Professione e Mercato

Fideiussione invalida, l’avvocato risponde dell’azione esecutiva

Lo ha chiarito la Cassazione, ordinanza n. 1033 depositata oggi, dichiarando inammissibile il ricorso del legale

di Francesco Machina Grifeo

Scatta la responsabilità professionale dell’avvocato per aver proceduto con l’azione esecutiva, a tutela del proprio cliente, nonostante la società che aveva prestato la fideiussione fosse stata cancellata dal registro delle imprese. La Corte di cassazione, ordinanza n. 1033 depositata oggi, ha così dichiarato inammissibile il ricorso del legale e confermato la sentenza della Corte di Appello di Torino.

Secondo il giudice di secondo grado l’avvocato non aveva - “negligentemente” - tenuto conto della invalidità della cauzione emessa dalla società non abilitata a stipularla, in quanto “effettivamente cancellata”. Inoltre, riteneva che la missiva di apprezzamento per il suo operato da parte del cliente, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, non potesse valere come accettazione dell’opera professionale.

Nel ricorso in sede di legittimità, l’avvocato ha insistito nel sostenere la validità della fideiussione benché emessa da un istituto non ritenuto idoneo affermando che: a) il contenuto della fideiussione corrispondeva integralmente a quanto disposto dal Giudice che, sulla base di essa, aveva concesso la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo; b) la società che l’ha concessa era riconosciuta da tempo come soggetto idoneo; c) la società è stata cancellata dall’Albo successivamente.

Per la Terza sezione civile la censura è inammissibile (sotto il profilo dell’articolo 366 numero 4 Cpc) poiché tende a “contrapporre argomentazioni difensive già valutate ma non considerate rilevanti”, e non a indicare “in quali termini sia stata male applicata la norma in tema di ragionamento presuntivo”.

Resta confermato dunque quanto scritto dal giudice di secondo grado e cioè che il ricorrente non ha “nemmeno tentato di dissuadere la cliente dall’intraprendere e coltivare la fase esecutiva” avendo piuttosto “perorato, così come persiste a fare in questo giudizio, la tesi (palesemente erronea) della risolvibilità delle oggettive ed evidenti criticità della cauzione prestata”, richiamando la giurisprudenza sulla inopponibilità ai terzi in buona fede delle limitazioni dei poteri degli amministratori che risultino dallo statuto o da una decisione degli organi competenti. In tal modo ponendo una questione che “esula completamente dal thema dedidendum” relativo alla opposizione al precetto e opposizione all’esecuzione, “per i quali non poteva che rilevare il profilo della oggettiva inidoneità della garanzia prestata a favore del creditore”.

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