Amministrativo

Il Collegio Consultivo Tecnico e gli effetti delle sue determinazioni: il lodo contrattuale

Ai sensi dell'dall'art. 6, comma 3 del D.L. Semplificazioni, le determinazioni del Collegio Consultivo Tecnico hanno la natura del lodo contrattuale previsto dall'articolo 808-ter C.P.C., salva diversa e motivata volontà espressamente manifestata in forma scritta dalle parti stesse

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di Michele Sartori

L'art. 6 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76 (di seguito "D.L. Semplificazioni"), convertito in legge, con modificazioni, dalla L. n. 120/2020, così come modificato dal D.L. 5 maggio 2021, n. 77 (di seguito "D.L. Semplificazioni Bis"), ha riportato in vita l'istituto del Collegio Consultivo Tecnico (di seguito "CCT") sotto una veste rinnovata, totalmente differente rispetto al passato, pur rimanendo comunque una alternative dispute resolution (ADR) che va ad aggiungersi a quelli già previsti dall'ordinamento.

Fino al 23 giugno 2023, prima dell'avvio dell'esecuzione del contratto, o comunque non oltre dieci giorni da tale data, la costituzione del CCT presso ogni stazione appaltante sarà obbligatoria per gli appalti e le concessioni di lavori sopra la soglia di rilevanza comunitaria (anche per i contratti già in corso di esecuzione) e facoltativa sotto tale soglia. Pertanto, il CCT obbligatorio verrà applicato anche ai contratti affidati sulla base di norme previgenti rispetto al D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 ("Codice dei Contratti Pubblici").

La caratteristica più importante del ‘nuovo' CCT, che costituisce il focus del presente articolo, è rappresentata dall'efficacia che possono avere le determinazioni del Collegio (di seguito "Determinazioni"), con specifico riferimento all'ipotesi in cui producano gli effetti del lodo contrattuale ex art. 808-ter c.p.c. secondo quanto espressamente previsto dall'art. 6, comma 3 del D.L. Semplificazioni, che dispone come segue: "le determinazioni del collegio consultivo tecnico hanno la natura del lodo contrattuale previsto dall'articolo 808-ter del codice di procedura civile, salva diversa e motivata volontà espressamente manifestata in forma scritta dalle parti stesse".

A tal proposito, costituiscono un utile spunto di riflessione le "linee guida per l'omogenea applicazione da parte delle stazioni appaltanti delle funzioni del Collegio Consultivo tecnico di cui agli articoli 5 e 6 del d.l. 16 luglio 2020 n. 76, convertito in legge 11 settembre 2020, n. 120", adottate lo scorso 21 dicembre dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (di seguito "Linee Guida CSLP"). Si tratta di regole aventi funzione chiarificatrice e interpretativa, prive di efficacia vincolante.

In sintesi, le Linee Guida CSLP prevedono che le Determinazioni possano avere:
(i) natura di lodo contrattuale, con carattere, quindi, dispositivo e definitivo della controversia o disputa tecnica sorta in sede di contratto;
(ii) funzione di mero parere, in caso di manifestazione della volontà delle parti volta ad escludere la natura di lodo contrattuale, rimanendo ferme – pertanto – le competenze decisionali che la normativa attribuisce al RUP e alla stazione appaltante.

Inoltre, all'art. 5, le Linee Guida CSLP prevedono che la volontà delle parti di escludere la natura di lodo contrattuale delle Determinazioni debba essere manifestata per iscritto "al più tardi nel verbale di cui al punto 3.1.2".

Il riferimento è al verbale di insediamento che, entro i successivi quindici giorni dall'istituzione del Collegio, dovrebbe essere sottoscritto dai componenti del Collegio alla presenza del RUP e del rappresentante dell'operatore economico affidatario.
Tuttavia, nel silenzio della legge, non vi è certezza sul termine entro il quale – a pena di decadenza – le parti (P.A. e operatore economico) debbano manifestare tale volontà escludente.

