Famiglia

Famiglia e successioni: il punto sulla giurisprudenza dei giudici di merito

La selezione delle pronunce di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni 2022

di Valeria Cianciolo

Si segnalano in questa sede i depositi della giurisprudenza di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni 2022. Le pronunce in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni:
1.Riconoscimento della paternità, risarcibilità del danno non patrimoniale c.d. endofamiliare e valutazione equitativa del danno
2.Filiazione naturale e natura indennitaria del mantenimento del figlio
3.La proporzionalità nel mantenimento dei figli
4.Assegno divorzile, matrimonio di lunga durata con figli, cura endo familiare e contributo economico
5.L'atto costitutivo del fondo patrimoniale con riserva di titolarità quale atto neutro dal punto di vista fiscale
6.Separazione con addebito, violazione dell'obbligo di fedeltà e risarcimento del danno
7.Divisione dei beni oggetto di comunione legale
8.Separazione. Applicazione del Regolamento CE del Consiglio n. 2201/2003 anche ai cittadini extracomunitari


1. FILIAZIONE - Riconoscimento della paternità e risarcibilità del danno non patrimoniale c.d. endofamiliare
(Cc, articoli 147, 148, 1226 e 2059; articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e dalla Convenzione di New York del 20 novembre 1989)
L'obbligo dei genitori di educare e mantenere i figli (artt. 147 e 148 cod. civ.) è eziologicamente connesso esclusivamente alla procreazione, prescindendo dalla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità, così determinandosi un automatismo tra responsabilità genitoriale e procreazione, che costituisce il fondamento della responsabilità aquiliana da illecito endofamiliare, nell'ipotesi in cui alla procreazione non segua il riconoscimento e l'assolvimento degli obblighi conseguenti alla condizione di genitore. Il presupposto di tale responsabilità e del conseguente diritto del figlio al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali è costituito dalla consapevolezza del concepimento, che non si identifica con la certezza assoluta derivante esclusivamente dalla prova ematologica, ma si compone di una serie di indizi univoci, quali, ad esempio, la indiscussa consumazione di rapporti sessuali non protetti all'epoca del concepimento
La condotta gravemente omissiva del genitore in ordine al dovere di educazione, istruzione e mantenimento nei confronti della prole integri una lesione del diritto di natura costituzionale, desumibile dalla lettura coordinata degli artt. 2 e 30 della Costituzione.
Il danno non patrimoniale da integrale perdita del rapporto parentale, che ogni figlio ha diritto di realizzare con il proprio genitore, deve essere risarcito per il fatto in sé della lesione. Infatti, è un comportamento rilevatore di responsabilità genitoriale l'avere deprivato i figli della figura genitoriale paterna, che costituisce un fondamentale punto di riferimento soprattutto nella fase della crescita, e idoneo ad integrare un fatto generatore di responsabilità aquiliana. La voce di pregiudizio in esame sfugge a precise quantificazioni in moneta e, pertanto, si impone la liquidazione in via equitativa ex art. 1226 cod. civ. In merito alla quantificazione in concreto, in caso di danno endofamiliare da privazione del rapporto genitoriale, può essere applica, come riferimento liquidatorio, la voce ad hoc prevista dalle tabelle giurisprudenziali adottate dall'Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano ("perdita del genitore").
Tribunale Cagliari, sezione I, sentenza 19 gennaio 2022 n. 112 – Pres. Tamponi; Giud. Est. Gana

