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Esame d'avvocato: il caso di civile, decreto ingiuntivo e delibera oneri condominiali

Sui poteri di rilievo del giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo in caso di invalidità delle delibere di riparto degli oneri condominiali

di Patrizia Cianni

Con una recente decisione la Suprema Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, sentenza del 14 aprile 2021, n. 9839, ha statuito che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per la riscossione degli oneri condominiali il giudice può sindacare sia la nullità che l’annullabilità della delibera a fondamento dell’ingiunzione; in caso di delibera annullabile è però necessario che il vizio sia dedotto in via di azione e non di eccezione, conformemente a quanto previsto dall’ art. 1137, secondo comma, c.c. .

 

A - IL CASO

La vicenda

Il condominio Alfa ha promosso ricorso per decreto ingiuntivo nei confronti del condomino Tizio per il pagamento di un terzo delle spese dei lavori di rifacimento e di impermeabilizzazione del lastrico solare dell’edificio condominiale, poste a carico dell’ingiunto con tre deliberazioni dell’assemblea dei condomini nella misura di cui all’art. 1126 c.c., sul presupposto dell’uso esclusivo del manufatto.

Tizio propone opposizione al decreto ingiuntivo chiedendone la revoca, sostenendo che nessuna delle deliberazioni assembleari poste a fondamento del decreto ha disposto la ripartizione delle spese di riparazione del lastrico solare secondo il criterio di cui all’art. 1126 c.c. (un terzo a carico dei condomini che ne hanno l’uso esclusivo, due terzi a carico degli altri); che una delibera è nulla per mancata comunicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea; che, in ogni caso, le spese afferenti il lastrico solare devono essere ripartite secondo le quote millesimali, come previsto dall’art. 1123 c.c., e non secondo il criterio di cui all’art. 1126 c.c., in quanto egli, pur essendo proprietario del lastrico, non ne ha l’uso esclusivo, essendo lo stesso adoperato indistintamente da tutti i condomini.

Il candidato assunte le vesti del legale di Tizio rediga motivato parere illustrando le questioni giuridiche emergenti dalla fattispecie in esame.

 

1) La sentenza in esame: Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite Civili, sentenza del 14 aprile 2021, n. 9839

2) La questione giuridica

Se le deliberazioni dell’assemblea condominiale, con le quali le spese per la gestione delle cose e dei servizi comuni siano ripartite tra i condomini in violazione dei criteri legali dettati dagli artt. 1123 c.c. e segg. o stabiliti con apposita convenzione, debbano ritenersi sempre affette da nullità (come tali sottratte al regime di cui all’art. 1137 c.c.) ovvero se le dette deliberazioni possano ritenersi nulle soltanto quando l’assemblea abbia inteso modificare stabilmente (a maggioranza) i criteri di riparto stabiliti dalla legge o dalla unanime convenzione, dovendo invece ritenersi meramente annullabili (come tali soggette alla disciplina dell’art. 1137 c.c.) nel caso in cui tali criteri siano soltanto episodicamente disattesi.

Se, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei contributi per le spese condominiali, ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c., il giudice possa sindacare le eventuali ragioni di nullità della deliberazione assembleare di ripartizione delle spese su cui è fondata l’ingiunzione di pagamento ovvero se, invece, la delibazione della nullità della deliberazione debba essere riservata al giudice davanti al quale la medesima sia stata impugnata in via immediata nelle forme di cui all’art. 1137 c.c..

Se la statuizione di rigetto dell’opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei contributi condominiali, sulla base dello stato di ripartizione approvato dall’assemblea, dia luogo o meno alla formazione di giudicato implicito sull’assenza di cause di nullità della delibera.

 

3) Riferimenti normativi: art. 63 disp. att.; art. 1123, comma 1, c.c.; art. 1126, c.c.; art. 1130, comma 1, c.c.; art. 1137, c.c.; art. 645 c.p.c; art. 1137 c.p.c..

