Famiglia

Eredità all'ex, l'assegno divorzile non aumenta

Lo ha chiarito la Corte di cassazione con la sentenza n. 8057 depositata oggi

di Francesco Machina Grifeo

Il coniuge divorziato non può pretendere un aumento dell'assegno divorzile per via dell'eredità ricevuta dall'ex marito. Lo ha chiarito la Corte di cassazione in un passaggio della sentenza n. 8057 depositata oggi. Per i giudici di legittimità, infatti, non trattandosi di un incremento della ricchezza derivante da reddito da lavoro, l'ex non vanta alcuna aspettativa non avendo contribuito in alcun modo all'accrescimento patrimoniale.

La Suprema corte ha così confermato la decisione della Corte di appello di Roma che nel 2019 aveva parzialmente accolto il ricorso dell'ex marito contro la sentenza del Tribunale di primo grado che nel 2017 che aveva determinato un contributo di 600 euro per il mantenimento della figlia (maggiorenne ma non autosufficiente economicamente e convivente con la madre), nonché di 2.200 euro a titolo di assegno divorzile.

Per la Suprema corte il giudice di secondo grado, nel rideterminare in 1.000 euro l'importo dovuto, ha compiuto una "corretta valutazione dei presupposti dell'assegno divorzile, non più parametrato come quello di mantenimento in sede di separazione al tenore di vita goduto durante la convivenza matrimoniale". Fermo restando, prosegue la Corte, il riconoscimento di un contributo, "considerata l'inadeguatezza dei redditi" della donna e "l'apporto dato dalla stessa al ménage familiare, essendosi dedicata alla famiglia ed alla crescita ed educazione delle figlie".

In particolare la decisione ha dato rilievo al fatto che la ex "mentre non aveva dimostrato una personale inabilità lavorativa (essa aveva svolto, in passato, una, sia pure modesta, attività di addetta alla mensa), aveva visto migliorare la propria situazione economica rispetto all'epoca della separazione, avendo acquisito l'usufrutto sulla casa nella quale vive con la figlia maggiorenne ma non autosufficiente, grazie all'acquisto operato dall'ex coniuge (con intestazione della nuda proprietà dell'immobile, del valore di € 400.000,00, alla figlia), aveva potuto acquistare, con un finanziamento, un'autovettura nuova."

Mentre, prosegue il ragionamento della Cassazione, la situazione dell'ex marito "non si era modificata nel senso di un miglioramento sotto il profilo economico-patrimoniale, per effetto, invariata la situazione reddituale, di quanto ricevuto per eredità a seguito di decesso del padre nel 2011, perché non si trattava di un accrescimento derivante da attività lavorativa dell'ex coniuge, al cui nascere la richiedente l'assegno avesse potuto in qualche misura avere contribuito, così da poter vantare una legittima aspettativa". Per la Prima sezione civile, dunque, non vi è stata violazione dell'articolo 5, comma 6, della legge 898/1970.

Infine, la motivazione della C.d.A. non è illogica né pretende un inversione dell'onere probatorio, laddove fa riferimento alla "mancata dimostrazione da parte della donna della propria inabilità lavorativa e di essersi attivata per trovare lavoro, pur riconoscendo che la stessa, per scelta familiare condivisa, non ha mai acquisito una specifica competenza lavorativa". La Corte d'appello, conclude la Corte, "ha soltanto voluto sottolineare che la ex, quanto alla sua capacità reddituale da lavoro, non aveva dimostrato di essere nell'impossibilità, per ragioni di inabilità personali, di procurarsi un reddito da lavoro".

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