2. FILIAZIONE - Il diritto a favore del genitore che ha provveduto al mantenimento del figlio fin dalla nascita ha natura indennitaria
(Cc, articoli 147,148, 261, 267, 269, 277, 315-bis,316-bis, 337- ter e 337-quater)
La sentenza dichiarativa della filiazione naturale produce gli effetti del riconoscimento, ai sensi dell'art. 277 cod. civ., e, quindi, a norma dell'art. 261 cod. civ., implica per il genitore l'assunzione di tutti i doveri propri della procreazione legittima, incluso quello del mantenimento ex art. 148 cod. civ. La relativa obbligazione si collega allo "status" genitoriale e assume di conseguenza pari decorrenza, dalla nascita del figlio, con il corollario che l'altro genitore, il quale nel frattempo abbia assunto l'onere del mantenimento anche per la porzione di pertinenza del genitore giudizialmente dichiarato, ha diritto di regresso per la corrispondente quota, sulla scorta delle regole dettate dall'art. 1299 cod. civ. nei rapporti fra condebitori solidali. L'obbligo dei genitori di mantenere i figli sussiste per il solo fatto di averli generati, atteso che la sentenza dichiarativa della paternità produce gli effetti del riconoscimento, incluso quello del mantenimento, retroattivamente; sicché nell'ipotesi in cui, al momento della nascita, il figlio sia riconosciuto da un solo dei genitori, tenuto perciò a provvedere integralmente al suo mantenimento, non viene meno l'obbligo dell'altro per il periodo anteriore alla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale, essendo sorto sin dalla nascita il diritto del figlio naturale ed essere mantenuto, istruito ed educato nei confronti di entrambi i genitori.
Il diritto a favore del genitore che ha provveduto al mantenimento del figlio fin dalla nascita, ancorché trovi titolo nell'obbligazione legale di mantenimento imputabile anche all'altro genitore, ha natura in senso lato indennitaria, essendo diretto ad indennizzare il genitore, che ha riconosciuto il figlio, per gli esborsi sostenuti da solo per il mantenimento della prole
Tribunale Barcellona Pozzo di Gotto, sentenza 7 giugno 2022 n. 772 – Pres. De Marco; Giud. Est. Marino Merlo

3. DIVORZIO – Il mantenimento dei figli è dovuto in maniera proporzionale
(Cc, articolo 337- ter)
La disciplina della misura del contributo dei genitori al mantenimento dei figli è contenuta, essenzialmente, nell'art. 337 ter c.c., a norma del quale, salvo accordi diversi e liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito ed il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando, segnatamente: le attuali esigenze del figlio; il tenore di vita goduto dal figlio medesimo in costanza di convivenza con entrambi i genitori; i tempi di permanenza presso ciascun genitore; le risorse economiche di entrambi i genitori; la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
Corte d'Appello di Catanzaro, sezione I, sentenza 31 maggio 2022 n. 601– Pres. Rizzo; Cons. Rel. Rizzuti

NOTA

Anche se la coppia dei genitori entra in crisi e cessa la convivenza tra essi, non mutano i diritti e gli obblighi nei confronti dei figli poiché continua a permanere l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole; obbligo che, del resto, già dall'entrata in vigore della Costituzione, non dipendeva dal concepimento, o dalla nascita, in costanza di matrimonio, ma si fondava sul fatto stesso della filiazione, come appunto stabilito, anzitutto, all'art. 30 Cost. Le argomentazioni svolte sotto la vigenza del vecchio art. 155 cod. civ. abrogato dal D. Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 sono ancora attuali. Ancora oggi ci si può chiedere che valore abbiano gli accordi "liberamente sottoscritti dalle parti" e se si possa escludere il criterio della proporzionalità nella determinazione del contributo dovuto da ciascun genitore per il mantenimento della prole. Altra domanda è se sia legittimo che nella famiglia ai sensi dell'art. 316 bis cod. civ., i genitori debbono sostenere gli oneri derivanti dai loro doveri verso la prole anche secondo la loro capacità reddituale, mentre nella famiglia in crisi tali oneri debbano essere sostenuti solo "in proporzione al proprio reddito". Ed ancora: i criteri dettati per la determinazione dell'assegno si riferiscono, più in generale, alla determinazione del contributo al mantenimento, anche quando venga attuato in via diretta? Per rispondere a tali domande, occorre fare riferimento alla centralità dell'interesse della prole, tenendo inoltre, conto del fatto che il principio costituzionale di eguaglianza, importa che la soddisfazione dei diritti economici dei figli non può peggiorare nella crisi della famiglia. In altre parole, la crisi familiare potrà a buon diritto indicare una diminuzione di quanto complessivamente dovuto per la prole, ma non anche una modifica dei criteri di determinazione della ripartizione degli oneri tra i genitori.


