Famiglia

Famiglia e successioni: il punto sulla giurisprudenza dei giudici di merito

La selezione delle pronunce di merito in tema di diritto di famiglia e delle successioni del 2022

di Valeria Cianciolo

Si segnalano in questa sede i depositi della giurisprudenza di merito del gennaio 2022 in materia di diritto di famiglia e delle successioni. Le pronunce in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni:
1.Dichiarazione giudiziale di paternità e risarcimento del danno
2.Dichiarazione giudiziale di paternità e mezzo di prova
3.Revoca della donazione, inventario e relazione di possesso con i beni donati
4.Separazione, compensazione degli obblighi di mantenimento e validità dei patti fra i coniugi
5.Legittimario pretermesso simulazione di un atto e accettazione dell'eredità con beneficio di inventario
6.Azione di riduzione e donazione dissimulata
7.Minori non accompagnati
8.Revoca del mantenimento per i figli ultratrentenni

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1. DICHIARAZIONE GIUDIZIALE DI PATERNITÀ – Risarcimento del danno per il disinteresse mostrato dal padre nei confronti del figlio per lunghi anni (Cc, articoli 148, 261, 316 bis)
La sentenza dichiarativa della filiazione naturale produce gli effetti del riconoscimento, ai sensi dell'articolo 277 cod. civ., e, quindi, a norma dell'articolo 261 cod. civ., implica per il genitore tutti i doveri propri della procreazione legittima, incluso quello del mantenimento ex articolo 148 cod. civ.. La relativa obbligazione si collega allo "status" genitoriale e assume di conseguenza pari decorrenza, dalla nascita del figlio.
Qualificando il diritto al mantenimento, non come mero diritto di contenuto patrimoniale, ma come diritto fondamentale della persona garantito dalla Costituzione, ha riconosciuto al figlio il diritto al risarcimento, per il fatto in sé della lesione e a prescindere dalla sussistenza di conseguenze negative patrimoniali, per il danno arrecatogli dalla condotta del genitore, obbligato al suo mantenimento.
In ordine alla dimostrazione del dedotto danno conseguito all'illecito dal quale è derivata al soggetto leso la privazione del rapporto di stretta parentela, la giurisprudenza ha più volte evidenziato come il ricorso al sistema presuntivo sia da ritenersi legittimo e da utilizzarsi con favore in simili casi ove il rinvio agli altri mezzi di prova risulti di fatto problematico
Corte d'Appello Roma, Sez. delle persone, dei minori e della fam., sentenza 14 febbraio 2022, n. 1003 – Pres. Tucci, Cons. Rel. Sordi

2. DICHIARAZIONE GIUDIZIALE DI PATERNITÀ – La prova in tema di dichiarazione giudiziale di paternità o maternità può essere fornita "con ogni mezzo" (Cc, articoli 148, 261, 269, 277, 316 bis e 337 ter)
L'ammissione degli accertamenti immunoematologici non è subordinata all'esito della prova storica dell'esistenza di un rapporto sessuale tra il presunto padre e la madre, giacché il principio della libertà di prova, sancito, in materia, dall'articolo 269, comma 2, c.c., non tollera surrettizie limitazioni, né mediante la fissazione di una gerarchia assiologica tra i mezzi istruttori idonei a dimostrare quella paternità, né, conseguentemente, mediante l'imposizione, al giudice, di una sorta di "ordine cronologico" nella loro ammissione ed assunzione, avendo, per converso, tutti i mezzi di prova pari valore per espressa disposizione di legge.
L'efficacia delle indagini ematologiche ed immunogenetiche sul Dna non può essere esclusa per la ragione che esse sono suscettibili di utilizzazione solo per compiere valutazioni meramente probabilistiche, in quanto tutte le asserzioni delle scienze fisiche e naturalistiche hanno natura probabilistica, anche quelle solitamente espresse in termini di leggi scientifiche.
Tribunale Foggia, Sez. I, sentenza 21 gennaio 2022, n. 188 – Pres. Potito, Cons. Rel. Rizzi

