Comunitario e Internazionale

I disagi al traffico non possono bocciare il corteo sindacale

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di Marina Castellaneta

Il solo disagio alla circolazione stradale, per poche ore, non giustifica il divieto fissato dalle autorità nazionali allo svolgimento di una manifestazione sindacale. Lo ha chiarito che la Corte europea dei diritti dell’uomo con la sentenza del 22 maggio (ricorso 27585/13) che, nel bilanciare i diversi diritti in gioco, fa pendere l’ago della bilancia a vantaggio delle manifestazioni sindacali.

La questione
Il ricorso a Strasburgo era stato presentato da due sindacati ungheresi, rappresentativi del personale del trasporto aereo che, in linea con le regole in materia di sciopero, avevano chiesto di manifestare su una strada che conduceva dal centro di Budapest all’aeroporto, utilizzando la corsia di emergenza, generalmente poco impiegata. Il dipartimento di polizia aveva negato l’autorizzazione per evitare disagi ai passeggeri. Così i sindacati avevano depositato a Strasburgo il ricorso contro l’Ungheria.

La parola degli euro-giudici
Nessun dubbio - scrivono i giudici internazionali - che il divieto opposto ai sindacati sia stata un’ingerenza nel diritto alla libertà di riunione pacifica, prevista dalla legge. Si tratta così di verificare se l’ingerenza era necessaria in una società democratica, tenendo conto che la libertà di riunione può essere limitata solo in casi eccezionali, tra i quali la prevenzione di reati o disordini. Certo - scrive la Corte - gli Stati possono fissare limiti e condizioni per lo svolgimento di scioperi valutando il luogo della dimostrazione, il giorno, l’orario e le modalità di condotta, proprio per testare gli effetti sul normale svolgimento della vita quotidiana.

In questa direzione è corretto considerare anche gli eventuali effetti sul traffico. Detto questo, pur riconoscendo il margine di discrezionalità degli Stati, la Corte ha stabilito, però, che nei casi in cui non vi siano manifestazioni violente, le autorità nazionali devono mostrare un certo grado di tolleranza verso le riunioni pacifiche proprio per evitare che il diritto garantito dalla Convenzione non sia realizzato in modo effettivo.

Non solo. La Corte riconosce un potere di valutazione sul “grado di tolleranza” che non può essere definito in astratto, ma va valutato nei singoli casi. Per Strasburgo, le autorità nazionali devono dimostrare di aver effettuato un bilanciamento tra gli interessi in gioco e provare che una manifestazione, per di più limitata all’utilizzo della sola corsia d’emergenza, impedisce l’accesso all’aeroporto. Se il sindacato che organizza la manifestazione partecipa con un numero limitato di persone, adotta accorgimenti per non impedire l’accesso all’aeroporto e fissa limiti temporali, non si verifica un’interruzione della vita quotidiana.

Ulteriore elemento da considerare, tralasciato dai giudici nazionali, la circostanza che il luogo della dimostrazione aveva un valore simbolico per i manifestanti e che non è stata offerta un’alternativa ai sindacati.

La Corte, poi, osserva che invece di accertare la possibilità di consentire la manifestazione con alcuni accorgimenti per evitare disagi, gli organi competenti hanno semplicemente opposto un “no” all’evento. Una misura troppo radicale che ha impedito la libertà di riunione. Pertanto, la Corte ha concluso che il solo obiettivo di evitare l’interruzione o disagi al traffico non è un motivo sufficiente per limitare un diritto convenzionale.

Corte Ue sentenza del 22 maggio 2018 ricorso 27585/13

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