4. ASSEGNO DIVORZILE - Matrimonio di lunga durata con figli, cura endo familiare e contributo economico
(articolo 5 della Legge 1 dicembre 1970 n. 898)
L'accertamento relativo all'inadeguatezza dei mezzi ed all'incapacità di procurarseli per ragioni oggettive deve essere saldamente ancorato alle caratteristiche ed alla ripartizione dei rispettivi ruoli endofamiliari, i quali, alla luce del principio solidaristico che permea la formazione sociale della famiglia, di rilievo costituzionale, costituiscono attuazione della rete di diritti e doveri fissati dall'art. 143 codice civile.
Al fine del calcolo dell'assegno di divorzio di cui all'articolo 5 della L. 1 dicembre 1970, n. 898 occorre dunque tenere in considerazione non il tenore di vita, ma diversi fattori, attraverso un criterio c.d. "composito" che, alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali, dia particolare rilievo al contributo fornito dall'ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all'età dell'avente diritto.
Nel caso in esame, posto che il matrimonio era stato di lunga durata, la donna aveva 66 anni e aveva cresciuto tre figli, alla luce dei principi enunciati dalle Sezioni Unite del 2018, in base ad un criterio sia compensativo sia assistenziale, il Tribunale ha ritenuto legittimo accogliere la domanda della convenuta volta ad ottenere un contributo da parte dell'ex marito nella misura, ritenuta congrua ed adeguata, di € 565,00 mensili.
Tribunale di Forlì, sentenza 9 giugno 2022 – Pres. Talia; Giud. Est. Orlandi

5. FONDO PATRIMONIALE - L'atto costitutivo del fondo patrimoniale con riserva di titolarità del diritto reale sul bene medesimo, è un atto che non implica alcuna attribuzione patrimoniale
(Cc, articolo 167; articolo 11 della Tariffa del Dpr 26 aprile 1986 n. 131)
L'atto costitutivo del fondo patrimoniale, posto in essere mediante il conferimento di un immobile di proprietà esclusiva di uno dei coniugi, con riserva di titolarità del diritto reale sul bene medesimo, è un atto che, seppur comporta degli effetti economici nei confronti dei terzi creditori, realizza un mutamento del regime giuridico del bene senza implicare alcuna attribuzione patrimoniale. Ne consegue che la fattispecie rientra nel disposto dell'art. 11 della Tariffa del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 e quindi l'assoggettamento della stessa all'imposta di Registro nella misura fissa e non proporzionale.
La convenzione tra coniugi con la quale alcuni beni (immobili, mobili registrati o titoli di credito) vengono costituiti in fondo patrimoniale, ai sensi dell'art. 167 c.c. non è un atto traslativo, in quanto non vi è trasferimento di proprietà o altro diritto reale, dal momento che la proprietà esclusiva resta al coniuge conferente, né - contemporaneamente - è un atto avente per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, perché tra gli stipulanti non vi è scambio di alcuna prestazione e controprestazione patrimoniale né, infine, è un atto avente mera natura ricognitiva, atteso che fa sorgere un vincolo di destinazione dei beni, efficace erga omnes.
Nel caso di specie, è stato accolto l'appello presentato da una donna alla quale era stato notificato avviso di accertamento ai fini IMU del Comune di Roma riferito ad alcune unità immobiliari di proprietà del marito e vincolate in fondo patrimoniale.
Comm. Trib. Regionale Lazio Roma, sezione XVI, sentenza 19 aprile 2022 n. 1785

