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Esame d'avvocato: il caso di civile, responsabilità da cose in custodia e caso fortuito

di Patrizia Cianni

La recente ordinanza della Terza Sezione della Corte di Cassazione ha affermato che la responsabilità ex articolo 2051 del Cc ha natura oggettiva e discende dall’accertamento del rapporto causale fra la cosa in custodia e il danno, salva la possibilità per il custode di fornire la prova (liberatoria) del caso fortuito, ossia di un elemento esterno che valga ad elidere il nesso causale e che può essere costituito da un fatto naturale e dal fatto di un terzo o della stessa vittima. Tale essendo la struttura della responsabilità ex articolo 2051 del Cc, l’onere probatorio gravante sul danneggiato si sostanzia nella duplice dimostrazione dell’esistenza (ed entità) del danno e della sua derivazione causale dalla cosa, residuando a carico del custode l’onere di dimostrare la ricorrenza del caso fortuito.

 

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A – IL CASO

Il caso

Tizio ha convenuto in giudizio il Comune Alfa per sentirlo condannare al risarcimento dei danni conseguiti alle lesioni riportate in un sinistro stradale allorquando, alla guida del suo motociclo, era finito con la ruota anteriore in una buca presente in corrispondenza di un giunto di dilatazione, perdendo il controllo del mezzo e rovinando al suolo.

Il Tribunale ha rigettato la domanda per cui Tizio ha impugnato la decisione dinanzi la Corte di Appello che ha confermato la decisione del giudice di prime cure.

Tizio decide di ricorrere in Cassazione.

Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio, rediga motivato parere illustrando le questioni giuridiche emergenti dalla fattispecie in esame.

 

1) La decisione in esame: Corte Suprema di Cassazione, Sezione Terza, ordinanza del 14 dicembre 2021, n. 39965.

 

2) La questione giuridica

Se, accertata una condotta colposa del conducente, ciò basta di per sé ad escludere la responsabilità del custode.

Se la mera disattenzione della vittima necessariamente integra il caso fortuito per i fini di cui all’articolo 2051 del Cc.

Se la valutazione del caso fortuito deve essere connotata da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale (o della causalità adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode.

 

3) Riferimenti normativi: articoli 1223, 1227, 2043, 2051 e 2056 del C c.

 

B – LA SOLUZIONE DEL CASO

 

4) Le possibili interpretazioni

La prova del danno tra articolo 2043 e articolo 2051 Cc

L’articolo 2051 Cc prevede la responsabilità del custode per i danni causati dalla cosa custodita e la cattiva manutenzione della strada (imputabile all’Ente) è il fattore che origina il sinistro.

In virtù della presunzione di responsabilità che la norma pone, il danneggiato ha solo l’onere di dimostrare che il danno si è verificato a causa della buca mentre l’Ente per difendersi dovrà dimostrare che vi è stato un fattore esterno a causare il danno, elemento estraneo oppure colpa dello stesso danneggiato.

Il procedimento probatorio di cui all’articolo 2051 del Cc, come appare chiaro. agevola il danneggiato in quanto, invece, il normale regime di responsabilità di cui all’articolo 2043 Cc richiede che il danneggiato dimostri non solo che l’evento si è determinato per una specifica causa, ma deve altresì dar conto della colpa o del dolo del danneggiante.

Quindi, nella responsabilità ai sensi dell’articolo 2051 del Cc, non serve un’indagine così approfondita ma basta dimostrare l’esistenza di un nesso causale tra cosa in custodia e danno; spetta poi al custode dimostrare che questo nesso deve intendersi spezzato.

 

Il comportamento colposo dell’utente della strada

Prima dell’ordinanza n. 39965 del 2021 i giudici di merito nel caso della caduta di un motociclista a causa di una buca hanno ritenuto che, pur ritenendo provata la presenza della buca e la caduta, il motociclista avrebbe dovuto accorgersene in quanto essendo la buca grande e visibile, sarebbe bastato andare piano per evitarla; precisamente evidenziavano che risultava provata l’anomalia della sede stradale costituita da una buca in corrispondenza di un giunto di dilatazione stradale (delle dimensioni di 21×25 centimetri e profonda 10 centimetri) e che “la presenza di una sconnessione del fondo stradale costituisce una anomalia rispetto all’utente che faccia affidamento sulla normale transitabilità della sede viaria” ma, tenuto conto delle condizioni di buona visibilità e del fatto che la buca aveva “apprezzabili dimensioni” e non era occultata da materiali di sorta, il motociclista avrebbe potuto avvistarla tempestivamente, cosicché l’incidente risultava prevenibile ed evitabile.

