Figlio “adulto” e 7 anni fuori corso perde il sostegno allo studio se non prova difficoltà oggettive
Gli ostacoli personali o le circostanze oggettive al raggiungimento dell’autosufficienza economica devono venire puntualmente allegati e provati a fronte di un percorso di vita caratterizzato da mancanza d’iniziativa e d’impegno
Il figlio maggiorenne che non ha conseguito l’indipendenza economica e che si trova da anni fuori corso se intende pretendere da parte del padre il proseguimento del suo obbligo di mantenimento e di pagamento delle tasse universitarie è tenuto a dimostrare per quali motivi personali o di carenza occupazionale non abbia conseguito il risultato atteso della propria indipendenza.
Così la Corte di cassazione - con la sentenza n. 31564/2024 - ha rigettato il ricorso di una madre e di suo figlio ultratrentenne contro l’ex marito che aveva ottenuto in giudizio la revoca dei suoi obblighi di mantenimento. Circostanza determinante della revoca in effetti erano stati i sette anni di fuori corso raggiunti dal figlio, senza che avesse concluso neanche il percorso triennale di laurea, al momento in cui il padre aveva iniziato a non pagare più la quota assegnatagli delle tasse universitarie, mentre aveva continuato a versare i 600 euro per il suo mantenimento, poi anch’esso revocato dal giudice.
Il ricorso respinto
Le parti ricorrenti in realtà volevano sostenere che il giovane non avesse conseguito la laurea proprio a causa del biennio trascorso in assenza del pagamento delle rate universitarie per cui si sarebbe determinato un illegittimo ostacolo alla possibilità di concludere anche il primo step del percorso di studi. Ma al momento dell’inizio di tale biennio in cui l’ex marito aveva smesso di pagare le rate, di fatto, il figlio si trovava già fuori corso di ben 7 anni e ciò ha fatto propendere i giudici per la valutazione di colpevole inerzia da parte del giovane, ormai adulto. Circostanza che fa perdere di regola il diritto al mantenimento e al pagamento degli studi universitari da parte del genitore obbligato.
L’irrilevanza del mantenimento solo parziale
La Suprema Corte ha quindi confermato la legittimità della decisione del giudice del rinvio che aveva ritenuto indimostrato che il mancato contributo alle spese universitarie fosse stato specularmente causa del mancato raggiungimento del risultato scolastico e nonostante il perdurante versamento del mantenimento. Il giudice aveva, infatti, ritenuto che tale rilievo sul parziale adempimento del padre fosse una “mera giustificazione, non appagante a fronte del mancato impegno delle proprie energie personali verso la continuazione meritevole degli studi”.
Infine, va sottolineato che non sono state ritenute dimostrate le asserite difficoltà personali lamentate dal figlio, a causa di screzi intercorsi col padre, e che sarebbero state la vera causa del suo ”blocco” dinanzi ai propri doveri di studente.
Ciò che avrebbe potuto forse anche in questo caso giustificare la persistenza dell’obbligo di mantenimento, ma che è stato giudicato non provato, sono eventuali ragioni individuali specifiche: di salute o dovute ad altre peculiari contingenze personali oppure oggettive, come difficoltà di reperimento o di conservazione di un’occupazione.
Conclude così la Cassazione aderendo all’affermazione dei giudici di merito secondo cui se emerge un percorso di vita del figlio caratterizzato da mancanza d’iniziativa e d’impegno verso un obiettivo prescelto l’obbligo del suo mantenimento perdura solo se vengono puntualmente allegati e provati suoi ostacoli personali al raggiungimento dell’autosufficienza economico-reddituale, in una fase di vita da qualificarsi pienamente adulta sotto il profilo anagrafico.