NOTA

Il fondo patrimoniale è disciplinato dagli artt. 167 e ss. c.c., consistendo in un vincolo impresso da ciascuno o ambedue i coniugi, per atto pubblico, o da un terzo, anche per testamento, su determinati beni, immobili o mobili iscritti in pubblici registri, o titoli di credito i quali devono essere vincolati, rendendoli nominativi con annotazione del vincolo, od in altro modo idoneo, destinati a far fronte ai bisogni della famiglia. In alcune pronunce si è affermato che il fondo patrimoniale costituisce un compendio separato sia da quello eventualmente in comunione legale tra i coniugi, sia dai patrimoni personali dei singoli consorti.
La specifica destinazione alla realizzazione dei bisogni della famiglia di specifici beni ed il duplice vincolo alla facoltà di disposizione e godimento per i coniugi che ne sono titolari ed alla loro responsabilità nei confronti dei creditori, le cui ragioni non sono assicurate se riguardanti debiti contratti per scopi estranei alle esigenze familiari e non conosciute dai creditori stessi, sono i tratti distintivi di un istituto, disciplinato solo da poche, scarne disposizioni e precisamente dagli artt. 167-171 c.c.
Il fondo patrimoniale come recita l'art. 167 c.c., consiste nella imposizione convenzionale da parte di uno dei coniugi o di entrambi o di un terzo di un vincolo in forza del quale determinati beni, immobili o mobili iscritti in pubblici registri, o titoli di credito, sono destinati a far fronte ai bisogni della famiglia.
Presenta analogie con il fondo patrimoniale il trust autodichiarato sia dal punto di vista strutturale, in quanto in entrambi i casi non si verifica un trasferimento patrimoniale ma solo l'apposizione di un vincolo di destinazione su determinati beni, sia dal punto di vista fattuale, in quanto in entrambe le ipotesi non si determina una confusione tra patrimoni.
In tema di trust, l'imposta sulle successione e donazioni, prevista dal D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47 (conv. con modif. dalla L. n. 286 del 2006) anche per i vincoli di destinazione, è dovuta non al momento della costituzione dell'atto istitutivo o di dotazione patrimoniale, fiscalmente neutri in quanto meramente attuativi degli scopi di segregazione ed apposizione del vincolo, bensì in seguito all'eventuale trasferimento finale del bene al beneficiario, in quanto solo quest'ultimo costituisce un effettivo indice di ricchezza.


6. SEPARAZIONE - L'addebito della separazione impedisce al coniuge che ne faccia richiesta di ottenere un assegno di mantenimento
(Cc, articoli 143, 156, 2043 e 2059)
La pronuncia di addebito, sanzione tipica del diritto di famiglia, non preclude la valutazione, riservata al giudice di merito, che la violazione del dovere di fedeltà derivante dal matrimonio possa dare luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali, ex art. 2059 c.c. La prova del danno ingiusto, conseguenza della condotta illecita perpetrata dal coniuge infedele, deve essere fondata in concreto sul fatto che la condizione di afflizione indotta violi diritti costituzionalmente protetti".
E' chiaro che, conformemente ai principi generali in punto di onere della prova, chi agisce per il risarcimento del danno ex artt. 2043 c.c. -2059 c.c. deve fornirne la prova. Nel caso di specie le richieste istruttorie della moglie e la documentazione dalla stessa offerta si sono incentrate sulla prova della violazione dei doveri coniugale e non anche sul danno dalla stessa subito a fronte dell'avversa condotta.
Tribunale Bari, sezione I, sentenza 10 giugno 2022 n. 2322 – Pres. De Simone; Giud. Rel. Fasano

