Amministrativo

Gli accertamenti degli Enti locali devono fare il conto con l'abolizione degli oneri di riscossione per ADER

La legge di bilancio ha adeguato l'ordinamento al richiamo operato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 120/2021 prevedendo l'abolizione degli oneri di riscossione. Tale intervento normativo, tuttavia, lascia sul campo norme monche e nodi difficili da districare per la riscossione coattiva degli enti locali.

di Tommaso Ventre*

Con le disposizioni dei commi 14 e 15 dell'articolo 1 della legge 234/2021 l'impianto della riforma della riscossione compiuta del legislatore con la l. 160/2019 viene ad essere minato nel caso in cui gli enti locali decidano di affidare i carichi da riscuotere ad Agenzia delle Entrate - Riscossione.

Nel prevedere, infatti, l'abolizione degli oneri di riscossione e il passaggio alla fiscalità generale della remunerazione delle attività di riscossione nazionale non si è tenuto conto della riscossione coattiva degli enti locali.

Come noto, l'impianto della riscossione locale è ancorato alle previsioni della l. 160 del 2019, articolo 1, comma 785 secondo cui "In caso di affidamento, da parte degli enti, dell'attività di riscossione delle proprie entrate all'agente della riscossione, si applicano esclusivamente le disposizioni di cui al comma 792".

Orbene tale norma, alla lettera i) prevede che "all'agente della riscossione spettano gli oneri di riscossione, interamente a carico del debitore, e le quote di cui all'articolo 17, comma 2, lettere b), c) e d), del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112".

Con il comma 15 dell'articolo 1 della legge 234/2021 tuttavia si va a sostituire, riscrivendolo completamente, il citato articolo 17 ed il comma 2 del novellato articolo non contiene più le quote delle lettere b), c) e d) ma un rimando ad altra norma che fa riferimento ai risparmi di spesa. Resta fermo il previgente "sistema" per i carichi affidati fino al 311 dicembre 2021 e le nuove norme si applicano solo per i nuovi carichi affidati dal 1° gennaio 2022.

Dall'articolo 17 spariscono quindi gli oneri di riscossione. La copertura dei costi da sostenere per il servizio nazionale di riscossione è assicurata ora dal bilancio dello Stato, che tuttavia incamera le "nuove" quote disciplinate dal comma 3 , lettere a), b), c) e d).

Le lettere a) e b) prevedono due quote a carico del debitore, la prima denominata "spese esecutive" correlata all'attivazione di procedure esecutive e cautelari da parte dell'agente della riscossione, la seconda correlata alla notifica della cartella di pagamento e degli altri atti di riscossione. La misura di tali quote dovrà essere fissata con decreto del MEF, che individuerà anche le tipologie di spese oggetto di rimborso. Nelle more dell'adozione di tale decreto la norma prevede che si continui ad applicare il Dm 21 novembre 2000.

Le lettere c) e d) prevedono invece due quote a carico degli enti creditori diversi dalle amministrazioni statali, dalle agenzie fiscali e dagli enti pubblici previdenziali, che si avvalgono dell'agente della riscossione, e quindi a carico dei soggetti che a norma del comma 784 dell'art. 1 della l. 160/2019 applicano l'avviso di accertamento esecutivo.

La prima trattenuta all'atto dei riversamenti, a qualsiasi titolo, in favore di tali enti, in caso di emanazione da parte dell'ente medesimo di un provvedimento che riconosce in tutto o in parte non dovute le somme affidate, nella misura determinata sempre con il decreto da emanare.

La seconda, trattenuta all'atto del riversamento viene invece fissata nella misura dell'1% delle somme riscosse e può essere rimodulata fino alla metà, in aumento o in diminuzione, con decreto non regolamentare del MEF, tenuto conto dei carichi annui affidati e dell'andamento della riscossione.