3. ACCETTAZIONE CON BENEFICIO DI INVENTARIO - Revocata la donazione, i beni donati sono beni dell'eredità (Cc, articoli 485, 769)
La situazione di possesso, a qualsiasi titolo di beni ereditari da parte del chiamato, quale prevista dall'articolo 485 cod. civ. richiede solo una mera relazione materiale tra i beni ed il chiamato alla eredità e cioè una situazione di fatto che consenta l'esercizio in concreto di poteri sui beni stessi, accertata la quale incombe al chiamato, ove voglia sottrarsi alle conseguenze del cit. articolo 485, l'onere di provare che, per un qualsiasi eccezionale evento, vi sia stata la materiale impossibilità di esercitare il possesso dei beni riguardo ai quali si configuri l'anzidetta situazione.
Revocata la donazione effettuata ai figli dal de cuius, i beni donati sono a tutti gli effetti da considerarsi "beni dell'eredità", il cui possesso è idoneo ad attivare gli effetti di cui all'articolo 485, cod. civ.
Tribunale di Forlì, sentenza 29 marzo 2022 n. 294 – Giudice Pizzi

4. SEPARAZIONE – Validi i patti senza omologazione del tribunale attinenti ai rapporti tra genitori e figli (Cc, articoli 315 e 447)
Sono validi i patti (senza la necessaria omologazione del tribunale) riguardanti condizioni attinenti ai rapporti tra genitori e figli.
Nel caso di specie, nell'accordo di separazione era stabilito che gli importi dovuti dal marito alla moglie in forza degli obblighi contributivi al mantenimento dei figli, in nessun caso potevano essere compensati con eventuali crediti del marito nei confronti della moglie.
Gli accordi omologati tra i coniugi non esauriscono necessariamente ogni rapporto tra le parti ed i coniugi possono legittimamente sottoscrivere accordi anteriori, contemporanei o anche successivi alla separazione o al divorzio, attraverso la forma della scrittura privata o dell'atto pubblico.
Tali accordi, laddove contestati da uno dei coniugi, cedono necessariamente il passo di fronte al titolo esecutivo azionato (e non modificato), ma laddove, come nel caso di specie, la loro esistenza sia riconosciuta da entrambi i coniugi, essi costituiscono fatto modificativo sopravvenuto certamente valutabile sia dal giudice dell'esecuzione sia da quello dell'opposizione
NOTA
Nel corso di un giudizio di separazione personale, i coniugi possono validamente regolamentare con un accordo transattivo interessi di carattere patrimoniale per la composizione del relativo contrasto.
Il problema della compensabilità tra i crediti di mantenimento, aventi natura alimentare, vantati dal coniuge separato e gli altri diritti reclamati dall'altro coniuge dopo la separazione, va letta alla luce dell'articolo 447 c.c., il cui secondo comma dispone che: "L'obbligato agli alimenti non può opporre all'altra parte la compensazione, neppure quando si tratta di prestazioni arretrate". Per giustificare l'attuazione della norma ai crediti inerenti obblighi di mantenimento nei confronti della prole, è necessario accedere alla qualificazione fatta propria dalla giurisprudenza, del carattere sostanzialmente alimentare dell'assegno di mantenimento.
Chi sposa la soluzione opposta, ossia, ritiene non operativo il divieto, fa leva sull'articolo 1246, n. 5, c.c. in cui è statuito che la compensazione non può operare solo dove esista un divieto dettato dalla legge.
L'articolo 447 c.c., rappresenterebbe dunque un'eccezione al principio generale della libera operatività della compensazione e si riferirebbe a tassative ipotesi, non passibili di estensione analogica ai crediti derivanti da assegni di mantenimento dovuti alla prole.
L'assegno di mantenimento ha la sua fonte legale nel diritto all'assistenza materiale che grava su entrambi i coniugi durante la vita matrimoniale, si giustifica per il dovere di solidarietà, si fonda su obblighi di natura assistenziale e si caratterizza per la riferibilità a criteri determinativi inerenti le condizioni economiche e personali dei coniugi; al contrario, il credito alimentare ha la sua ratio nell'incapacità della persona che versa in stato di bisogno di procurarsi quanto necessario.
Alimenti e mantenimento rappresentano dunque concetti ben distinti tra loro, al punto da non permettere di sovrapporre interamente i principi governanti ciascuna di queste materie all'altra e viceversa.
Secondo la giurisprudenza la compensazione, come forma alternativa di adempimento di un'obbligazione, non è applicabile per i crediti di mantenimento. Tuttavia non tutti gli assegni di mantenimento possono ritenersi uguali e soprattutto non tutte le somme indicate nell'assegno possono intendersi riferibili ai medesimi soggetti del nucleo familiare.
La differenza tra l'attribuzione dell'assegno di mantenimento al coniuge o al figlio ha la sua importanza poiché la quantificazione del contributo dovuto ai figli non si basa su una rigida comparazione della situazione patrimoniale di ciascun coniuge, bensì tenendo conto delle normali esigenze del figlio rapportate al tenore di vita goduto durante la convivenza dei genitori.
Il mantenimento alla prole successivamente alla separazione personale dei coniugi è disciplinato dall'articolo 147 c.c. che statuisce il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli, obbligando conseguentemente i genitori a far fronte ad una molteplicità di esigenze. Diversa è la ratio dell'obbligo di mantenimento nei confronti del coniuge che ha invece lo scopo di integrare le insufficienze di reddito del coniuge debole in modo da potergli consentire di provvedere alle proprie esigenze di vita.
Pertanto, le maggiori potenzialità economiche del genitore affidatario permettono di garantire al minore un migliore soddisfacimento delle sue esigenze di vita, senza però comportare una diminuzione proporzionale del contributo posto a carico dell'altro genitore.
Tuttavia, giova precisare come il fenomeno compensativo garantisca l'elisione di due reciproche posizioni debitorie fino al limite della loro concorrenza quando i due soggetti coinvolti siano ciascuno debitore e al tempo stesso creditore dell'altro e cioè nella simmetrica situazione in cui il diritto all'adempimento è bilanciato e neutralizzato dal contestuale obbligo di adempimento.
Presupposti dunque della compensazione legale sono ordinariamente individuati nella reciprocità dei debiti, nell'omogeneità, nella certezza, nella liquidità, nell'esigibilità, nell'autonomia dei rapporti.