B – LA SOLUZIONE DEL CASO

4) Le possibili interpretazioni

1. Estensione del thema decidendum del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione degli oneri condominiali

a. Verifica cause di nullità della delibera  

La questione riguarda la possibilità di stabilire se nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione degli oneri condominiali il giudice può sindacare la validità della deliberazione assembleare di ripartizione delle spese su cui è fondata l’ingiunzione di pagamento ovvero se tale sindacato gli è precluso, per essere riservato ad apposito giudizio avente specificamente ad oggetto l’impugnazione in via immediata della deliberazione

In passato la giurisprudenza di legittimità ha dato risposta negativa al quesito sostenendo che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per le spese condominiali il condomino opponente non può far valere questioni attinenti alla validità della delibera condominiale ma solo questioni riguardanti l’efficacia della stessa (Corte Cass., Sez. 2, 7 novembre 2016, n. 22573; Corte Cass., Sez. 2, 1 agosto 2006, n. 22573) per cui il giudice dell’opposizione deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia della delibera assembleare, senza poter sindacare, neppure in via incidentale, la sua validità, trattandosi di sindacato riservato al giudice davanti al quale detta delibera sia stata impugnata (Corte  Cass., Sez. Un., 18 dicembre  2009, n. 26629; nel medesimo senso, Corte Cass., Sez. 2, 19 febbraio 2016, n. 3354 e Corte  Cass., Sez. 2, 23 febbraio 2017, n. 4672).

Il suddetto indirizzo giurisprudenziale ha, dunque, relegato l’azione di annullamento della delibera assembleare in un separato giudizio, necessariamente distinto da quello di opposizione al decreto ingiuntivo.

Le Sezioni Unite della Suprema Corte recentemente hanno superato l’indirizzo di cui sopra affermando il diverso principio secondo cui, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali, il limite alla rilevabilità d’ufficio dell’invalidità della sottostante delibera non opera allorché si tratti di vizi implicanti la sua nullità, in quanto la validità della Delibera rappresenta un elemento costitutivo della domanda di pagamento (Corte Cass., Sez. 2, 12 febbraio 2016, n. 305; Corte Cass., Sez. 2, 23 luglio 2019, n. 19832).

Diverse e fondate ragioni inducono a riconoscere al giudice dell’opposizione il potere di sindacare non solo l’eventuale nullità di tale deliberazione, ma anche la sua annullabilità, ove dedotta nelle forme e nei tempi prescritti dalla legge. In primo luogo, l’opposizione a decreto ingiuntivo apre un ordinario giudizio di cognizione sulla domanda proposta dal creditore con il ricorso per ingiunzione, il cui oggetto non è ristretto alla verifica delle condizioni di ammissibilità e di validità del decreto stesso, ma si estende all’accertamento dei fatti costitutivi del diritto in contestazione, ossia al merito del diritto fatto valere dal creditore con la domanda di ingiunzione (Corte Cass., Sez. 3, 18 marzo 2003, n. 3984; Corte Cass., Sez. L, 17 ottobre 2011, n. 21432).

Se il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo è un ordinario giudizio di cognizione , risulta arduo sostenere che il giudice dell'opposizione possa confermare il decreto ingiuntivo senza verificare la validità del titolo (ossia della delibera assembleare) posto a fondamento dell'ingiunzione, non potendo ritenersi consentito, in assenza di previsione di legge, creare uno ius singulare per la materia condominiale. Invero, la validità della deliberazione a fondamento della ingiunzione costituisce il presupposto necessario per la conferma del decreto ingiuntivo per cui non può ritenersi precluso al giudice dell’opposizione di accertare, ove richiesto o dovuto, la sussistenza del presupposto necessario per la pronuncia di rigetto o di accoglimento della opposizione.

Inoltre, ragioni di economia processuale, in linea col principio costituzionale della ragionevole durata del processo (art. 111 Cost., comma 2), impongono di riconoscere al giudice dell’opposizione al decreto ingiuntivo il potere di sindacare, ove richiesto, l’invalidità della deliberazione a fondamento dell’ingiunzione dato che in caso di negazione di tale potere sarebbe costretto a rigettare l’opposizione obbligando la parte opponente, che intenda far valere detta invalidità, a promuovere separato giudizio e, successivamente, nel caso in cui la deliberazione fosse annullata, a proporre domanda di accertamento e di ripetizione di indebito ovvero opposizione all’esecuzione, prolungando così il contenzioso tra le parti.

