Famiglia

Famiglia e successioni: il punto sulla giurisprudenza dei giudici di merito

La selezione delle pronunce di merito 2022/2023 in materia di diritto di famiglia e delle successioni

di Valeria Cianciolo

Si segnalano in questa sede i depositi della giurisprudenza di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni 2022/2023. Le pronunce in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni:
1. e 2. PMA eterologa e riconoscimento della figlia da parte del genitore intenzionale
3. Alla Consulta la revoca del consenso successivamente alla fecondazione dell'ovulo
4. Prime applicazioni della Riforma Cartabia nel rito di famiglia
5. Divisione ereditaria, operazioni divisionali e stima dei beni
6. Pubblicazione di post sul diritto alla genitorialità di coppie omosessuali
7. Rinunzia in sede di separazione personale all'assegno di mantenimento e diritto all'assegno di divorzio


1. PMA - Un atto di nascita trascritto ma difforme dal vero necessita per la sua rettifica del ricorso alle azioni di stato (Dpr 396/2000, articolo 95 )
Il procedimento di rettificazione, per sua natura strumentale al compimento di un'attività di tipo amministrativo (quella pubblicitaria propria dei registri dello stato civile), non è idoneo alla decisione su una questione di stato che postula invece il ricorso ad una procedura complessa, a cognizione piena, nel contraddittorio delle parti, in un giudizio contenzioso avente ad oggetto appunto lo status del figlio, destinato a concludersi con una pronuncia costitutiva.
Nel caso di specie, la contestazione involge il riconoscimento dello stato di figlio, che deriva dalla dichiarazione di riconoscimento e dalla successiva annotazione sull'atto di nascita, del quale parte ricorrente (la Procura della Repubblica) contesta non la forma ma la sostanza.
Qualora, come nel caso di specie, sia stato formato un atto di nascita, per accertare la mancata rispondenza al vero di quel legame di filiazione occorre esperire la corrispondente azione per la rimozione dello stato, proprio perché un atto di nascita quando è trascritto sulla base di dichiarazioni dei genitori difformi dal vero necessita per essere rimosso del ricorso alle azioni di stato ovvero alla pronuncia emessa all'esito di un procedimento penale che ne accerti la falsità.
Il Tribunale di Pistoia ha dichiarato inammissibile il ricorso ex articolo 95 Dpr n. 396 del 2000 proposto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pistoia.
Tribunale di Pistoia, sentenza 7 ottobre 2022 – Pres. Barbarisi, Giud. Rel. Gargiulo

2. PMA - Lecita la dichiarazione di riconoscimento ex articolo 254 c.c. del figlio nato da PMA eterologa (Cc. articoli 254, 263 e 449; Dpr 396/2000, articoli 11, 29, 30 e 95 ; Costituzione, articoli 2, 3, 30, 31 e 117; Cedu, articolo 8)
A prescindere dalla veste formale attribuita dall'ufficiale dello stato civile all'atto, nella fattispecie viene in rilievo la dichiarazione di riconoscimento di figlio tipicamente prevista dall'articolo 254 c.c. seguita dalla pedissequa annotazione in calce all'atto di nascita della minore avente funzione di pubblicità dichiarativa e pertanto, un complesso di atti insuscettibile di contestazione mediante lo strumento della richiesta di rettificazione, venendo in rilievo il rimedio previsto dall'articolo 263 c.c. diretto alla rimozione dello status filiationis.
Il decreto della Corte d'Appello fiorentina che ha rigettato il reclamo proposto dal Pm e dal ministero dell'Interno avverso il provvedimento emesso dal Tribunale di Pistoia richiama le parole spese dalla sentenza della Corte cost., 18 dicembre 2017, n. 272: "Pur dovendosi riconoscere un accentuato favore dell'ordinamento per la conformità dello status alla realtà della procreazione, va escluso che quello dell'accertamento della verità biologica e genetica dell'individuo costituisca un valore di rilevanza costituzionale assoluta, tale da sottrarsi a qualsiasi bilanciamento.
Ed invero, l'attuale quadro normativo e ordinamentale, sia interno, sia internazionale, non impone, nelle azioni volte alla rimozione dello status filiationis, l'assoluta prevalenza di tale accertamento su tutti gli altri interessi coinvolti.
Se dunque non è costituzionalmente ammissibile che l'esigenza di verità della filiazione si imponga in modo automatico sull'interesse del minore, va parimenti escluso che bilanciare quell'esigenza con tale interesse comporti l'automatica cancellazione dell'una in nome dell'altro.
Tale bilanciamento comporta, viceversa, un giudizio comparativo tra gli interessi sottesi all'accertamento della verità dello status e le conseguenze che da tale accertamento possano derivare sulla posizione giuridica del minore.
Si è già visto come la regola di giudizio che il giudice è tenuto ad applicare in questi casi debba tenere conto di variabili molto più complesse della rigida alternativa vero o falso. Tra queste, oltre alla durata del rapporto instauratosi col minore e quindi alla condizione identitaria già da esso acquisita, non possono non assumere oggi particolare rilevanza, da un lato le modalità del concepimento e della gestazione e, dall'altro, la presenza di strumenti legali che consentano la costituzione di un legame giuridico col genitore contestato, che, pur diverso da quello derivante dal riconoscimento, quale è l'adozione in casi particolari, garantisca al minore una adeguata tutela."
Corte d'Appello di Firenze, decr. 17 febbraio 2023 n. 141 – Pres. Mariani, Cons. Rel. Lococo