Tribunale Bergamo, Sez. II, sentenza 12 maggio 2022, n. 1143 – Giudice Fuzio

5. SUCCESSIONI - Il legittimario pretermesso che impugna per simulazione un atto non è tenuto alla preventiva accettazione dell'eredità con beneficio di inventario (Cc articolo 564)
Il legittimario pretermesso non è chiamato alla successione per il solo fatto della morte del de cuius, potendo acquistare i suoi diritti solo dopo l'esperimento delle azioni di riduzione o di annullamento del testamento. Per l'effetto, la condizione della preventiva accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, ex articolo 564, 1 comma, c.c., per l'esercizio dell'azione di riduzione, opera soltanto per il legittimario che abbia al contempo tempo la qualità di erede, e non anche per il legittimario totalmente pretermesso dal testatore.
Il legittimario totalmente pretermesso che impugna per simulazione un atto compiuto dal "de cuius", a tutela del proprio diritto alla reintegrazione della quota di legittima, agisce, sia nella successione testamentaria che in quella "ab intestato", in qualità di terzo e non in veste di erede, acquisendo quest'ultima qualità solo in conseguenza del positivo esercizio dell'azione di riduzione, sicché, come tale, non è tenuto alla preventiva accettazione dell'eredità con beneficio di inventario; né vi è tenuto quando agisca per far valere una simulazione assoluta od anche relativa, ma finalizzata a far accertare la nullità del negozio dissimulato, in quanto, in queste ipotesi, l'accertamento della realtà effettiva consente al legittimario di recuperare alla massa ereditaria i beni donati, mai usciti dal patrimonio del defunto.
NOTA
L'articolo 564, 1 comma, cod. civ., impone quale condizione per l'esercizio dell'azione di riduzione, che il legittimario abbia accettato l'eredità con beneficio di inventario. Tale condizione non occorre quando il legittimario agisca in riduzione contro persone chiamate come coeredi e quando il legittimario sia stato totalmente pretermesso dal testatore.
La ratio della norma che impone l'accettazione beneficiata come condizione per l'esercizio dell'azione di riduzione viene per lo più individuata nella tutela dei legatari e donatari estranei, per i quali è necessaria la preventiva constatazione ufficiale della consistenza dell'asse ereditario che accerti l'effettiva lesione.

Corte d'Appello Venezia, Sez. II, sentenza 29 marzo 2022, n. 713 – Pres. Santoro, Cons. Rel. Morsiani

