Civile

Fallimento del consumatore: i giudici anticipano la riforma

Le norme del Dlgs 14/2019 in vigore da settembre 2021 vengono già applicate

di Niccolò Nisivoccia e Michele Valente

Sempre più giudici utilizzano le nuove regole sul sovraindebitamento contenute nel Codice della crisi e dell’insolvenza (Dlgs 14/2019), come punto di riferimento alla luce del quale interpretare la disciplina vigente e assumere le proprie decisioni. Sia sul tema della “meritevolezza” del sovraindebitato (Tribunale di Vicenza e di Ancona) sia su quello del piano “unico” in caso di procedure che riguardano più componenti di una stessa famiglia (Tribunale di Napoli), la stella polare è infatti quella del maggior favore verso il debitore.

Il differimento di un anno dell’entrata in vigore del Codice della crisi (fissata ora al 1° settembre 2021) determinato dall’emergenza economica causata dalla pandemia e previsto dal Dl 23/2020, era stato spiegato dal legislatore nella relazione illustrativa al decreto, con il fatto che l’attuale momento storico determinerebbe una scarsa compatibilità tra lo «strumento giuridico nuovo» e la «situazione di sofferenza economica, nella quale gli operatori più che mai hanno necessità di percepire una stabilità a livello normativo».

Le preoccupazioni del legislatore non sembrano però trovare pieno conforto nelle decisioni sull’accesso alla procedura prese di recente da diversi tribunali che hanno guardato al Codice della crisi come a un valido “dato ermeneutico” alla luce del quale interpretare la disciplina vigente.

I tribunali

Ne sono un esempio concreto alcune recentissime sentenze. In primis, quella del Tribunale di Vicenza del 24 settembre 2020, che ha respinto il reclamo proposto contro l’omologa di una procedura di sovraindebitamento riguardante un’insegnante ludopatica, considerata dalla reclamante non “meritevole”, avendo colpevolmente generato l’insolvenza. Secondo il Tribunale, invece, l’impedimento all’accesso alla procedura va individuato nella sola “colpa grave” (e non nella “colpa” pura e semplice), come previsto appunto dal Codice della crisi: e nella fattispecie la “colpa grave” non risultava provata. Nel medesimo solco è la sentenza del Tribunale di Ancona in data 16 luglio 2019, secondo la quale andrebbe sempre “preferita” una lettura delle norme vigenti coerente con l’evoluzione della normativa e quindi, sul piano della colpa del sovraindebitato, con l’articolo 69 del Codice della crisi, che nell’ottica di un maggior favor verso il debitore esclude a sua volta l’accesso alla procedura solo a partire dalla “colpa grave”.

Il Tribunale di Napoli ha invece da poco autorizzato (provvedimento del 1° luglio 2020) l’apertura della procedura di liquidazione del patrimonio di due coniugi, recependo un’altra delle novità introdotte dal Codice della crisi, consistente nella possibilità, da parte dei “membri di una stessa famiglia” di presentare un unico piano (come il Codice prevede anche per i concordati di gruppo).

Le novità del Codice

Il Codice della crisi non rivoluzionerà la procedura di sovraindebitamento ma introdurrà alcune novità di rilievo e talvolta anche sostanziali. Al di là delle modifiche puramente formali, come i nuovi nomi delle procedure (una su tutte: l’«accordo di composizione della crisi» diventerà «concordato minore») o la nuova definizione di «sovraindebitamento» (che si intenderà come uno «stato di crisi o di insolvenza» tout court), decisamente più rilevanti saranno le novità riguardanti il presupposto soggettivo per l’accesso alla procedura (che verrà estesa, tra gli altri, anche ai soci illimitatamente responsabili – nei limiti dei debiti estranei a quelli sociali – e, come sopra visto, ai «membri della stessa famiglia») e quelle afferenti all’esdebitazione, quale conseguenza naturale dell’accesso alla procedura. Tutte novità che rilevano non solo sotto un profilo squisitamente pratico, ma anche al fine di individuare l’intento con il quale il legislatore è pervenuto alla riforma: garantire il ricorso del soggetto sovraindebitato a strumenti che gli permettano l’esdebitazione, in nome del principio del favor debitoris.

Lo spirito del legislatore non è quindi passato inosservato agli occhi della giurisprudenza, ma del resto già un anno fa (quando era previsto che il Codice entrasse in vigore ad agosto 2020) la Cassazione aveva affermato che dovesse già considerarsi «diritto vivente» e assumersi quale «significativo dato interpretativo» delle attuali fattispecie. Un principio accolto dai Tribunali, che hanno probabilmente visto nel Codice lo strumento di piena attuazione della ratio della procedura di sovraindebitamento: garantire il recupero di una serenità economica, facendo fronte ai debiti secondo le proprie possibilità e senza doversi muovere a tempo indefinito in ambito “sommerso”.

C’è però un interrogativo più ampio. E cioé quale sia l’approccio che più tutela il debitore in questo periodo di incertezze: quello più conservativo del legislatore, che raccomanda l’adozione delle procedure da tempo rodate, o quello più evolutivo della giurisprudenza, votata ormai all’interpretazione dei fatti secondo i princìpi del Codice della crisi per quanto non ancora in vigore (anche se in Parlamento ci sono stati tentativi - fino ad oggi non riusciti - di far entrare in vigore le nuove norme sul sovraindebitamento prima del resto del Codice inserendole nei decreti emergenziali: ma non è detto che altri tentativi non vadano a buon fine).

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