Conseguentemente, è stato ritenuto che il comportamento colposo del motociclista escludesse la responsabilità del Comune sia sotto il profilo della responsabilità da cose in custodia, che sotto il profilo dell’insidia o trabocchetto affermando testualmente che «sia che si inquadri la fattispecie in esame sotto l’egida normativa dell’articolo 2051 Cc (responsabilità da cose in custodia), ovvero sotto il referente normativo dell’articolo 2043 Cc (cd. insidia o trabocchetto), in entrambe le ipotesi il delineato comportamento colposo dell’utente danneggiato esclude la responsabilità della Pa, integrando il c.d. caso fortuito - comprensivo del fatto del terzo e della colpa esclusiva della vittima - che interrompe il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno».

Secondo la Suprema Corte tale ragionamento vanifica la differenza tra responsabilità ex articolo 2043 Cc e quella ex articolo 2051 Cc in quanto nello schema della seconda norma non servono indagini diverse da quelle relative alla catena causale dell’evento. La colpa del danneggiato può, in astratto, liberare dalla responsabilità il custode, ma si deve tradurre in un comportamento tale da recidere il nesso causale tra la cosa e il danno e consistere in qualcosa di imprevedibile e di anormale da annullare il legame tra danno e cosa in custodia.

Dunque, non è sufficiente affermare genericamente che la buca è grande e visibile ma bisogna dimostrare che il danneggiato ha tenuto un comportamento così anomalo e così imprevedibile che quanto è successo è colpa sua; laddove si rinvenga una forma di responsabilità da parte del danneggiato, peraltro, sarà anche possibile ipotizzare una situazione di colpa concorrente, individuando così una percentuale di danno da mettere a suo carico. Quello che conta, però, è che il caso concreto venga analizzato in tutti i suoi elementi e che si valorizzi il comportamento dei soggetti coinvolti non essendo sufficiente una valutazione generica.

In conclusione, nella responsabilità oggettiva per custodia, ciò che rileva è l’accertamento di tipo causale, ovverosia la derivazione del danno dalla cosa e dell’eventuale interruzione del nesso per effetto del caso fortuito (Corte cassazione, sezione III, sentenza n. 39965 del 14 dicembre 2021).

Invero, nella responsabilità oggettiva per custodia, ciò che rileva è l’accertamento di tipo causale, ovverosia la derivazione del danno dalla cosa e dell’eventuale interruzione del nesso per effetto del caso fortuito; non sono rilevanti altri elementi, quali il fatto che la cosa avesse o meno natura insidiosa o la circostanza che l’insidia fosse o meno percepibile ed evitabile da parte del danneggiato.

Pertanto, ove il danno consegua alla interazione fra il modo di essere della cosa in custodia e l’agire umano, non basta ad escludere il nesso causale fra la cosa e il danno non solo una condotta lato sensu colposa del danneggiato , richiedendosi anche che la stessa si connoti per oggettive caratteristiche di imprevedibilità ed imprevenibilità che valgano a determinare una definitiva cesura nella serie causale riconducibile alla cosa, ma a maggior ragione una condotta del danneggiato che, risulti, e comunque senza che ciò risulti, si profili solo ex post, cioè all’esito dell’apprezzamento dopo il verificarsi del danno dovuto alla condizione della cosa, tale che, se non fosse stata tenuta nel modo in cui lo è stato, il danno si sarebbe potuto evitare nonostante quella condizione.

«L’ente proprietario di una strada si presume responsabile, ai sensi dell’articolo 2051 c.c., dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo immanente connesse alla struttura ed alla conformazione della stessa e delle sue pertinenze, fermo restando che su tale responsabilità può influire la condotta della vittima, la quale, però, assume efficacia causale esclusiva soltanto ove sia qualificabile come abnorme, cioè estranea al novero delle possibilità fattuali congruamente prevedibili in relazione al contesto, potendo, in caso contrario, rilevare ai fini del concorso causale ai sensi dell’articolo 1227 c.c.».

Eterogeneità dei concetti di “negligenza della vittima” e “imprevedibilità”

La Suprema Corte già nella decisione n. 25837/2017 ha affermato che la eterogeneità tra i concetti di “negligenza della vittima” e di “imprevedibilità” della sua condotta da parte del custode ha per conseguenza che, una volta accertata una condotta negligente, distratta, imperita, imprudente, della vittima del danno da cose in custodia, ciò non basta di per sé ad escludere la responsabilità del custode che è infatti esclusa dal caso fortuito, ossia un evento che praevideri non potest.