Al contrario, riconoscere al giudice dell’opposizione la possibilità di sindacare la validità della deliberazione assembleare consente di definire nel medesimo giudizio tutte le questioni relative alla delibera su cui si fonda l’ingiunzione e di evitare la proliferazione delle controversie; appare chiaro che si tratta di una interpretazione che, oltre ad essere in linea col principio costituzionale della ragionevole durata del processo, consente anche di evitare il rischio di contrasti di giudicati.

Quanto detto vale innanzitutto con riguardo al caso in cui la deliberazione assembleare sia affetta da “nullità” quale vizio radicale del negozio giuridico che impedisce, per sua natura, allo stesso di produrre alcun effetto nel mondo del diritto (quod nullum est nullum producit effectum) ed è deducibile da chiunque vi abbia interesse e rilevabile d’ufficio (art. 1421 c.c.); negare al giudice dell’opposizione al decreto ingiuntivo il potere di tener conto della eventuale nullità della deliberazione assembleare significa negare la stessa nozione di nullità costringendolo a ritenere giuridicamente efficace ciò che tale non è. Deve dunque riconoscersi, secondo i principi generali, che il giudice dell’opposizione al decreto ingiuntivo ha il potere di sindacare la nullità della deliberazione assembleare a fondamento della ingiunzione, che sia stata eventualmente eccepita dalla parte ed ha altresì il potere-dovere di rilevare d’ufficio l’eventuale nullità della deliberazione, con l’obbligo, in tal caso, di instaurare sulla questione il contraddittorio tra le parti ai sensi dell’art. 101 c.p.c., comma 2, (Corte Cass., Sez. Un., 12 dicembre 2014, n. 26242; Corte Cass., Sez. 2, 17 ottobre 2019, n. 26495).

b. Verifica delle cause di annullabilità

Altra questione concerne il potere del giudice dell’opposizione al decreto ingiuntivo di verificare l’esistenza di una causa di “annullabilità” della deliberazione a fondamento del decreto, ove dedotta dall’opponente nelle forme di legge, e di provvedere al suo annullamento. L’art. 1137 c.c., comma 2, (nel testo introdotto dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220, art. 15, comma 1) recita che: “Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti” e non prevede alcuna riserva dell’esercizio dell’azione di annullamento ad un apposito autonomo giudizio nè fornisce alcuna indicazione che legittimi una tale conclusione. Dunque, secondo il principio generale, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo l’opponente, che assume la posizione sostanziale di convenuto (al contrario dell’opposto, che assume la posizione sostanziale di attore), nel contestare il diritto azionato con il ricorso può proporre domanda riconvenzionale anche deducendo un titolo non strettamente dipendente da quello posto a fondamento della ingiunzione (Corte Cass., Sez. 2, 4 marzo 2020, n. 6091; Corte Cass., Sez. 1, 22 giugno 2018, n. 16564) e può, con la domanda riconvenzionale, esercitare l’azione di annullamento della deliberazione a fondamento del decreto ingiuntivo, ai sensi dell’art. 1137 c.c., comma 2. Piuttosto, occorre soffermarsi sul pregnante significato che assume la disposizione dell’art. 1137 c.c., comma 2, nel prescrivere le modalità processuali tramite le quali l’annullabilità della deliberazione dell'assemblea dei condomini può essere fatta valere in giudizio.

 

c. Questioni processuali relative all’annullabilità della deliberazione assembleare

Il “modello legale-tipico” tramite il quale l'annullabilità della deliberazione assembleare può essere dedotta dinanzi al giudice, previsto dall’art. 1137 c. c., è quello dell’azione di impugnativa , da esercitare mediante la proposizione di apposita domanda giudiziale; dunque, l’annullabilità della deliberazione assembleare può essere fatta valere in giudizio soltanto attraverso l’esercizio dell’azione di annullamento che deve estrinsecarsi in una domanda che può essere proposta “in via principale”, nell’ambito di autonomo giudizio, oppure “in via riconvenzionale”, anche nell’ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, sempreché il termine per l’esercizio dell’azione di annullamento non sia perento (come nel caso in cui il condomino assente non abbia ricevuto comunicazione della deliberazione assembleare di riparto delle spese).

Tuttavia, alcune precisazioni si impongono.

