Documentazione dei "servizi a basso valore aggiunto"; i vantaggi dell'approccio semplificato
Tali servizi possono essere "core" per il gruppo, ossia rappresentare un elemento essenziale (ad es. R&D) per la produzione dei beni che lo stesso gruppo commercializza o può trattarsi di servizi offerti ai propri clienti, oppure ancora di prestazioni di supporto al "core business" (ad es., contabilità, risorse umane, IT, tax et similia).
Tra i vari chiarimenti forniti dall'Agenzia delle entrate nella circolare n. 15/E del 26 novembre 2021, uno degli aspetti su cui occorre riflettere, anche in vista dell'imminente scadenza del termine di 90 giorni da quello ordinario per l'invio delle dichiarazioni dei redditi per l'esercizio 2020 - che per i soggetti con periodo di imposta coincidente con l'anno solare scade il 28 febbraio p.v. e rappresenta il termine ultimo per modificare la documentazione di transfer pricing, cfr. par. n. 9 della stessa circolare - riguarda l'analisi dei "servizi a basso valore aggiunto", in relazione ai quali, per loro natura, l'impresa può fruire dell'"approccio semplificato" in termini di valorizzazione, come pure suggerito dall'OCSE.
A tal proposito, occorre fare una premessa di carattere generale; nell'ambito dei gruppi multinazionali è frequente che alcune entità legali eroghino dei servizi intercompany con modalità centralizzate alle altre entità del medesimo gruppo. Tali servizi possono essere "core" per il gruppo, ossia rappresentare un elemento essenziale (ad es. R&D) per la produzione dei beni che lo stesso gruppo commercializza o può trattarsi di servizi offerti ai propri clienti, oppure ancora di prestazioni di supporto al "core business" (ad es., contabilità, risorse umane, IT, tax et similia).
Se per le prime due categorie di servizi, in ambito transfer pricing, non si può prescindere da un'analisi approfondita, anche sotto il profilo economico, per gli altri, l'OCSE, nel presupposto che tali servizi hanno un ruolo marginale nella creazione del valore - tant'è che sono definiti "a basso valore aggiunto" - ha suggerito un "approccio semplificato", che prevede l'applicazione del metodo "cost plus" e di un mark-up prestabilito del 5%.
Tale approccio semplificato è stato puntualmente recepito nell'ordinamento italiano dall'art. 7 del D.M. del 14 maggio 2018, concernente le "linee guida in materia di prezzi di trasferimento". Il successivo Provvedimento di attuazione del direttore dell'AdE del 23 novembre 2020 ha poi dettagliato i requisiti documentali, attingendo ampiamente alle previsioni dell'OCSE; da ultimo, nella circolare n. 15/E dell'anno successivo (i.e., 26 novembre 2021) sono stati chiariti alcuni aspetti applicativi, senza tuttavia declinare appieno le potenzialità di semplificazione in subiecta materia a beneficio delle imprese "associate".
Infatti, sebbene tale approccio semplificato consenta di evitare lo svolgimento di analisi di benchmark per i servizi considerati "non core", tuttavia, anche in ragione del livello di dettaglio informativo comunque richiesto per tali prestazioni, ci si aspettava una maggiore latitudine dei benefici connessi all'adozione del medesimo approccio semplificato. Ciò deriva in particolare da due aspetti della disciplina degli oneri documentali, che risultano esplicitati solamente a seguito dell'emanazione della citata circolare n. 15/E:
•da un lato, è stata confermata la necessità, già esplicitata nella bozza per la consultazione pubblica, che la documentazione dei servizi a basso valore aggiunto rientri nel set documentale composto da Masterfile e Documentazione Nazionale (di cui l'analisi dei servizi a basso valore aggiunto rappresenta appunto un paragrafo del Capitolo 2), non potendosi predisporre un documento autonomo, limitato ai contenuti previsti dall'OCSE e ripresi dalla disciplina domestica (i.e., descrizione dei servizi infragruppo, contratti di fornitura dei medesimi servizi, valorizzazione delle operazioni e relativi calcoli);
• dall'altro lato, nella versione definitiva della circolare n. 15/E, l'AdE ha specificato in modo restrittivo che "nell'ipotesi in cui l'Amministrazione finanziaria contesti la deduzione da parte del contribuente […] di un onere sostenuto nei confronti di una impresa associata ai sensi dell'art. 109, comma 5, del Tuir, non trova applicazione l'esimente che riguarda unicamente fattispecie che danno luogo a rettifica del valore di libera concorrenza dei prezzi di trasferimento praticati nell'ambito delle operazioni infragruppo" ovvero la penalty protection che sarebbe dunque prevista "a regime" soltanto in connessione alla disciplina specifica del TP (i.e., ex artt. 110 tuir e 1 del d.lgs. n. 471/1997, cfr. spec. p. 46 della circolare).