Dunque, l’esclusione della responsabilità del custode quando lo stesso eccepisce la colpa della vittima, esige un duplice accertamento: (a) che la vittima abbia tenuto una condotta negligente; (b) che quella condotta non fosse prevedibile.

Sul punto la Suprema Corte ha stabilito che la mera disattenzione della vittima non necessariamente integra il caso fortuito per i fini di cui all’articolo 2051 del Cc, in quanto il custode, per superare la presunzione di colpa a proprio carico, è tenuto a dimostrare di avere adottato tutte le misure idonee a prevenire i danni derivanti dalla cosa (Corte Cass., Sez. 3, sentenza n. 13222 del 27/06/2016). La condotta della vittima d’un danno da cosa in custodia può dirsi imprevedibile quando sia stata eccezionale, inconsueta, mai avvenuta prima, inattesa da una persona sensata. Nella stessa logica, è stato affermato, con riguardo alla fruizione del godimento della strada pubblica, che «L’ente proprietario di una strada si presume responsabile, ai sensi dell’articolo 2051 c.c., dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo immanente connesse alla struttura ed alla conformazione della stessa e delle sue pertinenze, fermo restando che su tale responsabilità può influire la condotta della vittima, la quale, però, assume efficacia causale esclusiva soltanto ove sia qualificabile come abnorme, cioè estranea al novero delle possibilità fattuali congruamente prevedibili in relazione al contesto, potendo, in caso contrario, rilevare ai fini del concorso causale ai sensi dell’articolo 1227 c.c.» (Corte Cass., n. 2481/2018). In definitiva, la Suprema Corte ha ritenuto che il giudizio di sussunzione ha ignorato in astratto che il mero rilievo di una condotta colposa del danneggiato non è automaticamente idoneo a interrompere il nesso causale, che è manifestamente insito nel fatto stesso che la caduta sia originata dalla (prevedibile e prevenibile) interazione fra la condizione pericolosa della cosa e l’agire umano, occorrendo, invece che abbia caratteri tali da farle assumere efficacia causale esclusiva rispetto a quella dello stato della res. Ciò, quando detta condotta ricorra e non abbia tali caratteri e sempre rimanendo su un piano astratto, non significa, peraltro, che - ancorché non integrante il fortuito - non possa assumere rilevanza ai fini della liquidazione del danno cagionato dalla cosa in custodia, ma ciò può avvenire, non all’interno del paradigma dell’articolo 2051 del Cc, bensì ai sensi dell’articolo 1227 Cc (operante, ex articolo 2056 del Cc, anche in ambito di responsabilità extracontrattuale), ossia sotto il diverso profilo dell’accertamento del concorso colposo del danneggiato, valutabile sia nel senso di una possibile riduzione del risarcimento, secondo la gravità della colpa del danneggiato e le conseguenze che ne sono derivate (ex articolo 1227 c.c., comma 1), sia nel senso della negazione del risarcimento per i danni che l’attore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza (ex articolo 1227 c.c., comma 2), fatta salva, nel secondo caso, la necessità di un’espressa eccezione della controparte.

 

La posizione assunta della Terza Sezione della Corte di Cassazione ord. n. 39965/2021

La Terza Sezione della Corte di Cassazione nella recente ordinanza ha delineato i caratteri fondamentali dell’elemento del «caso fortuito» di cui all’articolo 2051 Cc quale elemento esterno idoneo ad elidere il nesso causale fra la cosa in custodia e il danno ad essa conseguente che “può essere costituito da un fatto naturale e dal fatto di un terzo o della stessa vittima” .

La corte territoriale aveva escluso la responsabilità della PA (quale, custode) in virtù della comprovata condotta colposa del danneggiato, reputata idonea ad integrare gli estremi del caso fortuito (essendo l’incidente prevedibile da parte della vittima in ragione delle ottimali condizioni di visibilità e delle apprezzabili dimensioni della buca), pur senza valutarne i profili di imprevedibilità e inevitabilità.

Invero, la fattispecie normativa di cui all’articolo 2051 Cc si fonda su un accertamento di tipo “causale” (e non sull’accertamento della natura “insidiosa” della cosa in custodia), per cui “la condotta del danneggiato  [può]  rilevare unicamente nella misura in cui valga ad integrare il caso fortuito, ossia presenti caratteri tali da sovrapporsi al modo di essere della cosa e da porsi essa stessa all’origine del danno in via esclusiva” .