Probabilmente, la questione potrà essere risolta dalle ulteriori linee guida che, ai sensi dell'art. 6, comma 8-bis del D.L. Semplificazioni, verranno adottate tramite un provvedimento del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili ("Linee Guida MIMS") al fine di definire, inter alia, le modalità di costituzione e funzionamento del Collegio e il coordinamento con gli altri istituti consultivi, deflattivi e contenziosi esistenti.

Si tratta di un tema assolutamente rilevante posto che, in difetto di volontà contraria delle parti, le Determinazioni assumono automaticamente efficacia di lodo contrattuale che definisce la controversia o la disputa tecnica, andando ad integrare direttamente il contratto stipulato con tutte le conseguenze del caso.

È, infatti, lo stesso art. 6 del D.L. Semplificazioni a prevedere che "L'inosservanza delle determinazioni del collegio consultivo tecnico viene valutata ai fini della responsabilità del soggetto agente per danno erariale e costituisce, salvo prova contraria, grave inadempimento degli obblighi contrattuali".

Ai fini applicativi, è quindi inevitabile che il CCT debba essere coordinato con la disciplina – spesso controversa – dell'arbitrato irrituale ex art. 808-ter c.p.c., il cui procedimento si conclude con l'adozione del lodo contrattuale. Risulta, in tal senso, utile confrontare tale istituto con la diversa figura dell'arbitrato rituale di cui agli artt. 806 e ss. c.p.c., al fine di coglierne la ratio e le diversità tra i due istituti.

La principale differenza tra arbitrato rituale e arbitrato irrituale risiede nel fatto che, mentre con il primo le parti attribuiscono ad un terzo (i.e. gli arbitri) una funzione giurisdizionale al fine di ottenere una decisione (i.e. il lodo arbitrale) destinata ad acquisire efficacia pari alla sentenza del giudice, con l'arbitrato irrituale le parti demandano la soluzione della controversia a una determinazione arbitrale (i.e. lodo contrattuale o libero) che avrà efficacia contrattuale ai sensi dell'art. 1372 c.c.

Ne consegue che, mentre il lodo arbitrale dispiega i medesimi effetti della sentenza pronunciata dall'autorità giudiziaria potendo, quindi, passare in giudicato e costituire titolo esecutivo, il lodo contrattuale è un semplice negozio avente – appunto – natura pattizia. Pertanto, il mancato rispetto della statuizione di accertamento ivi contenuta costituisce fonte di responsabilità per inadempimento contrattuale.

Tra l'altro, l'espresso riconoscimento di efficacia di lodo contrattuale delle Determinazioni permette di superare l'orientamento giurisprudenziale seguito fino ad oggi dalla Corte di Cassazione, che ha avvallato il divieto di utilizzo dell'arbitrato irrituale per la soluzione delle controversie relative al contratto pubblico stipulato.

A riguardo, il leading case è rappresentato da una pronuncia delle Sezioni Unite che, in relazione all'esecuzione di un contratto tra ente pubblico e un privato appaltatore, ha ritenuto l'arbitrato irrituale "un meccanismo negoziale … che però appare scarsamente compatibile con i principi che regolano l'agire della pubblica amministrazione, in forza dei quali non è consentito delegare a terzi estranei la formazione della volontà negoziale della pubblica amministrazione medesima". In tal senso, verrebbe a formarsi, in capo alla P.A., una volontà negoziale "in difetto di qualsiasi procedimento legalmente predeterminato e perciò senza adeguate garanzie di trasparenza e pubblicità della scelta" ( Cass. civ. Sez. Unite, 16 aprile 2009, n. 8987 ).

Il requisito del "procedimento legalmente predeterminato" che renderebbe, invece, legittimo il ricorso all'arbitrato irrituale da parte della P.A. viene oggi soddisfatto dall'art. 6 del D.L. Semplificazioni e dalle (ci si augura, prossime) Linee Guida MIMS, che regolano un procedimento al termine del quale possono essere adottate determinazioni aventi automaticamente efficacia di lodo contrattuale.