Ma tale restrittivo e immotivato assunto avrà sicuramente un effetto negativo in termini di proliferazione dei contenziosi tra le imprese appartenenti ai gruppi internazionali e l'amministrazione finanziaria. Infatti, spesso le contestazioni erariali che incidono sui servizi infragruppo riguardano, non tanto l'ammontare del mark-up applicato, quanto, per l'impresa che riceve il servizio "non core", la deducibilità per difetto di inerenza del costo complessivamente sostenuto sulla base del citato art. 109 del Tuir e, per l'impresa che lo presta, il mancato riaddebito di una parte dei costi.
Tuttavia, l'orientamento dell'AdE non risulta affatto giustificabile, nel senso che era lecito aspettarsi che, a fronte della predisposizione, e tempestiva consegna agli organi di controllo, di un set documentale comunque completo ed esaustivo, nonché in ragione del principio di collaborazione tra contribuente e amministrazione finanziaria che caratterizza in modo particolare la disciplina, la penalty protection avrebbe dovuto estendersi anche il profilo di inerenza dei costi ex art. 109 tuir ovvero "proteggere" l'impresa anche dalle relative assorbite contestazioni/sanzioni.
Ciò appare tanto più vero se si considera che, a ben vedere, nella sostanza, il discrimen tra i rilievi ai fini del transfer pricing e quelli afferenti l'inerenza dei costi infragruppo non appare così netto e definito. Tale (diversa) conclusione sembra coerente anche con le Linee Guida OCSE (cfr. in particolare par. n. 7.55), secondo cui i servizi a basso valore aggiunto forniscono principalmente benefici in modalità "aggregata" e indiretta (nel senso che rappresentano l'alternativa a servizi simili offerti da soggetti terzi rispetto al gruppo).
A seguito della emanazione della circolare n. 15/E, quindi, l'Agenzia ha reso comunque onerosa l'adozione dell'approccio definito come "semplificato" rispetto all'analisi secondo le modalità tradizionali (nel cui ambito il focus è esclusivamente sul mark-up), senza offrire però, allo stesso tempo, la possibilità all'impresa di evitare un'analisi dettagliata dei benefici connessi a ciascuno dei servizi a basso valore aggiunto per dimostrarne l'inerenza.
Di conseguenza, il contribuente potrebbe reputare più conveniente non documentare tali transazioni, soprattutto nella misura in cui il mark-up applicato sia stato effettivamente del 5% (o molto prossimo) e la rilevanza dello stesso sia giudicata, in termini assoluti, non particolarmente significativa.
Aggiungasi che qualora, come accade spesso, i servizi a basso valore aggiunto rientrino tra le "operazioni marginali", come definite nel paragrafo 5 della circolare n. 15/E, si potrebbe optare per un'altra soluzione operativa. Infatti, con la versione definitiva della circolare in esame, l'AdE ha aggiornato il criterio di calcolo della soglia di rilevanza, stabilendo che è "marginale" un'operazione (attiva o passiva) il cui ammontare risulti inferiore al 5% del totale (in valore assoluto) dei componenti positivi e negativi di reddito indicati nel prospetto della dichiarazione annuale dei redditi denominato "Prezzi di trasferimento" (i.e., rigo RS106 del modello Redditi SC 2021).
Tale assunto va poi coordinato con quello successivo, secondo cui "resta ferma la facoltà del contribuente di descrivere anche le operazioni marginali rispetto al totale delle operazioni infragruppo in cui l'entità locale è coinvolta. Qualora il contribuente non si avvalga di tale facoltà, l'eventuale rettifica di operazioni marginali non beneficia di esimente sanzionatoria, ancorché tale circostanza di per sé non è atta ad inficiare l'eventuale giudizio di idoneità formulato dagli organi di controllo in relazione alla documentazione nel suo complesso (i.e. relativa alle operazioni non marginali ivi descritte)."
Pertanto, qualora una tipologia di operazioni fosse reputata "marginale" (utilizzando la soglia di rilevanza di cui sopra), ma comunque di importo non secondario, l'impresa avrebbe il vantaggio di poter fornire una semplice descrizione dell'operazione (i.e., senza una vera a propria analisi di comparabilità o funzionale, né analisi di benchmark o economiche), al fine di conseguire comunque la penalty protection su tale operazione, conservando allo stesso tempo la facoltà di fornire informazioni ulteriori, soltanto in sede di eventuale verifica, qualora richiesto, nel termine previsto di 7 giorni.
Applicando tale soluzione operativa ai servizi a basso valore aggiunto, ci si potrebbe quindi limitare ad indicare soltanto il primo dei quattro elementi richiesti dall'approccio semplificato, beneficiando in ogni caso della penalty protection.
Certo è che l'orientamento restrittivo dell'AdE, in relazione all'approccio semplificato previsto per i servizi a basso valore aggiunto, ma che comunque vanno supportati da idonea e cospicua documentazione, non appare in linea né con la normativa di riferimento, ivi inclusi i suggerimenti dell'OCSE, né con la ratio di tale disciplina e neppure con lo spirito di collaborazione che deve caratterizzare il rapporto tra fisco e contribuenti, pure richiamato più volte dalla stessa AdE.
*a cura del Dott. Comm Raffaello Fossati e dell'avv. Edoardo Belli Contarini di di Fantozzi & Associati