Società

Dlgs 231, la prescrizione del reato non cancella la verifica sulla responsabilità dell’ente

Non ci sono automatismi fra violazione presupposta e illecito amministrativo

di Sandro Guerra

In presenza di una declaratoria di prescrizione del reato presupposto (e, quindi, di una sentenza di non doversi procedere nei confronti dell'imputato), il giudice deve comunque procedere all’accertamento della responsabilità amministrativa dell’ente nel cui interesse o vantaggio l’illecito penale si ipotizzi commesso procedendo ad una verifica, quantomeno incidentale, del fatto di reato. Lo ha ribadito la Cassazione con la sentenza 30685 depositata il 4 agosto 2022.

Il principio di autonomia del titolo di responsabilità dell’ente, ricavabile dall’articolo 8, comma 1, Dlgs 231/2001 (la responsabilità dell’ente sussiste anche quando l’autore del reato non sia identificato o non sia imputabile, ovvero quando il reato sia estinto per una causa diversa dall’amnistia), non consente insomma automatismi tra l’esito del giudizio sul reato presupposto e quello, ben diverso, sull’illecito amministrativo contestato “per” quel reato.

L'articolo 129 del Codice di procedura penale impone al giudice, in ogni stato e grado del processo, l’immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità, tra le quali la prescrizione, con l’unica eccezione costituita da una situazione di evidenza che renda palese l’insussistenza del reato, la sua non riferibilità all’imputato o il difetto dell’elemento soggettivo. In questo caso il giudice ha l’obbligo di pronunciare sentenza assolutoria, con la formula prescritta, e quindi di privilegiare il merito rispetto alla causa estintiva (articolo 129, comma 2, del codice di procedura penale).

Nel caso di specie il giudice di appello aveva rilevato la prescrizione dei reati previsti dall’articolo 137, commi 1 e 2, Dlgs 3 aprile 2006, n. 152 – maturata successivamente alla sentenza di primo grado – confermando la responsabilità dell’ente per il correlato illecito amministrativo (articolo 25-undecies Dlgs 231/2001) sul presupposto che non ricorressero le condizioni per un proscioglimento nel merito dell’imputato, non essendo evidente l’insussistenza dei reati addebitati: di qui, ad avviso della corte d’appello, l’automatica conferma delle statuizioni adottate all’impresa in applicazione del Dlgs 231/2001.

La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza rilevando la violazione dell’articolo 8 del Dlgs 231/2001, osservando che l’accertamento effettivo, sia pure in via incidentale, del reato presupposto «non può risolversi in un mero giudizio di non manifesta insussistenza del reato».

La prescrizione del reato presupposto fa venir meno l’inscindibilità tra le vicende processuali delle persone fisiche e quelle dell’ente, con la conseguenza che l’accertamento della responsabilità amministrativa dell’ente nel cui interesse o per il cui vantaggio il reato sia stato commesso può e deve proseguire attraverso un percorso processuale autonomo, con la verifica quantomeno incidentale circa la sussistenza del fatto reato (Cassazione penale, sesta sezione penale, 17 maggio 2013, n. 21192), la spiegazione delle ragioni fondanti della responsabilità penale dell’imputato (Cassazione penale, quarta sezione penale, 21 maggio 2018, n. 22468) alla stregua dell’integrale contestazione dell’illecito formulata nei confronti dell’ente (Cassazione penale, 9 ottobre 2020, n. 28210).

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©