Comunitario e Internazionale

I «limiti» della Cassazione non violano il diritto Ue

Il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva garantito dall’ordinamento Ue è rispettato anche se la Cassazione non è competente ad annullare una sentenza del Consiglio di Stato in violazione del diritto dell’Unione.

di Marina Castellaneta

Il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva garantito dall’ordinamento Ue è rispettato anche se la Cassazione non è competente ad annullare una sentenza del Consiglio di Stato in violazione del diritto dell’Unione.

La norma interna che limita il ricorso contro le decisioni del Consiglio di Stato dinanzi alla Cassazione ai soli motivi legati alla giurisdizione non è incompatibile con il diritto dell’Ue se è rispettato il principio di equivalenza e di effettività. Perciò la Cassazione può respingere il ricorso di un’azienda che impugna una sentenza del Consiglio di Stato con la quale, a suo avviso, è stato violato il diritto Ue in una procedura di gara per appalto pubblico.

Lo ha stabilito la Corte di giustizia Ue con la sentenza del 21 dicembre nella causa “italiana” C-497/20, che chiarisce in che misura l’organo giurisdizionale supremo nazionale «debba essere riconosciuto competente ad esercitare un controllo giurisdizionale sulle sentenze pronunciate dal supremo organo della giustizia amministrativa nazionale». Una questione importante che mette in gioco i rapporti tra norme Ue e norme costituzionali .

Questi i fatti. Nell’ambito di una procedura di gara per un appalto pubblico per individuare un’agenzia per il lavoro, un’azienda esclusa aveva impugnato il provvedimento. Il tribunale amministrativo aveva respinto il ricorso e il Consiglio di Stato pure. L’azienda era ricorsa in Cassazione, che aveva dubbi sul rifiuto del Consiglio di Stato di esaminare i motivi di irregolarità della procedura perché questo potrebbe configurare una violazione del diritto al ricorso effettivo in base al diritto Ue e alla normativa europea in materia di appalti.

La Cassazione, giudice del rinvio, non sembra convinta della lettura fatta dalla Corte costituzionale dell’articolo 111 della Costituzione. La Consulta, infatti, con la sentenza 6/2018, aveva già chiarito che non è possibile equiparare un motivo vertente sulla violazione del diritto Ue a un motivo inerente alla giurisdizione e, quindi, in base all’articolo 111 Costituzione, i ricorsi di questo genere dovevano essere dichiarati irricevibili.

La Corte di giustizia è sulla stessa linea della Consulta. Precisato che i giudici nazionali devono disapplicare le norme interne che comportano una violazione del diritto Ue «quand’anche tali disposizioni abbiano natura costituzionale», così come discostarsi dalla giurisprudenza esistente, Lussemburgo non ritiene che in questo caso ci sia un contrasto con il diritto Ue. Spetta – osservano gli eurogiudici - all’ordinamento nazionale fissare le modalità processuali per i rimedi giurisdizionali da assicurare ai singoli in linea con il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione. Deve però essere garantito il principio di equivalenza e di effettività.

Ciò vuol dire che le modalità di accesso alla giustizia non devono essere meno favorevoli rispetto a situazioni regolate dal diritto interno e che le condizioni non devono rendere impossibile o troppo oneroso l’esercizio dei diritti garantiti dall’Ue. Nel caso in esame, per la Corte tali principi sembrano rispettati e, quindi, la norma costituzionale non contrasta con il diritto Ue. Resta ferma la possibilità per i singoli eventualmente lesi di fare valere la responsabilità dello Stato membro interessato a patto, però, che si tratti di violazione del diritto Ue sufficientemente qualificata.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©