Per trovare risposta al quesito se l’annullabilità della deliberazione assembleare possa essere fatta valere, oltre che in via di azione, anche in via di eccezione, come è consentito per l’annullabilità relativa ai contratti (art. 1442 c.c., u.c.) è necessario analizzare la ratio della norma di cui all’art. 1137 c.c. che va rinvenuta nell’esigenza di assicurare certezza e stabilità ai rapporti condominiali, di modo che l’ente condominiale sia in grado di conseguire in concreto la sua istituzionale finalità della conservazione e gestione delle cose comuni nell’interesse della collettività dei partecipanti. Siffatta ratio legis spiega perché il legislatore, per un verso, ha stabilito che le deliberazioni adottate dall’assemblea “sono obbligatorie per tutti i condomini” (art. 1137 c.c., comma 1), anche per gli assenti e per i dissenzienti; e, per altro verso, ha sancito il principio dell’esecutività delle deliberazioni dell’assemblea, prevedendo che “L'azione di annullamento non sospende l’esecuzione della deliberazione, salvo che la sospensione sia ordinata dall'autorità giudiziaria” (art. 1137 c.c., comma 3). Corollario del principio dell’efficacia obbligatoria delle deliberazioni assembleari nei confronti di tutti i condomini è l’ulteriore principio per cui la sentenza di annullamento della deliberazione dell’assemblea ha efficacia di giudicato, in ordine alla causa di invalidità accertata, nei confronti di tutti i condomini, anche di quelli che non abbiano partecipato al giudizio di impugnativa promosso da uno o da alcuni di loro (Corte Cass., Sez. 2, 18 novembre 2019, n. 29878; Corte Cass., Sez. 2, 18 settembre 2020, n. 19608). Dunque, così come non è possibile che una deliberazione assembleare valida ed efficace vincoli alcuni condomini e non altri, essendo invece obbligatoria per tutti, allo stesso modo va escluso che la deliberazione assembleare possa essere giudizialmente annullata con effetto limitato al solo condomino impugnante e rimanga invece vincolante per gli altri partecipanti al condominio; la natura di ente collettivo del condomino, gestore di beni e di servizi comuni, esige che le deliberazioni assembleari debbano valere o non valere per tutti per cui l’art. 1137 c.c., comma 2, va interpretato nel senso che l’annullabilità della deliberazione non può essere dedotta in via di eccezione, ma solo “in via di azione”, ossia nella sola forma che consente una pronuncia di annullamento con efficacia nei confronti di tutti i condomini.

Dal punto di vista processuale va poi sottolineato che mentre l’azione di impugnativa è un'azione costitutiva, che mira alla rimozione della deliberazione con efficacia erga omnes, l’eccezione ha il limitato scopo di paralizzare la domanda altrui ed ottenerne il rigetto, senza sollecitare la cancellazione della deliberazione viziata dal mondo giuridico. Pertanto, ove fosse consentito dedurre l’annullabilità della deliberazione in via di eccezione, la deliberazione che risultasse viziata sarebbe privata di validità e di efficacia solo nei confronti del condomino eccipiente, restando valida ed efficace nei confronti degli altri condomini: risultato in contrasto con le esigenze di funzionamento del condominio, fatte proprie dal legislatore, e che, nel caso di deliberazioni di ripartizione delle spese, renderebbe impossibile la gestione della contabilità condominiale in quanto la quota di contribuzione di ciascun partecipante al condominio è rapportata alla quota di contribuzione degli altri per cui la caducazione di una quota non può non travolgere, inevitabilmente, anche le altre.

In conclusione, deve ritenersi che l’art. 1137 c.c., comma 2, prescrive l’azione di annullamento quale “unico modello legale” attraverso il quale è possibile far valere l’annullabilità della deliberazione dell’assemblea condominiale, con esclusione della possibilità di dedurre l’annullabilità in via di eccezione; invero, si tratta di “norma speciale di ordine pubblico” posta a tutela dell’interesse pubblico al funzionamento della collettività condominiale, derogatoria rispetto alle ordinarie regole dettate nella materia contrattuale. Trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti, la mancata deduzione della annullabilità nelle forme prescritte dalla legge, ossia con l’azione di annullamento, dà luogo a decadenza per mancato compimento dell’atto previsto dalla legge rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento (a differenza di quanto vale per la decadenza discendente dalla scadenza del termine di cui all’art. 1137 c.c., comma 2, che è riservata all’eccezione di parte, ai sensi dell’art. 2969 c.c.) per cui il giudice deve dichiarare inammissibile l’eventuale eccezione con cui, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l’opponente deduca l’eventuale annullabilità della deliberazione a fondamento dell’ingiunzione.