Detta condotta, invero, ad avviso della Suprema Corte, deve essere connotata da   “oggettive caratteristiche di imprevedibilità ed inevitabilità che valgano a determinare una definitiva cesura nella serie causale riconducibile alla cosa, ma a maggior ragione una condotta del danneggiato che, senza essere in qualche modo inosservante della normalità dell’esercizio dell’attività esercitata legittimamente sulla cosa, come nella specie la circolazione sulla pubblica strada, risulti, e comunque senza che ciò risulti, si profili solo ex post, cioè all’esito dell’apprezzamento dopo il verificarsi del danno dovuto alla condizione della cosa, tale che, se non fosse stata tenuta nel modo in cui lo è stato, il danno si sarebbe potuto evitare nonostante quella condizione” .

La Corte di appello, limitandosi ad esaminare la sola condotta del danneggiato, ha omesso ogni valutazione in ordine all’effettiva adozione, da parte del custode, al tempo del fatto dedotto in giudizio, di tutte le misure idonee a prevenire i danni derivanti dalla cosa, rispetto alle quali la condotta della vittima avrebbe potuto assumere  “efficacia causale esclusiva soltanto ove sia qualificabile come abnorme, cioè estranea al novero delle possibilità fattuali congruamente prevedibili in relazione al contesto, potendo, in caso contrario, rilevare ai fini del concorso causale ai sensi dell’articolo 1227 c.c.”  (Cassazione, ordinanza n. 2481/18).

Ove il danno consegua alla interazione fra il modo di essere della cosa in custodia e l’agire umano , non basta a escludere il nesso causale fra la cosa e il danno non solo la condotta lato sensu colposa del danneggiato, richiedendosi anche che essa si connoti per oggettive caratteristiche di imprevedibilità e non prevenibilità che valgano a determinare una definitiva cesura nella serie causale riconducibile alla cosa, ma a maggior ragione una condotta del danneggiato che, senza essere in qualche modo inosservante della normalità dell’esercizio dell’attività esercitata legittimamente sulla cosa, come nella specie la circolazione sulla pubblica strada, risulti, e comunque senza che ciò risulti, si profili solo ex post, cioè all’esito dell’apprezzamento dopo il verificarsi del danno dovuto alla condizione della cosa, tale che, se non fosse stata tenuta nel modo in cui lo è stato, il danno si sarebbe potuto evitare nonostante quella condizione.

 

Dunque, la condotta della vittima d’un danno da cosa in custodia può dirsi imprevedibile quando sia stata eccezionale, inconsueta, mai avvenuta prima, inattesa da una persona sensata. D’altro canto l’ente proprietario di una strada si presume responsabile, ai sensi dell’articolo 2051 c.c., dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo immanente connesse alla struttura ed alla conformazione della stessa e delle sue pertinenze, fermo restando che su tale responsabilità può influire la condotta della vittima, la quale, però, assume efficacia causale esclusiva soltanto ove sia qualificabile come abnorme, cioè estranea al novero delle possibilità fattuali e congruamente prevedibili in relazione al contesto, potendo, in caso contrario, rilevare ai fini del concorso causale ai sensi dell’articolo 1227 del Cc.

 

Il principio di diritto

Il mero rilievo di una condotta colposa del danneggiato non è automaticamente idoneo a interrompere il nesso causale, che è manifestamente insito nel fatto stesso che la caduta sia originata dalla (prevedibile e prevenibile) interazione fra la condizione pericolosa della cosa e l’agire umano, occorrendo, invece che abbia caratteri tali da farle assumere efficacia causale esclusiva rispetto a quella dello stato della res.

 

Ciò, quando detta condotta ricorra e non abbia tali caratteri e sempre rimanendo su un piano astratto, non significa, peraltro, che - ancorché non integrante il fortuito - non possa assumere rilevanza ai fini della liquidazione del danno cagionato dalla cosa in custodia, ma ciò può avvenire, non all’interno del paradigma dell’articolo 2051 c.c., bensì ai sensi dell’articolo 1227 Cc(operante, ex articolo 2056 c.c., anche in ambito di responsabilità extracontrattuale), ossia sotto il diverso profilo dell’accertamento del concorso colposo del danneggiato, valutabile sia nel senso di una possibile riduzione del risarcimento, secondo la gravità della colpa del danneggiato e le conseguenze che ne sono derivate (ex articolo 1227 c.c., comma 1), sia nel senso della negazione del risarcimento per i danni che l’attore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza (ex articolo 1227 c.c., comma 2), fatta salva, nel secondo caso, la necessità di un’espressa eccezione della controparte.