Penale

Gratuito patrocinio per gli stranieri senza codice fiscale italiano

Il chiarimento arriva dalla Cassazione, sentenza n. 30047/2024, che ha accolto il ricorso di un cittadino romeno in Italia

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di Francesco Machina Grifeo

In tema di patrocinio a spese dello Stato, la Cassazione, sentenza n. 30047/2024, ha affermato che l’istanza di ammissione al beneficio presentata dal cittadino straniero comunitario, non residente in Italia, non necessita dell’allegazione del codice fiscale italiano. La IV Sezione ha così accolto (con rinvio) il ricorso di un cittadino rumeno contro l’ordinanza del Tribunale di Roma che aveva confermato il diniego del patrocinio a spese dello Stato, in quanto il richiedente aveva indicato unicamente il codice fiscale della Romania e la residenza all’estero.

Secondo il Tribunale, invece, in quanto cittadino dell’Unione Europea, avrebbe dovuto richiedere il codice fiscale ad un ufficio territoriale della Agenzia delle Entrate. L’ordinanza della Corte Costituzionale n. 144 del 2004, invocata dall’imputato, infatti, avrebbe regolato il diverso caso di stranieri presenti irregolarmente nel territorio dello Stato o il caso di impossibilità a fornire il codice fiscale.

La Corte, nell’accogliere il ricorso, ricorda che l’articolo 79 del Dpr 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico spese di giustizia), prevede, a pena di inammissibilità, l’indicazione del codice fiscale. In sede di disciplina dei casi in cui è obbligatoria l’indicazione del codice fiscale, il testo dell’articolo 6, secondo comma, del Dpr n. 605/1973 (Disposizioni relative all’anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti), prevede espressamente che «l’obbligo di indicazione del numero di codice fiscale dei soggetti non residenti nel territorio dello Stato, cui tale codice non risulti attribuito, si intende adempiuto con la sola indicazione dei dati di cui all’art. 4» - dello stesso Dpr - «con l’eccezione del domicilio fiscale, in luogo del quale va indicato il domicilio o sede legale all’estero». E l’articolo 4, primo comma, lettera a), del Dpr (n. 605 del 1973) richiede, ai fini dell’attribuzione del numero di codice fiscale delle persone fisiche, esclusivamente i seguenti dati: cognome, nome, luogo e data di nascita, sesso e domicilio fiscale.

Il ricorrente ha dedotto che, al momento del deposito dell’istanza, era presente in Italia da soli 40 giorni e che dunque non aveva la titolarità di un codice fiscale italiano, ma soltanto del codice fiscale del paese di residenza (la Romania), che aveva indicato nel ricorso unitamente al proprio domicilio nello stato di residenza.

“Orbene – si legge nella decisione - […] nulla appare escludere la possibilità che lo straniero non residente in Italia, pure se residente in un paese UE, in luogo dell’indicazione del codice fiscale, fornisca i dati di cui all’art. 4 citato, oltre al proprio domicilio all’estero”. “Dalle norme in questione, infatti, non si ricava alcun onere, per il cittadino straniero non residente, di munirsi di un codice fiscale italiano al fine di avanzare la richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, fermo restando l’obbligo, di cui all’art 76 del Dpr 115 del 2002, di allegazione alla istanza del reddito prodotto come risultante dalla ultima dichiarazione presentata nel paese di residenza”.

Né, prosegue, la lettura della ordinanza della Corte Costituzionale porta alle conclusioni cui è pervenuto il Tribunale di Roma. In quella sede, infatti, il giudice delle leggi, decidendo sulla legittimità costituzionale dell’articolo 79 Dpr 115/ 2002 se interpretato nel senso di richiedere, a pena di inammissibilità, anche per il cittadino extracomunitario il codice fiscale, ha rilevato che la “lettura congiunta dell’art. 6 e dell’art. 4 del Dpr n. 605 del 1973 consentiva di ritenere sufficiente, per il cittadino straniero irregolare, la sola indicazione del domicilio nel paese estero”. “Dall’ordinanza citata non si ricava però – conclude la Cassazione - che il presupposto di applicazione dell’art. 4 Dpr n.605 del 2002 sia il fatto che l’istante si trovi nella impossibilità di richiedere la titolarità del codice fiscale italiano”.

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