3. PMA - Incostituzionale successivamente alla fecondazione dell'ovulo, la revoca del consenso? (Costituzione, articoli 2, 3, 31, comma 2, 32 e 117; Cedu, articolo 8 CEDU; legge 40/2004, articolo 6, comma 3; Cpc, articolo 702-ter)
Dichiarata rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 3, della legge n. 40/2004 per contrasto con gli articoli 2, 3, 13, comma 1, 32 e dell'articolo 117, comma 1 della Costituzione in relazione all'articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) quanto meno nella parte in cui non prevede, successivamente alla fecondazione dell'ovulo, un termine per la revoca del consenso.
L'udienza dinanzi alla Consulta è prevista per il 24 maggio 2023.
Tribunale di Roma, Sezione XVIII, diritti della persona e immigrazione civile, ord. 5 giugno 2022 - Giud. De Nuccio

4. RIFORMA CARTABIA – Inammissibile il ricorso che difetta dei requisiti richiesti (Cpc, articolo 473 - bis.12, 1 comma, lettera f), e 2 comma)
Il ricorso privo dei requisiti di contenuto di cui all'articolo 473 bis 12, primo comma, lett. f), e secondo, comma c.p.c. e non corredato dalla documentazione richiesta dal terzo e quarto comma della stessa norma è inammissibile.
Tribunale di Verona, decreto 16 marzo 2023 - Pres. Vaccari

5. SUCCESSIONE - Divisione ereditaria, operazioni divisionali e stima dei beni
(Cc articoli 554, 556, 588, 720)
In tema di divisione ereditaria, la stima dei beni per la formazione delle quote va compiuta con riferimento al loro valore venale al momento della divisione che coincide, nel caso di divisione giudiziale, con quello di proposizione della relativa domanda, pur potendosi avere riguardo alla stima effettuata in data non troppo vicina a quella della decisione, purché si accerti che, nonostante il tempo trascorso, per la stasi del mercato o per il minore apprezzamento del bene dovuto alle sue caratteristiche, non sia intervenuto un mutamento di valore che renda necessario l'adeguamento di quello stabilito all'epoca della detta stima, costituendo onere della parte che solleciti la rivalutazione allegare ragioni di significativo mutamento di tale valore intervenuto "medio tempore".
Qualora il bene da dividere sia indivisibile, esso deve essere diviso a norma dell'art. 720 c.c. mediante intera attribuzione in favore del maggior quotista.
Al legittimario al quale il bene non possa essere restituito e venga reintegrato della quota di riserva per equivalente monetario, con il riconoscimento degli interessi legali sulla somma a tal fine determinata, nulla è dovuto per i frutti, in quanto gli interessi attribuiti rispondono alla stessa finalità di risarcire il danno derivante dal mancato godimento del bene e, peraltro, il possessore di un bene in forza di un atto a titolo gratuito o di una disposizione testamentaria possiede in virtù di un titolo idoneo a trasferire il dominio, che è originariamente valido e tale rimane fino a quando non sia esercitata l'azione di riduzione, il cui accoglimento ne determina l'inefficacia.
• Tribunale Bari, Sez. I, sentenza, 19 gennaio 2023, n. 200 – Pres. De Simone, Rel. est. Pinto

