Falso in atto pubblico per la guardia medica che attesti come domiciliare la “visita” telefonica
Il reato scatta perché il medico privato convenzionato con l’Ausl con il servizio assume il ruolo di pubblico ufficiale e il report delle attività pur se non ha rilevanza esterna con la sua falsità incide sulla correttezza interna alla Pa
Il medico privato convenzionato con l’Asl che svolge il ruolo di guardia medica in via temporanea è pubblico ufficiale e non solo incaricato di pubblico servizio, al pari di quanto già affermato per i medici convenzionati con il servizio sanitario nazionale.
Rientra nella nozione di atto pubblico la scheda compilata dallo stesso medico che attesta le prestazioni rese durante il servizio temporaneo di guardia turistica. La falsità dell’atto rileva anche se non fa fede all’esterno, ma nell’ambito della concatenazione documentale interna alla pubblica amministrazione. La considerazione vale anche nel caso in cui si tratti di documento informatico.
Con queste affermazioni la Corte di cassazione penale attraverso la sentenza n. 26756/2025 ha - seppur dichiarando estinto il reato per prescrizione - esclusa la possibilità di affermare l’insussistenza del reato e l’astratta non punibilità del ricorrente che con le dovute motivazioni i giudici hanno escluso potesse ottenere una sentenza di proscioglimento nel merito.
L’espressione “faciente fede” riferita al documento, utilizzata dalla norma incriminatrice (articolo 479 del Codice penale) del falso ideologico in atto pubblico commesso da pubblico ufficiale non sottintende che rilevi verso terzi estranei al rapporto tra pubblico ufficiale e pubblica amministrazione per cui svolge il servizio verso l’utenza.
E lo stesso vale per l’espressione “efficacia probatoria” utilizzata dal Legislatore per sanzionare il caso del falso di un documento informatico che, come spiega la Cassazione in contrapposizione alla tesi del ricorso, scatta anche per la sua rilevanza probatoria verso la stessa Pa nei suoi rapporti interni.
Nella sua difesa, tra l’altro il ricorrente faceva rilevare che attestare l’avvenuta visita domiciliare al posto della reale consulenza telefonica esplicata verso la paziente, poteva semmai essere considerata violazione deontologica professionale, ma non falso ideologico in atto pubblico come contestatogli in quanto non veniva asserita una falsa visita nel barrare la casella del report informatico che indicava “visita domiciliare”.
Inoltre, sosteneva il medico ricorrente, che dovesse darsi rilevanza alla circostanza che il documento informatico riportasse l’ora di compilazione della scheda informativa sulle attività svolte e non il reale orario in cui si era espletata la consulenza telefonica verso la paziente. Aspetto tecnico che - proprio sul punto dell’orario non sembra aver la rilevanza al fine di escludere la falsità dell’attestazione e non ha colto l’attenzione del giudice di legittimità.
Infine, come già anticipato non ha fatto breccia l’argomento sostenuto dal ricorrente in ordine al nuovo reato ex articolo 491 bis del Codice penale che contempla l’ipotesi della falsità in atto pubblico che sia costituito da un documento informatico. Il medico intendeva far rilevare che la norma prevede la sanzione penale quando la falsità riguardi sì un “documento informatico pubblico”, ma avente “efficacia probatoria”, che sarebbe da escludere per il report interno al rapporto tra lui e l’Ausl sulle attività svolte nel servizio temporaneo di guardia turistica. Come già detto la rilevanza interna non esclude il valore pubblicistico dell’atto.