Il legislatore ha voluto quindi eliminare la quota di oneri di riscossione del 3 % o del 6% a carico del debitore nel caso in cui la riscossione coattiva sia effettuata dal servizio di riscossione nazionale. Tuttavia il comma 803, lettera a) dell'articolo 1 della legge 160/2019 è rimasto in vigore e lo stesso prevede l'applicazione degli oneri della riscossione a carico del debitore in misura pari al 3 % o al 6% ( con il rispettivo tetto massimo di 300 o 600 euro) delle somme dovute in caso di pagamento entro o oltre il sessantesimo giorno dalla data di esecutività dell'atto di cui al comma 792.

Così come congegnato il sistema non funziona.

In primo luogo, e questo è un dato meramente formale, ma con grosse ricadute sostanziali ( e di contenzioso), il riferimento normativo contenuto nella lettera i) del comma 792 che punta al comma 2 dovrebbe essere modificato espungendo dal testo gli oneri di riscossione e indirizzando le quote dovute al comma 3 dell'articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112. Così come oggi vigente infatti sugli accertamenti esecutivi degli enti locali riscossi dall'Agenzia delle Entrate -Riscossione non potrebbero trovare applicazione le quote del nuovo comma 3 dell'articolo 17, con la conseguenza della soggezione di tali spese sul bilancio dello Stato.

Certo potrebbe sostenersi l'abrogazione tacita della norma, ma è un percorso tutto in salita che certo non risponde a quei dettami di chiarezza applicativa cui l'ordinamento dovrebbe rivolgersi anche per i principi sanciti nello statuto del contribuente.In secondo luogo si concretizza un grave vulnus nel nostro ordinamento, con profili di rilevanza contabile e soprattutto costituzionale.

Dal lato del contribuente la medesima situazione soggettiva di debito per il pagamento della medesima entrata viene ad essere assoggettata, immotivatamente a due diversi alternativi regimi. Il primo più favorevole che non prevederebbe aggiunta di costi per la riscossione coattiva quando la stessa è affidata al sistema nazionale ed il secondo più sfavorevole che invece prevederebbe l'onere di riscossione se a gestire la stessa sia direttamente l'ente o un suo concessionario privato.

Dal lato dell'ente creditore la scelta di affidare la riscossione al sistema nazionale avrebbe un costo dell1% dell'incassato, sicuramente più ridotto di quello che sarebbe il costo di gestione esterna o in concessione del servizio nonostante l'applicazione degli oneri di riscossione. Come si potrebbe giustificare la diversa opzione, più onerosa per l'ente?

In questi termini sembrerebbe quasi tracciata la strada dell'attrazione di massa verso il sistema nazionale di riscossione, che tuttavia, proprio per sua stessa ammissione già è in difficoltà con il personale a disposizione nel gestire gli attuali carichi. E oltretutto il settore dei concessionari privati si troverebbe a dovere fronteggiare una parte importante di mercato che verrebbe a scomparire.

Ma soprattutto la riforma della riscossione locale tracciata con la legge 160 del 2019 vedrebbe neutralizzarsi parte dei benefici attesi proprio dalla concentrazione dell'accertamento e della riscossione in un unico atto.

Concentrazione che rappresenta anche, sotto diverso profilo, uno dei cardini della nuova delega fiscale in essere che vuole prevedere un unico soggetto che si occupi tanto delle attività di accertamento tanto di quelle di riscossione accorpamento le due diverse Agenzie.

La soluzione allora potrebbe essere di lasciare gli oneri della riscossione così come congegnati dal comma 803 per tutti, indipendentemente dal soggetto che li applichi.

Occorrerebbe però anche riscrivere il comma 792 lettera i) e con l'occasione uniformare anche le modalità di calcolo degli interessi dovuti.

* a cura dell'avv. Tommaso Ventre, Ph.D
Professore aggregato di Governance dei tributi locali e Fiscalità degli enti locali presso l'Università della Campania Luigi Vanvitelli. Dottore Commercialista, Revisore Legale

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