6. SUCCESSIONI - Azione di riduzione e donazione dissimulata (Cc, articoli 553, 559, 564, 2721 e 2729)
Dall'esercizio dell'azione di simulazione da parte dell'erede per l'accertamento di dissimulate donazioni non deriva necessariamente che egli sia terzo, al fine dei limiti alla prova testimoniale stabiliti dall'articolo 1417 c.c., perché, se l'erede agisce per lo scioglimento della comunione, previa collazione delle donazioni - anche dissimulate - per ricostituire il patrimonio ereditario e ristabilire l'uguaglianza tra coeredi, subentra nella posizione del "de cuius", traendo un vantaggio dalla stessa qualità di coerede rispetto alla quale non può avvantaggiarsi delle condizioni previste dall'articolo 1415 c.c.; è invece terzo, se agisce in riduzione, per pretesa lesione di legittima, perché la riserva è un suo diritto personale, riconosciutogli dalla legge, e perciò può provare la simulazione con ogni mezzo.
In tema di successioni, il legittimario è ammesso a provare, nella veste di terzo, la simulazione di una vendita fatta dal "de cuius" per testimoni e presunzioni, senza soggiacere ai limiti fissati dagli articoli 2721 e 2729 c.c., a condizione che la simulazione sia fatta valere per un'esigenza coordinata con la tutela della quota di riserva tramite la riunione fittizia; egli, pertanto, va considerato terzo anche quando l'accertamento della simulazione sia preordinato solamente all'inclusione del bene, oggetto della donazione dissimulata, nella massa di calcolo della legittima e, così, a determinare l'eventuale riduzione delle porzioni dei coeredi concorrenti nella successione "ab intestato", in conformità a quanto dispone l'articolo 553 c.c..
Ai fini dell'accertamento della dissimulazione della donazione di un immobile mediante una simulata vendita dai defunti genitori al figlio, è presuntivamente sufficiente la considerazione del rapporto di filiazione, l'assenza di qualsivoglia dimostrazione circa l'effettivo pagamento del prezzo e la genericità delle allegazioni relative ai modi e ai tempi in cui sarebbe avvenuto il versamento del prezzo in contanti.
L'azione di simulazione relativa alla proposta dall'erede in ordine ad un atto di disposizione patrimoniale del "de cuius" stipulato con un terzo, che si assume lesivo della quota di legittima ed abbia tutti i requisiti di validità del negozio dissimulato (nella specie una donazione in favore di un altro erede), deve ritenersi proposta esclusivamente in funzione dell'azione di riduzione prevista dall'articolo 564 c.c., con la conseguenza che l'ammissibilità dell'azione è condizionata dalla preventiva accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario"): tale condizione non ricorre, infatti, soltanto quando l'erede agisca per far valere una simulazione assoluta o anche relativa, ma finalizzata a far accertare la nullità del negozio dissimulato, in quanto, in tale ipotesi, l'accertamento della realtà effettiva consente al legittimario di recuperare alla massa ereditaria i beni donati, mai usciti dal patrimonio del defunto.
Nel caso in esame i Giudici hanno condiviso la valutazione indiziaria proposta da parte attrice (viltà del prezzo, strettissimi legali di parentela tra le parti del negozio, immediata restituzione del prezzo agli acquirenti) in ordine alla simulazione del contratto di vendita.
Tribunale Bolzano, Sez. I, sentenza 29 aprile 2022, n. 422 – Pres. Erlicher, Giud. Rel. est. Fischer

