Extracomunitari, la credibilità del racconto di chi chiede protezione va valutata complessivamente
La fuga preventiva dell'omosessuale a rischio nel suo paese d'origine non vale ad escluderne la credibilità
La Cassazione, con una serie di principi di diritto, continua a dettagliare i requisiti per la concessione dello stato di rifugiato e della protezione umanitaria. Con riguardo alla omosessualità dichiarata ed al pericolo corso nel paese d'origine (nel caso il Gambia), la sentenza n. 24183 depositata il 2 novembre chiarisce che non si può sbrigativamente considerare come non credibile il racconto ed escludere i rischi derivanti dalla assodata situazione di persecuzione della omosessualità, «in ragione della natura preventiva della fuga edalla assenza di un già sofferto stato di persecuzione».
La narrazione del richiedente infatti va riguardata complessivamente e nella motivazione devono trovare compiuta traccia le ragioni del diniego della protezione con riguardo alle specifiche deduzioni riportate.
La III Sezione civile ricorda che l'articolo 3, comma 5, lettera e), del Dlgs n 251/2007 prevede che, nella valutazione di credibilità, si deve verificare anche se il richiedente «è, in generale, attendibile». «Pur senza escludere, in astratto, che una specifica incongruenza relativa anche soltanto ad un profilo accessorio possa, per il ruolo specifico della circostanza narrata, inficiare del tutto la valutazione di credibilità del ricorrente – argomenta la decisione - la norma, ponendo come condizione che il racconto sia "in generale, attendibile" non può che essere intesa nel senso di ritenere sufficiente che il racconto sia credibile "nell'insieme" e dunque, attribuendo alle parole il loro esatto valore semantico, e cioè all'inciso "in generale" quello di "complessivamente" o "globalmente"».
Mentre la Corte di appello di Roma scrivendo che l'extracomunitario non rischiava nulla tornando in Gambia perché non era omosessuale, ha fornito una motivazione «non coerente con la premessa fattuale del richiedente asilo», dando per scontata la sua inattendibilità senza però fornirne un adeguato riscontro.
«Il Sindacato di legittimità sulla motivazione ex articolo 360 comma 1 n. 4 cpc – recita il secondo principio di diritto -, per mancanza della motivazione quale "requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale", per "motivazione apparente", per "manifesta ed irriducibile contraddittorietà" e per "motivazione perplessa od incomprensibile", postula che il giudice di merito debba esaminare i fatti allegati e darne conto in modo logico in ossequio all'art. 132 n. 4 cpc; "e che, ove manchi la prova di essi, il percorso argomentativo del rigetto mostri la linea consequenziale fra la premessa e la conclusione cui egli decide di pervenire» . Sembrerebbe lapalissiano ma evidentemente giova ripeterlo.
Con una seconda decisione, la n. 24185 sempre del 2 novembre, la Cassazione afferma che quando il ricorrente per sua scelta abbia cumulato la domanda di protezione umanitaria con quelle aventi per oggetto lo "status" di rifugiato o la protezione sussidiaria, assoggettate allo speciale rito camerale di cui all'articolo 35 bis del Dlgs n. 25 del 2008, non può poi dolersi della mancata pronuncia di inammissibilità della domanda di protezione umanitaria, in applicazione del divieto di "venire contra factum proprium" di cui all'articolo 157, comma 3, c.p.c., secondo il quale la nullità non può mai essere opposta dalla parte che vi ha dato causa.
Infatti, prosegue la decisione, «qualora le azioni dirette ad ottenere le protezioni internazionali tipiche (status di rifugiato e protezione sussidiaria) e le azioni volte al riconoscimento di quella atipica (protezione umanitaria) siano state contestualmente proposte con un unico ricorso, per libera e autonoma scelta processuale del ricorrente, trova comunque applicazione, per tutte le domande connesse e riunite, il rito camerale di cui all'art. 35 bis Dlgs n. 25/2008 davanti alla sezione specializzata del Tribunale in composizione collegiale, in ragione della profonda connessione, soggettiva ed oggettiva, esistente tra le predette domande e della prevalenza della composizione collegiale del Tribunale in forza del disposto dell'art. 281 nonies cod.proc.civ».