In tema di impugnazione del lodo contrattuale, va inoltre precisato che, entro il termine di cinque anni dalla sua pronuncia, è possibile adire il giudice ordinario chiedendo l'annullamento del lodo per le sole cause di cui all'art. 803-ter c.p.c. Fra queste, particolare attenzione deve essere data al mancato rispetto del principio del contraddittorio. Tale previsione manifesta palesemente la volontà del legislatore che il lodo contrattuale passi attraverso un'attività istruttoria di fatto e di diritto rispettosa delle regole del giusto processo.

Senonché, sembrerebbe che il nuovo istituto del CCT mal si coordini con il rispetto del principio del contraddittorio, poiché, sulla base di un'interpretazione strettamente letterale del dato normativo, parrebbe che il Collegio abbia la facoltà – ma non l'obbligo – di garantire il contraddittorio tra le parti.

Invero, l'art. 6 del D.L. semplificazioni dispone che, nell'adozione delle proprie Determinazioni, il Collegio "può procedere ad audizioni informali delle parti per favorire, nella risoluzione delle controversie o delle dispute tecniche eventualmente insorte, la scelta della migliore soluzione per la celere esecuzione dell'opera a regola d'arte. Il collegio può altresì convocare le parti per consentire l'esposizione in contraddittorio delle rispettive ragioni".

Quindi, se da un lato il nuovo CCT permetterebbe di risolvere celermente ogni situazione di stallo che potrebbe rallentare l'esecuzione del contratto, va detto, per altro verso, che l'efficacia di lodo contrattuale delle Determinazioni potrebbe confliggere con un'eccessiva limitazione del diritto alla difesa dell'operatore economico qualora venisse a mancare il contraddittorio fra le parti; vieppiù considerando che tali Determinazioni, avendo efficacia di lodo contrattuale, rappresentano di fatto un "contenitore" in cui dovrebbe – con l'intermediazione degli arbitri – confluire la volontà negoziale delle parti.

In tali considerazioni potrebbe invero risiedere la ragione che ha spinto il Legislatore a qualificare il CCT come ‘obbligatorio' unicamente per i lavori sopra soglia comunitaria e non invece per i lavori sotto soglia (che, invero, rappresentano la maggior parte delle commesse affidate nel nostro Paese). In altri termini, l'imposizione di una sì forte limitazione del diritto di difesa potrebbe (forse) giustificarsi solo in presenza di un interesse pubblico prevalente, quale quello relativo alla realizzazione delle grandi opere pubbliche.

Anche in tal caso, la scarsa chiarezza espositiva del Legislatore rischia di dare adito a dubbi interpretavi capaci di creare ulteriore perplessità circa l'applicazione – di per sé non lineare – dell'istituito, caratterizzato, come visto, da alterne sorti e plurimi interventi ‘chirurgici'.

Per quanto concerne, poi, la natura di ADR del nuovo CCT, la finalità deflattiva del contenzioso è potenziata e incentivata dalle conseguenze negative previste in capo alla parte che non osservi la determinazione del Collegio, decidendo di adire l'autorità giudiziaria. In tal senso, l'articolo 6, comma 3 del D.L. Semplificazioni, così come modificato dal D.L. Semplificazioni Bis, prevede che "Quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della determinazione del collegio consultivo, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che non ha osservato la determinazione, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di un'ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta ferma l'applicabilità degli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile".

Concludendo: nonostante siano ancora molti i temi aperti, si può ritenere che il ‘nuovo' istituto del CCT si ponga in linea con quella che è la ratio della normativa emergenziale in tema di appalti e concessioni di lavori, cioè quella di imprimere una forte accelerazione all'esecuzione delle grandi opere, agevolando in tal modo la ripresa economica del Paese (che – necessariamente – dovrà passare attraverso il settore pubblico).

Pertanto, rimaniamo in attesa della conversione in legge del D.L. Semplificazioni Bis, che potrebbe risolvere – anche solo parzialmente – i dubbi interpretativi sorti finora sul nuovo istituto del CCT.

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