7. MINORI - La nozione di "familiare" è più ampio rispetto a quello di "parente"
( Dlgs 18 agosto 2015, n. 142, articolo 19)
L'assenza di un genitore non si traduce automaticamente nella necessità di considerare il minore come straniero non accompagnato e di reperire un'accoglienza in base all'art. 19 del decreto legislativo n. 142/2015. Infatti, la nozione di "familiare" comprende persone meramente conviventi ed è assai più ampio rispetto a quello di "parente". Pertanto il collocamento presso o insieme ad un familiare, da preferire rispetto al collocamento in comunità, prescinde dalla dimostrazione di un rapporto di parentela, ma richiede l'accertamento di uno stretto vincolo di convivenza o comunque di un rapporto affettivo assimilabile di fatto ad un rapporto di parentela.
NOTA
Nel caso in esame, il provvedimento del Tribunale per i minorenni di Bolzano riguarda l'accoglienza di 7 orfani ucraini che vivevano in struttura e che erano fuggiti insieme alla direttrice della struttura stessa.
Il Tribunale per i minorenni ha rigettato l'istanza di nomina di un tutore ai minori, presentata dal Pubblico Ministero affermando che la qualifica di tutrice – già assegnata alla direttrice della struttura dalle norme ucraine – fosse applicabile in Italia ai sensi della Convenzione dell'Aja del 1996.
Nell'interesse dei minori è stato disposto il collocamento degli stessi, insieme alla tutrice, loro persona di riferimento affettivo, in un appartamento messo a disposizione da una amica della medesima, valorizzando il legame affettivo creatosi in Ucraina tra la direttrice ed i minori orfani.
Il decreto del T.M. di Bolzano richiama anche la Legge 7 aprile 2017, n. 47 che completa e ritocca i seguenti testi normativi:
il testo unico sull'immigrazione (d.lgs. n. 286/1998),
la normativa sull'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (d.lgs. n. 142/ 2015),
la normativa sull'asilo (d.l. n. 416/1989), e infine
la normativa sulla tratta delle persone (l. n. 228/2003).
La finalità di dare vita ad una "disciplina unitaria organica" in materia di minori stranieri non accompagnati viene esplicitamente enunciata nei lavori preparatori.
Molte le novità introdotte dalla legge. In particolare, si evidenziano:
•il divieto di respingimento;
•l'uniformazione delle procedure di identificazione e accertamento dell'età;
la previsione di strutture di prima assistenza e accoglienza dedicate ai minori stranieri non accompagnati;
•l'istituzione di un sistema informativo nazionale di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati; l'istituzione di un elenco di tutori volontari;
•la previsione di maggiori tutele per il diritto all'istruzione e alla salute;
• la previsione del diritto all'assistenza legale e del diritto all'ascolto nei procedimenti amministrativi e giudiziari;
• la previsione della presa in carico e un sostegno continuativo per i minori in condizioni di particolare vulnerabilità (come le vittime di tratta e di sfruttamento o i richiedenti asilo).
La legge ha il pregio di dare una definizione compiuta di minore non accompagnato che prima mancava, stabilendo all'articolo 2 che si deve intendere «il minorenne non avente cittadinanza italiana o dell'Unione europea che si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato o che è altrimenti sottoposto alla giurisdizione italiana, privo di assistenza e di rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano.»
Il tutore volontario. La consapevolezza del legislatore sull'opportunità di fornire al minore straniero non accompagnato, una figura di riferimento capace di supportarlo ha condotto ad un ripensamento del sistema di tutele nel suo complesso e all'introduzione della figura del tutore volontario, che si affianca agli strumenti di tutela dei minori già tradizionalmente presenti nell'ordinamento. La centralità del ruolo del tutore ai fini dell'efficace e piena tutela del minore straniero non accompagnato è da tempo stata posta in luce dalle Convenzioni internazionali in materia di tutela dell'infanzia. La disciplina nazionale in tema di tutela è costruita prevalentemente su una concezione di soggetto minore ormai superata e soprattutto, è uno strumento di attuazione dell'interesse del minore, prevalentemente focalizzato su aspetti di natura patrimoniale
L'articolo 11 della legge 7 aprile 2017, n. 47 stabilisce che presso ogni tribunale per i minorenni deve essere istituito (entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge) un elenco di tutori volontari, disponibili ad assumere la tutela di un minore straniero non accompagnato o di più minori, quando la tutela riguarda fratelli o sorelle.

Tribunale per i Minorenni di Bolzano, decreto, 6 aprile 2022 – Pres. Rel. Baumgartner

8. MANTENIMENTO DEI FIGLI MAGGIORENNI – I figli ultratrentenni vanno ritenuti ormai autosufficienti in ragione dell'età raggiunta (Cc, articoli 147, 148 e 337-septies)
L'obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli maggiorenni, secondo le regole dettate dagli articoli 147 e 148 c.c., cessa a seguito del raggiungimento, da parte di questi ultimi, di una condizione di indipendenza economica che si verifica con la percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita ovvero quando il figlio, divenuto maggiorenne, è stato posto nelle concrete condizioni per potere essere economicamente autosufficiente, senza averne però tratto utile profitto per sua colpa o per sua scelta.
NOTA
Il dovere di mantenimento non cessa con il compimento della maggiore età da parte del figlio, bensì nel diverso momento in cui il figlio consegue l'autosufficienza economica. Tale principio è stato espressamente affermato dal legislatore della riforma del 2006, che all'articolo 337-septies c.c. ha previsto che il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente, il pagamento di un assegno periodico.
L'obbligo di mantenere il figlio non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, ma si protrae qualora questi, senza sua colpa, divenuto maggiorenne, sia tuttavia ancora dipendente dai genitori, risultando in tali ipotesi il coniuge separato o divorziato, già affidatario, legittimato iure proprio (e in via concorrente con la diversa legittimazione del figlio, che trova fondamento nella titolarità, in capo a quest'ultimo, del diritto al mantenimento) a ottenere dall'altro coniuge un contributo per il mantenimento del figlio maggiorenne.

Tribunale Salerno, Sez. I, sentenza 25 maggio 2022, n. 1848 – Pres. Costabile

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