini di cui all'articolo 9 del TUIR è contenuta nel terzo comma di detta norma; ai cui sensi per valore normale si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi.

Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d'uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore.

Il valore normale di una transazione rappresenta quindi il corrispettivo che si sarebbe formato sul libero mercato in una certa transazione tra parti indipendenti. Questo riferimento non è banale, se teniamo conto dell'attuale mercato indubbiamente teso ad un non fisiologico rialzo per effetto della corsa ai bonus nei tempi ristretti e mai sicuri previsti da una normativa di proroga in altalenante evoluzione.

L'applicazione non retroattiva della norma antifrode in un corretto inquadramento costituzionalmente orientato non andrebbe quindi a privare lo Stato di adeguati controlli nei mezzi ordinari dell'accertamento.

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*A cura dell' Avv. Maria Cleme Bartesaghi, Partner di SFL Studio Legale

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