6. DIFFAMAZIONE - Pubblicazione di post sul diritto alla genitorialità di coppie omosessuali (Cc, articoli 2043, 2059; Cp, articolo 595)
Il delitto di diffamazione deve presentare tre requisiti: l'assenza della persona offesa; un'offesa all'altrui reputazione; la divulgazione a più persone.
La diffamazione ravvisabile è quella aggravata ex articolo 595 co. 3 c.p. in quanto si ha a che fare con una condotta di diffusione del messaggio attraverso l'uso di una bacheca Facebook, potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone.
Nel caso di specie un avvocato attivista per i diritti civili e per i diritti antidiscriminatori, aveva sfilato per le strade di Bologna in occasione del gay pride, indossando una maglietta con la scritta in stampatello "ANCHE GESU' AVEVA DUE PADRI";
Un utente pubblicava sulla propria bacheca di Facebook un post con la foto con questa maglietta commentando con toni molto aspri contro le famiglie omogenitoriali, cui seguiva il commento "Curati il cervello DEMENTE".
La frase era diffusa su Facebook, divulgata in assenza della persona offesa e connotata da offensività all'altrui reputazione.
In tema di individuazione dell'autore del reato commesso sui social network, giova ricordare che l'orientamento consolidato ritiene che, in assenza di elementi contrari (per es. una precedente denuncia per "furto di identità digitale"), risponderebbe a "criteri logici e condivise massime di esperienza" ritenere che i messaggi pubblicati siano attribuibili al titolare del profilo Facebook su cui risultano pubblicati.
Sul punto la controparte non si era costituita e non vi era prova di alcun furto di identità.
Tribunale di Bologna, Sez. III, sentenza 24 gennaio 2023 n. 145 – Giudice Matteucci

7. DIVORZIO - Rinunzia in sede di separazione personale all'assegno di mantenimento e diritto all'assegno di divorzio (Legge 898/1970, articoli 5, 6)
La donna, invalida per cecità sopravvenuta ad una malattia degenerativa raggiungeva un accordo di separazione con il marito dichiarando di essere economicamente autosufficiente. Nel successivo giudizio di divorzio, in primo grado le si riconosceva l'attribuzione di un assegno post-coniugale al fine di garantire alla stessa un tenore di vita conforme a quello goduto in costanza di matrimonio. La decisione veniva riformata integralmente in Corte d'Appello, in applicazione del principio di auto-responsabilità stabilito dalla nota sentenza di maggio della Cass. civ. n. 11554/2017 e dunque sulla base dell'accertata autosufficienza della richiedente.
Avverso tale sentenza, la richiedente proponeva ricorso in cassazione sottolineando innanzitutto come la rinuncia all'assegno di mantenimento fosse da ritenere priva di valore probatorio nel giudizio di divorzio, stante la assoluta diversità quanto a caratteri e presupposti tra assegno di mantenimento e assegno divorzile.
Gli Ermellini accolgono il ricorso poiché il giudice del merito avrebbe dovuto dare conto dell'intera storia matrimoniale, del nesso di causalità tra le scelte endo-familiari e la situazione della richiedente al momento dello scioglimento del vincolo coniugale, del contributo dei coniugi alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio familiare di ciascuno.
La Corte, richiamata la pronuncia delle Sezioni Unite n. 18287, rinviava al giudice del merito per l'accertamento degli aspetti perequativi/compensativi e dunque per un nuovo esame della domanda di assegno divorzile alla luce della nuova interpretazione dell'articolo 5, comma 6, della Legge 898/1970.
La Corte d'Appello felsinea in parziale riforma della decisione impugnata ha determinato l'assegno divorzile dovuto dall'ex marito in favore dell'ex moglie in una misura stabilita in 300,00 euro mensili
Corte d'Appello di Bologna, sentenza 27 gennaio 2023 n. 183 – Pres. Montanari, Cons. Rel. Allegra

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