Amministrativo

Il coniuge può reclamare la salma del "caro estinto" anche se il matrimonio è stato breve

Lo ha precisato il Consiglio di Stato con il parere 194/2021

di Pietro Alessio Palumbo

Partendo dall'esame di una risalente Ordinanza cautelare pretorile priva di effetto di giudicato e dal rinnovato ricorso al Capo dello Stato da parte di una ostinata vedova, mai risposata, che dagli anni'80 del secolo scorso reclamava "il trasloco" delle spoglie del marito nel cimitero del Comune dove lei ancora risiede, il Consiglio di Stato ha emesso il recente parere 194/2021. Orbene il provvedimento in parola articola una ricostruzione assai valevole e insieme attuale del cosiddetto "diritto al sepolcro", chiarendo, su tutto, che la volontà del coniuge superstite di scegliere e di trasferire il luogo di sepoltura del congiunto defunto può trovare limite soltanto nella diversa volontà già espressa dal "caro estinto". A ben vedere – si badi - tale trasferimento della salma non si pone affatto in contrasto con il cosiddetto "comune sentimento della pietà verso i defunti", poiché, invero, la coscienza collettiva cui tale "sentimento" si aggancia non disapprova affatto, né percepisce in alcun modo negativamente, la possibile translatio dei resti mortali del defunto per dar luogo a una tumulazione ritenuta ragionevolmente più conveniente - ossia non dovuta a "futili impulsi" - dal coniuge superstite. Coniuge che in altre parole, unicamente, la vuole avere e "sentire più vicina". E tutto ciò, nondimeno se, proprio come nel caso di specie, a causa della prematura morte del coniuge ancora ventenne, il matrimonio sia durato poco ed il giovane defunto sia vissuto "maggiormente" con i propri genitori.

Diritto primario e secondario di sepolcro e diritto alla scelta del luogo di sepoltura
Il cosiddetto diritto primario di sepolcro sorge in capo al privato per effetto della concessione da parte dell'autorità amministrativa di un'area di terreno o di porzione di edificio in un cimitero pubblico. Per altro verso il diritto di sepolcro non preclude l'esercizio dei poteri autoritativi spettanti all'Amministrazione concedente che può riacquistare la disponibilità del bene pubblico dato in concessione, qualora oggetto di abusi o illeciti da parte del concessionario o comunque se necessario per un miglior assetto degli interessi pubblici. Detto potere discende dai principi generali di diritto pubblico, ma anche dalle disposizioni del codice civile che richiamano tali principi generali. Accanto al diritto primario di sepolcro vi è poi il diritto secondario di sepolcro che consiste nella facoltà di accedere al luogo di sepoltura in occasione delle ricorrenze e di opporsi agli atti di violazione del sepolcro o alla lesione della memoria delle persone ivi seppellite. Notevole importanza giuridica riveste inoltre il diritto di scelta del luogo di sepoltura, individuabile nella facoltà di opzione spettante ad ogni persona fisica circa le modalità ed il luogo della propria sepoltura. Tale ultimo diritto rientra nella categoria dei diritti della personalità e può essere inserito nel testamento.

Il "mandato" ai prossimi congiunti
Orbene solo nel caso in cui la preferenza sul luogo di sepoltura non sia stata operata dal defunto quand'era in vita, la scelta può essere esercitata dai suoi prossimi congiunti. In altre parole le spoglie mortali possono costituire oggetto di disposizione da parte dello scomparso in ordine al luogo e al modo della sepoltura; e tale diritto è "preminente" su quello spettante ai suoi congiunti più prossimi essendo in buona sostanza assimilabile agli atti di disposizione del proprio corpo come normati dal codice civile. Ciò posto è agevole dedurre che chi agisce in giudizio per dare esecuzione al mandato ricevuto dal deceduto in relazione alla di lui "scelta" è legittimato a far valere l'interesse morale che egli ha ad adempiere detto mandato. Interesse che quindi non è quello di far seppellire il morto nella tomba di famiglia e neppure quello di scegliere il luogo ritenuto più adatto a manifestare i sentimenti di devozione, bensì quello di soddisfare la consapevolezza di aver "onorato" l'incarico ricevuto dallo stesso scomparso. Quanto all'individuazione del destinatario del citato mandato, consuetudine e coscienza collettiva attuali richiedono che, in mancanza della designazione di un destinatario da parte dello stesso defunto, debba "presuntivamente" intendersi conferito al suo "congiunto più prossimo" ovvero a persona a lui legata da speciali vincoli di affetto, amicizia o stima. Ciò supponendo che in casi del genere, la scelta della persona cui si voglia far conoscere l'ultima volontà sul destino delle proprie spoglie, coincida con la persona a cui si voglia raccomandarne l'esecuzione medesima.

Le possibili "contese" della salma
Con riferimento al caso in cui si dibatta circa la necessità o meno del trasferimento del luogo di sepoltura, vanno valutate con grande prudenza tutte le giustificazioni addotte dalla relativa richiesta, in quanto ciò comporta l'esumazione e la ri-tumulazione del cadavere. E ciò posto che dalla "sensibilità collettiva" è molto avvertita l'esigenza che le salme dei defunti non vengano, salvo gravi ragioni, trasferite da un luogo ad un altro. Occorre dunque considerare da un lato la salvaguardia della scelta iniziale del defunto e dall'altro le ragioni della possibile traslazione della salma, addotte da chi "concretamente", "attualmente", è divenuto il parente più prossimo del defunto. Ebbene nel caso all'esame del Consiglio di Stato la salma era stata allocata per decenni nel cimitero del Comune dei genitori del morto, tuttavia dopo alcuni anni erano trapassati anche costoro ed invero l'unico controinteressato al "trasferimento" nel cimitero del Comune della vedova era (rimasto) il solo fratello del ragazzo tragicamente scomparso in giovane età.

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