Il credito Tari dell'Ama ha natura tributaria e va privilegiato nel fallimento
È un credito privilegiato del Comune il tributo Tari dovuto dal fallito debitore verso l'ente locale o la sua municipalizzata. Rientra cioè tra i crediti maggiormente tutelati della massa fallimentare e vi rientra in quanto facente parte della finanza locale. La prima sezione civile della Cassazione con la sentenza n. 12275/16, depositata ieri, ha così riconosciuto la natura tributaria della Tari e ha dato continuità all'interpretazione giurisprudenziale che in passato aveva riconosciuto il privilegio fallimentare ai crediti vantati dai Comuni a titolo del precedente tributo Tarsu.
Rapporto tra Comune e soggetto passivo - La tassazione sui rifiuti, chiarisce la Cassazione, si applica a prescindere dall'effettiva produzione di essi da parte del soggetto passivo, che è tale solo a seguito del mero possesso dell'immobile. E, soprattutto, fa rilevare la Cassazione il rapporto tra Comune e obbligato al versamento della Tari non è di tipo sinallagmatico. Cioè il pagamento non è dovuto a fronte di una controprestazione. Non è un rapporto di diritto privato, appunto.
Stessa natura delle tassazioni precedenti - La Corte di cassazione definisce come logico il ragionamento che non intravede alcuna soluzione di continuità nel passaggio da Tarsu a Tari. Comprese le tassazioni intermedie a titolo di Tia e di Tares. Infatti, afferma la Corte di legittimità che la Tari entra a pieno titolo in quell'ambito di finanza locale tutelato tramite privilegio nel concorso dei creditori che aggrediscono la massa fallimentare. La Corte riprende quanto affermato in sede di legittimità proprio sulla Tia riconoscendo il privilegio nel fallimento nonostante fosse appunto denominata «tariffa» il che poteva farla considerare “solo” un corrispettivo del servizio comunale per i rifiuti.
Finanza locale “privilegiata” - Così l'Ama ha ottenuto ragione in Cassazione contro la tesi opposta del tribunale di Roma che aveva rigettato il reclamo contro il decreto con cui il giudice delegato al fallimento aveva negato all'azienda municipale il privilegio previsto dal terzo comma dell'articolo 2752 del codice civile. La norma del codice riconosce infatti la tutela per i crediti dei Comuni derivanti da imposte, tasse e tributi previsti dalla legge di finanza locale. E la natura tributaria, di quella che viene definita una «tassa di scopo», deriva dall'essere un'entrata pubblica prevista per fronteggiare una spesa di carattere generale a vantaggio della comunità su cui viene ripartito l'onere a prescindere dall'avere ottenuto o meno una specifica prestazione, in questo caso dal Comune o dalla sua municipalizzata.
Corte di cassazione – Sezione I civile – Sentenza 14 giugno 2016 n. 12275