Penale

Domiciliari e pene differite gli strumenti svuota-carceri

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di Fabio Fiorentin

Mentre è in corso l’iter di conversione del decreto legge 18 del 17 marzo 2020, gli operatori chiedono a gran voce sostanziali modifiche alle novità introdotte dal governo per fronteggiare l’emergenza nelle carceri esplosa per il rischio di contagio da coronavirus.

Si lamenta, in particolare, la farraginosità e la scarsa utilità pratica della “nuova” detenzione domiciliare (articolo 123 del decreto legge), modellata sulla falsariga dell’esecuzione della pena presso il domicilio disciplinata dalla legge 199/2010 ma vincolata, nel caso di pene da scontare superiori ai sei mesi, alla sorveglianza con braccialetti elettronici: strumenti la cui disponibilità è limitata e, con ogni probabilità, insufficiente per ridurre l’affollamento nelle carceri tanto da rendere possibile il rispetto delle distanze.

Nell’attesa delle modifiche che probabilmente verranno messe in campo, occorre chiedersi quali strumenti siano, a normativa vigente, concretamente utili ai detenuti per fuoriuscire dal circuito carcerario con misure alternative o altri benefici.

Iniziando dalla “nuova” detenzione domiciliare, si tratta di uno strumento di non agevole accesso poiché basata su presupposti applicativi più stringenti di quelli dell’esecuzione al domicilio prevista dalla legge del 2010. Ciò posto, e fermo che in entrambi i casi il limite di pena, anche residua, che consente l’applicazione del beneficio è il medesimo (18 mesi), dal punto di vista della strategia difensiva ci si orienterà necessariamente sulla “vecchia” misura nelle ipotesi in cui la “nuova” detenzione domiciliare sia in radice preclusa per il titolo di reato (ad esempio, condanne per maltrattamenti o per stalking). Al proposito, nel caso di cumulo di pene, sarà sempre necessario verificare se la pena corrispondente all’eventuale reato “ostativo” sia stata già espiata, così da consentire lo “scioglimento del cumulo” e l’ammissibilità della domanda.

Qualora, nel singolo caso, sussistano i presupposti per entrambe le misure sotto il profilo del titolo di reato e delle altre condizioni, sarà pur sempre da preferire la “vecchia” misura domiciliare se la pena da espiare sia superiore ai sei mesi: si eviterà così che il beneficio sia applicato con il braccialetto elettronico, con il rischio che l’esecuzione del provvedimento sia differita fino alla materiale disponibilità dello strumento di controllo.

Inoltre, sarà opportuno, ai fini della scelta della misura da richiedere, valutare le tempistiche della direzione penitenziaria, su cui grava praticamente l’intera istruttoria, laddove una difesa attrezzata potrebbe fornire al magistrato di sorveglianza quasi tutti gli elementi valutativi necessari a una celere decisione sull’istanza di esecuzione domiciliare in base alla legge 199/2010, soprattutto nel caso di detenuti tossicodipendenti per i quali possa aprirsi una prospettiva di inserimento in comunità.

Lo strumento della liberazione anticipata resta, ovviamente, un’alternativa, per quanto non automatica né sempre risolutiva (lo è certamente in tutti i casi in cui la concessione della riduzione di pena consente al condannato di scendere sotto la soglia dei 18 mesi di pena residua da espiare).

Più interessante è il differimento della pena (anche nella forma della detenzione domiciliare) nei casi previsti dall’articolo 147 del Codice penale. Il vantaggio, dal punto di vista della scelta difensiva, non risiede solo nel fatto che tale beneficio non sconta alcuna delle preclusioni previste per le misure domiciliari sopra considerate, ma è massimizzato nel caso di detenuti anziani (oltre i 60 anni) e/o con pregresse patologie gravi (come patologie oncologiche o polmonari, cardiopatie gravi, e simili): condizioni che, prima della pandemia, non integravano situazioni di infermità fisica così rilevanti da fondare l’applicazione del rinvio dell’esecuzione, ma che oggi potrebbero essere rivalutate sotto due profili. Anzitutto, ovviamente, in riferimento all’emergenza sanitaria, declinata nel senso che il soggetto anziano - se affetto da patologie di una certa importanza - è particolarmente esposto alle conseguenze anche letali dell’eventuale contagio. In secondo luogo, considerando il rischio che il sovraffollamento penitenziario rappresenta per il propagarsi del virus. Tale ultimo elemento, pur non bastevole in sé a fondare la concessione del differimento della pena, potrà essere valorizzato in presenza di condizioni di salute che rappresentino dei moltiplicatori del rischio.

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