Penale

Giudice del rinvio senza margini dopo la Cassazione

La Suprema corte, sentenza n. 11483 depositata oggi, ribadisce l'obbligo assoluto e inderogabile di uniformarsi

La Suprema corte, sentenza n. 11483 depositata oggi, ribadisce che il giudice del rinvio ha l'obbligo assoluto, inderogabile, di uniformarsi alla sentenza della Corte di Cassazione per quanto riguarda ogni questione di diritto con essa decisa, anche quando, a seguito di tale decisione, sia intervenuto un mutamento di giurisprudenza". Fatti salvi, prosegue la decisione, unicamente i casi in cui "una sentenza della Corte di Giustizia Europea abbia riconosciuto l'incompatibilità con il diritto comunitario della norma nazionale ovvero sia stata dichiarata l'illegittimità costituzionale, con efficacia ex tunc, di una norma sulla cui base era stato affermato il principio di diritto, dovendo il giudice del rinvio riconsiderare la questione alla luce della reviviscenza del trattamento sanzionatorio previgente".

La V Sezione penale ha così dichiarato inammissibile il ricorso contro la decisione presa dal tribunale di Gorizia a cui la Suprema corte aveva rinviato allo scopo di accertare "se la ricorrente avesse comunque avuto effettiva conoscenza del processo e della sentenza mediante contatti con il difensore di ufficio o per altra via".

La sentenza di merito, scrive la Cassazione, "appare del tutto conforme all'orientamento prevalente nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui di restituzione nel termine per impugnare una sentenza contumaciale, la effettiva conoscenza del provvedimento presuppone la sicura consapevolezza della sua esistenza e la precisa cognizione dei suoi estremi (autorità, data, oggetto), collegata o alla comunicazione di un atto formale o allo svolgimento di un'attività procedimentale". Nel caso, a riprova della conoscenza depone l'attività svolta nell'interesse della ricorrente con le istanze, rigettate, proposte innanzi al tribunale di sorveglianza di Brescia e al tribunale di Alessandria. Proprio tali iniziative procedimentali, dunque, consentono di "individuare senza equivoci il momento in cui detta conoscenza si è verificata e di far così decorrere, da quest'ultimo, il termine di trenta giorni per la proposizione dell'istanza di restituzione".

La decisione, conclude la Cassazione, è stata, peraltro, assunta in conformità a uno specifico onore di accertamento che grava in subiecta materia sul giudice dell'esecuzione, "posto che in tema di restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale, grava sul richiedente l'onere di allegare il momento di effettiva conoscenza della sentenza, mentre spetta al giudice accertare - oltre che l'eventuale effettiva conoscenza del procedimento da parte del condannato e la sua volontaria rinuncia a comparire - l'eventuale diverso momento in cui è intervenuta detta conoscenza, rispetto al quale valutare la tempestività della richiesta".

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©