Amministrativo

I rapporti tra farmacie e laboratori di analisi non sono incisi dalla vendita di test “fai da te”

Al contrario l’utilizzo di spazi esterni alle entità commerciali di vendita di farmaci non può che riguardare locali interni alla farmacia stessa come nel caso di effettuazione di screening oncologici

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di Paola Rossi

I giudici amministrativi del Tar Campania - con la sentenza 6225/2024 - hanno dettato alcuni principi sui rilievi di violazioni delle regole della concorrenza sollevati nell’ambito dei rapporti commerciali tra farmacie e laboratori di analisi in ordine alla vendita di kit di analisi fai da te e uso di spazi esterni per l’effettuazione di screening oncologici.

Non assimilabili farmacie e laboratori di analisi
Secondo il Tar, in primis, non si può affermare che siano assimilabili farmacie e laboratori di analisi, in quanto divergono:
- la natura delle strutture,
- la funzione assolta e
- la conformazione dei loro compiti, che si esplicano in ambiti diversi.
La farmacia consiste, infatti, in una struttura aziendale che svolge attività meramente commerciale di acquisto e rivendita di prodotti farmaceutici, vera ragion d’essere di tali imprese. E, punto centrale della vicenda sollevata dinanzi al Tar, va affermato che “neppure in via residuale” la farmacia svolge attività di diagnosi e terapia medica. Ciò vale anche quando può svolgere “non di propria iniziativa, ma su istanza dell’interessato” un’attività di aiuto materiale nell’utilizzo di prestazioni terapeutiche che di regola il paziente deve essere in grado di gestire da solo.

 

No a dubbi di costituzionalità
Secondo il Tar Campania è irrilevante e manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 2, lettera e-ter) del Dlgs 153/2009 nella parte in cui consente alle farmacie di eseguire “test diagnostici che prevedono il prelievo di sangue capillare”, senza prescrivere apposita autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio dell’attività di analisi cliniche (cioè in base agli articoli 8 e 8 ter del Dlgs 502/1992). Spiegano i giudici amministrativi che “alcuna invasione di campo può desumersi dalla previsione di legge che non sottrae affatto ai laboratori autorizzati le funzioni ad essi spettanti e disimpegnate con figure professionali specifiche, quali biologi e chimici; in quest’ottica, l’apporto delle farmacie si mostra ausiliario ai pertinenti e specifici compiti del servizio pubblico sanitario, sotto un versante del tutto differente dall’attività delle strutture laboratoriali.
Viene infatti in evidenza la differenza tra l’attività svolta dalle farmacie ai sensi della disposizione censurata (prelievo ematico capillare finalizzato all’acquisizione di una goccia di sangue, attraverso strumentazione c.d. “pungidito”, con test effettuati per mezzo di strisce reattive, fornendo una rapida misurazione, con divieto di prescrizione, diagnosi e prelievo di sangue mediante siringhe o dispositivi equivalenti) e quella effettuata dai laboratori (prelievo di sangue venoso con raccolta di un campione al fine di indagare lo stato di salute)”.

 

Gli spazi esterni delle farmacie
Il Tar conclude le proprie statuizioni chiarendo però che è illegittimo il provvedimento dell’amministrazione regionale che consenta alle farmacie di utilizzare spazi esterni per la somministrazione di screening oncologici in quanto:
- per un verso, la previsione dell’articolo 1, comma 2, lettera e-quater) del Dlgs 153/2009 riguarda ipotesi distinte (somministrazione di vaccini anti SARS-CoV-2 e di vaccini antinfluenzali, nonché effettuazione di test diagnostici che prevedono il prelevamento del campione biologico a livello nasale, salivare o orofaringeo) e,
- per altro verso, l’indicazione contenuta nel decreto del Ministro della Salute 16 dicembre 2010 (che consente l’utilizzo di spazi dedicati e separati dagli altri ambienti per l’effettuazione delle prestazioni e l’assistenza ai pazienti), non può essere riferita che a locali interni alla farmacia. Altrimenti emerge la lesione delle prerogative proprie dei laboratori di analisi, disimpegnate in strutture dotate dei requisiti impiantistici e strutturali, mentre sono assenti per le farmacie prescrizioni che assicurino l’idoneità dei locali e garantiscano il corretto equilibrio della rete delle farmacie.

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