La domanda di annullamento della deliberazione assembleare in via principale o in via riconvenzionale

La domanda di annullamento della deliberazione assembleare può essere proposta “in via principale”, nell’ambito di autonomo giudizio, o “in via riconvenzionale”, anche nell’ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. La domanda in via principale può precedere il giudizio instaurato con l’opposizione al decreto ingiuntivo, ma può anche seguirlo, purché sia osservato il termine di decadenza di cui all’art. 1137 c.c.. Quando invece la domanda di annullamento sia proposta in seno al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, essa assumerà la veste di domanda riconvenzionale, che l’opponente (nella sua sostanziale posizione di convenuto) ha l’onere di proporre, a pena di decadenza, rilevabile d’ufficio dal giudice in quanto dettata nell’interesse pubblico all’ordinato sviluppo del processo, con l’atto di citazione in opposizione, che corrisponde alla comparsa di risposta del convenuto di cui all’art. 167 c.p.c.. Ciascun condomino è tenuto, ex art. 1137 c.c., a far valere l’annullabilità della deliberazione dell’assemblea condominiale, a pena di decadenza, entro il termine perentorio di trenta giorni decorrente, per i condomini assenti, dalla comunicazione della deliberazione (e, per i condomini dissenzienti o astenuti, dalla data della sua approvazione), divenendo in mancanza la delibera valida ed efficace nei confronti di tutti i condomini. La decadenza dal diritto di impugnare per l’avvenuta scadenza del termine perentorio, essendo di carattere temporale e relativa ad una materia non sottratta alla disponibilità delle parti, non può essere rilevata d’ufficio dal giudice (art. 2969 c.c.), ma è deducibile solo dalla parte a mezzo di eccezione (Corte Cass., Sez. 2, 20 aprile 2005, n. 8216).

La posizione assunta delle Sezioni Unite n. 9839/2021

La sentenza delle Sezioni Unite n. 9839/2021 può essere considerata una vera e propria rivoluzione in materia di amministrazione e gestione condominiali poiché introduce importanti conseguenze sia sotto il profilo del diritto sostanziale che sotto l’aspetto processuale nelle questioni condominiali.

Sotto il profilo del diritto sostanziale  la sentenza specifica i vizi di invalidità della delibera, nullità e annullabilità superando la contrapposizione tra vizio di sostanza e vizio di forma per approdare alla fattispecie della impossibilità della delibera da valutarsi in relazione alla mancanza assoluta del potere proprio dell’assemblea condominiale (nullità) ovvero al cattivo esercizio del potere proprio dell’assemblea (annullabilità entro 30 gg.); dunque, la questione non è più tra sostanza e forma, ma tra competenze e incompetenza dell’assemblea e quindi tra illegittimità ed impossibilità nell’esercizio dei poteri deliberativi essendo mutato il contesto di riferimento che vede l’annullabilità quale categoria generale delle cause delle invalidità delle delibere e la nullità quale ipotesi residuale, in linea con la riforma del diritto del condominio di cui alla L. 220/2012 e dell’art. 1137 c.c. in particolare.

Sotto l’aspetto processuale mentre prima il condomino che aveva ricevuto la notifica del decreto ingiuntivo emesso per la riscossione degli oneri condominiali poteva proporre opposizione entro 40 giorni dalla notifica solo per non essere proprio debitore oppure per non essere in debito nella misura richiesta ora, a seguito di tale decisione, risulta notevolmente ampliato l’oggetto del giudizio poiché si riconosce al giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo anche il potere di valutare la validità della delibera condominiale che approva il bilancio. Ne consegue che il giudice può revocare o confermare il decreto ingiuntivo nonché rigettare o accogliere la domanda del condomino ingiunto volta ad ottenere l’invalidità della delibera, e confermarne la validità o dichiararne la annullabilità o la nullità valutando se il criterio di riparto sia conforme o meno alla legge e/o alla convenzione, se l’assemblea abbia errato nell’indicare il criterio di riparto usato (annullabilità) o se abbia inteso derogare ai criteri di legge per il futuro (nullità).