7. DIVISIONE - Divisione dei beni oggetto di comunione legale
(Cc, articoli 155-quater, 718, 720, 726, 727, 729, 789 e 1116 )
Allorché nella comunione sia compreso un immobile non comodamente divisibile, oggetto di contrapposte richieste di attribuzione, occorre distinguere l'ipotesi in cui uno dei coeredi sia titolare, a monte, di una quota maggiore rispetto agli altri, nel qual caso lo stesso, in applicazione del principio del "favor divisionis" ex art. 720 c.c., prevale sugli altri condividenti, anche qualora essi, formulando una richiesta congiunta di attribuzione, superino, con l'accorpamento delle proprie quote, il valore della quota del coerede antagonista, dall'eventualità nella quale i coeredi siano titolari, "ab origine", di quote identiche, ove l'attribuzione del bene è rimessa al giudice sulla base di ragioni di opportunità e convenienza ex art. 720 c.c., che consentono di apprezzare, come idoneo ad orientare tale scelta, il diverso criterio legale della richiesta congiunta, trovando il rimedio residuale della vendita all'incanto applicazione solo se non sia ravvisabile alcun criterio obiettivo di preferenza e senza che, peraltro, l'individuazione del condividente assegnatario del bene possa dipendere dalla maggiore offerta, che uno di essi faccia, rispetto al prezzo di stima, non caratterizzandosi il procedimento divisionale come una gara tra i coeredi.
L'assegnazione del godimento della casa familiare, ex art. 155 quater c.c., ovvero in forza della legge sul divorzio, non può essere considerata in occasione della divisione dell'immobile in comproprietà tra i coniugi al fine di determinare il valore di mercato del bene qualora l'immobile venga attribuito al coniuge titolare del diritto al godimento stesso, atteso che tale diritto è attribuito nell'esclusivo interesse dei figli e non del coniuge affidatario e, diversamente, si realizzerebbe una indebita locupletazione a suo favore, potendo egli, dopo la divisione, alienare il bene a terzi senza alcun vincolo e per il prezzo integrale. In tal caso, infatti, è stato precisato che si riuniscono nella stessa persona l diritto di abitare nella casa familiare - che perciò si estingue automaticamente - e il diritto dominicale sull'intero immobile, che rimane privo di vincoli. In sede di valutazione economica del bene "casa familiare" nel giudizio di scioglimento della comunione, il diritto di abitazione conseguente al provvedimento di assegnazione non deve, pertanto, influire in alcun modo sulla determinazione del conguaglio dovuto all'altro coniuge.
Tribunale Prato, sentenza 7 giugno 2022, n. 345 – Giudice Sirgiovanni

8. SEPARAZIONE - Applicazione del Regolamento CE del Consiglio n. 2201/2003 anche ai cittadini extracomunitari
(Articoli 28 e 32 della L. 31 maggio 1995, n. 218; art. 3, paragrafo 1, lett. a del Regolamento CE del Consiglio n. 2201/2003 del 27 novembre 2003; Cc articolo 151)
Il Regolamento CE del Consiglio n. 2201/2003 trova applicazione a prescindere dalla cittadinanza Europea delle parti ed indipendentemente dalle norme sulla giurisdizione previste dal diritto nazionale.
Se e parti hanno fissato la loro vita familiare in Italia, la giurisdizione italiana va affermata a norma dell'art. 3, paragrafo 1, lett. a, del citato Regolamento CE n. 2201/2003, il quale prevede il criterio generale della residenza, ed in particolare individua, tra i vari casi, la residenza abituale dei coniugi.
La mancata trascrizione del vincolo coniugale in Italia non è poi di per sè elemento ostativo a riconoscere il vincolo nel nostro ordinamento, in quanto fatti salvi i limiti derivanti dal rispetto dell'ordine pubblico, il matrimonio... che gli stranieri abbiano celebrato nel loro paese di appartenenza va considerato efficace anche in Italia per il principio del rispetto delle relazioni internazionali e delle norme di diritto internazionale, sancito dall'art. 10 Cost., a nulla rilevando la mancata trascrizione dello stesso nei registri dello stato civile.
Tribunale Modena, sentenza 6 giugno 2022 n. 720 – Pres. Di Pasquale; Giud.est. Ramacciotti

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