Con tutta evidenza si tratta di nuove responsabilità gravanti sugli amministrator i che devono applicare con rigore i criteri di riparto e comunicare il verbale ai condomini senza eccezione alcuna con atto di data certa, lettera raccomandata a.r. o pec, presenti in assemblea, favorevoli o contrari o astenuti e assenti, così salvando la delibera; nel caso il condominio dovesse risultare soccombente, poi, si ritroverà senza bilancio e l’amministratore vedrà pregiudicata la sua immagine professionale ed i rapporti con la comunità condominiale con compromissione della fiducia dell’assemblea a fronte della invalidità della delibera di approvazione del bilancio per il venir meno dell’opportunità di ottenere a breve la liquidità sperata con il dilatarsi dei tempi di recupero dei crediti e pregiudizio per la gestione.

In conclusione, dal 14 aprile 2021, dunque, il condomino intimato cui viene notificato un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo sulla base dello stato di riparto delle spese approvato dall’assemblea, potrà far valere nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo sia i vizi di annullabilità che di nullità della delibera in quanto oggetto del giudizio sarà non solo la verifica delle condizioni di ammissibilità e di validità del decreto emesso ma anche l’accertamento dei fatti costitutivi del diritto e soprattutto la validità del titolo costituito dalla delibera che ha approvato la spesa oggetto del procedimento monitorio.

Sotto il profilo processuale è economico, logico e legittimo che il Giudice dell’opposizione possa confermare o revocare il decreto ingiuntivo previa verifica della validità della deliberazione assembleare a fondamento del decreto stesso; il Giudice dell’opposizione potrà rilevare d’ufficio la nullità della delibera  instaurando il contraddittorio tra le parti, o ppure la nullità della deliberazione potrà essere eccepita dalla parte.

Se il condomino debitore-opponente rileverà un vizio di annullabilità della delibera dovrà formulare espressa domanda riconvenzionale contenuta nell’atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo, volta a chiedere l’annullamento della delibera posta a base del procedimento monitorio nel rispetto dei termini ex art 1137 c.c. ovvero entro i trenta giorni dalla deliberazione/comunicazione del verbale; ed il vizio di annullabilità  non potrà essere solo eccepito dalla parte in quanto l’eccezione sarebbe inammissibile e il vizio rilevabile d’ufficio poiché se fosse accolta pregiudicherebbe la stabilità dei rapporti condominiali in quanto la delibera sarebbe dichiarata invalida ed inapplicabile per un solo condomino (mentre gli altri dovrebbero rispettarla) così pregiudicando la stabilità e l’uniformità applicativa circa il riparto delle spese condominiali.

Si tratta, dunque, di un effetto dirompente sulla vita condominiale in tempo di crisi economica in quanto il giudicato si forma sia sulla revoca del decreto ingiuntivo che sulla invalidità della delibera.

 

Il principio di diritto

Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità, dedotta dalla parte o rilevata d'ufficio, della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, sia l'annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest'ultima sia dedotta in via di azione - mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione in opposizione - ai sensi dell'art. 1137 c.c., comma 2, nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione.

Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, l’eccezione con la quale l’opponente deduca l’annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, senza chiedere una pronuncia di annullamento di tale deliberazione, è inammissibile e tale inammissibilità va rilevata e dichiarata d’ufficio dal giudice.

In tema di condominio negli edifici, sono affette da nullità, deducibile in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse, le deliberazioni dell’assemblea dei condomini che mancano ab origine degli elementi costitutivi essenziali, quelle che hanno un oggetto impossibile in senso materiale o in senso giuridico - dando luogo, in questo secondo caso, ad un “difetto assoluto di attribuzioni” -  e quelle che hanno un contenuto illecito, ossia contrario a “norme imperative o all’ordine pubblico o al buon costume”; al di fuori di tali ipotesi, le deliberazioni assembleari adottate in violazione di norme di legge o del regolamento condominiale sono semplicemente annullabili e l’azione di annullamento deve essere esercitata nei modi e nel termine di cui all'art. 1137 c.c..

In tema di deliberazioni dell'assemblea condominiale, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell’assemblea previste dall'art. 1135 c.c., nn. 2) e 3), e che è sottratta al metodo maggioritario; sono, invece, meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate senza modificare i criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione, ma in violazione degli stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell’esercizio delle dette attribuzioni assembleari, che non sono contrarie a norme imperative, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall’art. 1137 c.c., comma 2.

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